venerdì, giugno 24, 2016

L’ANARGIRIO, L’ANTICO MODO DI CURARSI QUANDO MANCAVA SIA IL MEDICO CHE LE MEDICINE.



Oristano 24 Giugno 2016
Cari amici,
Il termine ANARGIRIO è di origine greca, (anargyroi, significa letteralmente senza argento, metallo inteso come moneta di pagamento) e veniva utilizzato per evidenziare una prestazione effettuata senza esborso di denaro, ovvero fatta spontaneamente senza compenso. La tradizione popolare aveva adottato questo termine mutuandolo dalla religiosità, in particolare dai santi taumaturghi come Cosma e Damiano, due fratelli (gemelli) cristiani nati in Arabia, che si dedicarono alla cura dei malati dopo aver studiato l'arte medica in Siria. Essi, però, a differenza dei medici del tempo, spinti da un'ispirazione superiore, curavano i malati senza farsi pagare. Di qui il soprannome dato Loro di anargiri.
Ebbene, nella civiltà contadina del passato (anche recente) in Sardegna, soprattutto nei piccoli centri delle zone interne, la vita quotidiana mancava di molte cose, anche indispensabili, tra cui medici e medicine. In questi contesti così negletti, solo la saggezza e la competenza della medicina popolare era in grado di porre rimedio ai molteplici danni fisici, attraverso l’utilizzo di prodotti naturali, ricavati dalle numerose erbe locali, capaci di curare le malattie più comuni.
In una realtà così misera, in un piccolo centro della nostra Provincia, Ardauli, una luminosa figura di sacerdote si distinse per generosità e operosità non solo spirituale, ma anche come persona esperta e capace di curare non solo le ferite dell’anima ma anche quelle del corpo: Don Francesco Antonio Tatti, originario proprio di Ardauli dove era nato il 17 Aprile del 1876. Sacerdote di grande disponibilità umana, iniziò la sua missione pastorale a Nuragus come Viceparroco nel 1903, passando poi nel 1906 ad amministrare, da Parroco, Ula Tirso dove rimase fino al 1943. Successivamente, ormai in età avanzata, tornò al suo paese natale, Ardauli.
Don Tatti, oltre la preparazione teologica, era un amante sia della storia che della lingua sarda, e dedicò particolare attenzione allo studio delle erbe medicinali, in quanto capaci di porre rimedio alle tante malattie che, in particolare i poveri, non potevano curare per ragioni economiche. Questa Sua predisposizione al servizio degli altri lo portò a raccogliere e sperimentare tutta una serie di ricette popolari in campo medico e farmaceutico, che, con pazienza certosina, divulgò tra la popolazione. Dopo la sua morte, avvenuta il 9 Aprile del 1964 all’età di 88 anni, il suo archivio rimase sepolto per lungo tempo, perdendosene quasi traccia. Ma per fortuna le cose andarono in altro modo!
Vera Carta, nipote dell’instancabile sacerdote, riordinando le carte dello zio trovò molti scritti interessanti (sia manoscritti che dattiloscritti), tra cui un dattiloscritto che aveva per titolo “L’ANARGIRIO”, “un condensato - come afferma la nipote -  di saperi e studi circa i poteri curativi delle erbe e delle piante officinali, di cui però non si è trovato il manoscritto, forse perchè andato distrutto”, come è riportato nella prefazione del libro che porta lo stesso titolo (stampato nel 2015 dalla Tipografia Ghilarzese – Ghilarza)”.
La curiosità destata da questo libro è stata grande: già presentato in diverse località, Mercoledì scorso 22 Giugno è stato portato all’attenzione degli oristanesi in un bell’incontro al Teatro San Martino, organizzato dalla FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari). All’incontro, molto seguito, moderato dalla Dr.ssa Dora Soru, Direttore del Servizio Territoriale di Oristano dell’Agenzia Regionale Forestas, sono intervenuti: Gianna Carta, Presidente FIDAPA Oristano, Mons. Cenzo Curreli, Rettore della Basilica del Rimedio, Vera Carta, (editrice del libro), la Dr.ssa Luisa Carta, docente di Biologia Vegetale all’Università di SS e la Dr.ssa Maria Elena Pala, referente FABI, laureata in Scienze e Tecnologie erboristiche.
In una sala attenta e interessata, dopo i saluti di Gianna Carta della Fidapa ha preso la parola Mons. Curreli, che ha ricordato la grande umanità di Don Tatti, di cui era stato viceparroco, ma anche la sua dotta capacità e disponibilità a fare del bene, prestandosi a curare chi ne aveva bisogno. Il suo sapere nelle campo delle cure ‘fatte in casa’ era grande: dava consigli su tutti i tipi di mali che potevano colpire il corpo, suggerendo il modo come trovare rimedio, operando sempre con attenzione addirittura certosina; chi ha piacere e voglia di leggere il libro potrà rendersene conto di persona!
Dopo Mons. Curreli ha preso la parola Vera Carta, sua nipote, che ha ricordato le varie fasi del ritrovamento delle carte e della loro valorizzazione, fatta quando ricorreva il 50° della morte dello zio. I successivi interventi della Dr.ssa Luisa Carta e della Dr.ssa Maria Elena Pala, hanno consentito di fare una bella carrellata sulle capacità terapeutiche delle nostre erbe, che valevano ieri, ma i cui principi sono validissimi anche oggi, ancorché usati in modo diverso, industriale.
Cari amici, Don Tatti a mio avviso era diventato, per la sua popolazione, un vero “medico dei poveri” in tutti i sensi: dell’anima, come un sacerdote deve sempre essere, ma anche del corpo, dedicandosi con passione alla cura dei mali che ci affliggono. Questo suo operare fece di lui un vero Anargirio, proprio come i due famosi santi a cui lui si riferiva, Cosma e Damiano. Santi ai quali Lui si ispirava, come si può constatare dalla dedica che fece a questi due gloriosi martiri, in chiusura del suo dattiloscritto l’Anargirio. Eccola.
“A Voi, Santi Martiri-Medici Cosimo e Damiano, che i fedeli di Ardauli nella Vostra solenne festa “Sos Anargirios bos giamant, ca de badas curades dogni dolenzia”, l’autore del presente, memore della Vostra carità cristiana verso i poveri e infermi, dedica”.
Sac. F.A. Tatti, Parroco di Ardauli.
Credo che ogni mio ulteriore commento risulterebbe superfluo.
A domani.
Mario

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