Oristano
14 Giugno 2016
Cari amici,
Ciascuno di noi sogna: è una realtà accertata (anche se nella gran parte delle volte non ricordiamo nulla), perché
l’attività onirica del nostro cervello (che non dorme mai) è sempre in attività. La nostra vita dunque continua a scorrere senza patemi d’animo, a prescindere da quanto sognato
durante la notte. A volte, però, il sogno resta vivo, quasi reale, e, svegliandoci,
quasi ci meravigliamo di ricordare perfettamente quello che abbiamo sognato, che abbiamo vissuto fino ad un
istante prima…constatando che era solo un sogno! Ebbene, oggi voglio raccontare anche a Voi l’ultimo
sogno che recentemente ho vissuto e che ricordo bene anche nei dettagli. Eccolo.
Era l’inizio della
Primavera. Camminavo sulla riva di un grande fiume che lento, facendo poco
rumore, trasportava quasi stanco l’acqua verso la foce. Il primo sole del
mattino con il suo tepore era così piacevole che rallentai un po’ il passo,
quasi a cercare di godere al massimo del piacere della passeggiata. Ero uscito
solo, semplicemente con la tunica e i sandali, perché volevo fare una
passeggiata prima della solita lezione mattutina che spesso era pure un po’
noiosa.
Dopo un po’ mi fermai
incuriosito da quella che sembrava una grande fatica, portata avanti da due scarabei
che facevano rotolare ognuno una grande palla di sterco spingendola con le
zampe. Ad uno di essi lo sforzo sembrava davvero immane: in un momento di forte
spinta, forse incappato in un avvallamento del terreno, si rovesciò a pancia in
su, strappandomi un ilare sorriso. Restai immobile ad osservarlo, mentre lo
scarabeo con tutte le sue forze muoveva le zampette nell’aria cercando di darsi
la spinta giusta per tornare in posizione. Il mio innato senso giocoso, però,
si ricompose quasi subito: lo scarabeo era per tutti un animale sacro, ed io non solo
non ne potevo ridere, ma dovevo rispettarlo, cercare invece di aiutarlo!
Con un bastoncino
raccolto nel sentiero, con tutta la delicatezza possibile, lo aiutai a
rialzarsi e l’animaletto, dopo essere rimasto un po’ immobile, riprese con
buona lena il suo lavoro di trasporto prima interrotto, riprendendo a imperterrito a spingere
con forza il suo carico. L’altro compagno di viaggio era ormai abbastanza lontano e certamente
sarebbe arrivato a destinazione prima di lui. Il sole, man mano che saliva alto nel cielo, scaldava
sempre di più e la giornata appariva calda, luminosa e tersa. Mentre rientravo verso
casa pensai allo scarabeo ed alle lezioni del mio maestro che, parlando di
questo animale, ci raccontava della sua origine divina. Egli rappresentava nel
suo piccolo il grande lavoro quotidiano del disco solare, che tutti i giorni
tramontava e poi tornava di primo mattino ancora splendere, regalando agli
uomini il ciclo della vita.
Lo scarabeo in effetti altro
non era che l’immagine del dio Khepri, il dio dell'alba, una delle immagini di
Ra, il dio del sole. Lo scarabeo maschio era il simbolo della vita: conservava
il proprio seme nelle palline di sterco che poi faceva rotolare, proprio come
faceva il dio Khepri che spostava ogni giorno il sole nel cielo. In questo modo
l'insetto rappresentava agli uomini la genesi, la rinascita e la forza vitale
dell’uomo che nasce, muore e si perpetua. Per lo scarabeo, animale sacro, tutti
mostravano un grande rispetto, come se incontrandolo si trovassero di fronte a
Khepri, il grande dio della vita.
Anche in casa, pensai, molti
oggetti di uso corrente erano costruiti a forma di scarabeo: la fibbia di chiusura degli abiti
del babbo, l’anello che portava al dito per dare valore ai documenti e anche la
mia ultima tunica aveva una spilla di chiusura a forma di scarabeo, e questo
significava che ormai ero diventato grande. Anche il nonno quando era stato
preparato per la sepoltura, era stato munito di un grande scarabeo in oro che
lo avrebbe protetto durante il lungo viaggio che doveva affrontare. Arrivato ormai nelle vicinanze di
casa, fui richiamato, anche in modo brusco, da mia madre: ero in ritardo per la
lezione! Lo scarabeo mi aveva davvero distratto e io avevo perso la cognizione
del tempo.
Mi affrettai, prima accelerando il passo e poi mettendomi
a correre, ma inciampai e caddi disteso per terra. Fu un brusco risveglio: quando
aprii gli occhi ero nel mio letto, madido di sudore! Mi guardai intorno: altro
che nell’antico Egitto: ero a casa mia e a svegliarmi era stata la sveglia che
mi ricordava, questa volta sul serio, che dovevo velocemente prepararmi per
andare a scuola! Di una cosa però ero ormai certo: quello che avevo rivisto nel sogno era uno spicchio di un’altra mia vita, vissuta migliaia di anni prima nell’antico Egitto, sicuramente alla
corte del Faraone, ed era questo il motivo dei miei sogni: il mio spirito ogni
tanto desiderava tornare in quei luoghi dove avevo trascorso, forse, la mia
prima fanciullezza!
Grazie, amici, a
domani!
Mario
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