Oristano
18 Dicembre 2015
Cari amici,
Oristano, come tutti
noi ben sappiamo ha da sempre avuto a che fare con i vasi di terracotta: fin da
epoca medioevale possiamo dire che è stata considerata la capitale della
ceramica e dei grandi maestri “figoli”,
il cui ricordo è ancora immortalato da una importante via della Città ad essi
dedicata. Perché il mio post di oggi parla di vasi di terracotta? Per un motivo
molto semplice: ho voluto, metaforicamente assimilare la nostra città,
capoluogo del territorio della provincia, ad un “vaso di coccio”, che si è sempre trovato tra due grandi vasi di
ferro che già in passato ne hanno minato il valore e l’autonomia: Cagliari e Sassari.
La storia ci insegna
che nulla è duraturo e che i fasti di oggi possono diventare polvere
l’indomani. Il luminoso passato del nostro territorio, del Giudicato d’Arborea
che ha lasciato tracce indelebili come la “Carta De Logu”, nel tempo si è
appannato fino ad essere dimenticato. Altri dominatori, poi, col passare del
tempo valorizzarono altri territori, al Nord e al Sud dell’Isola, relegando
Oristano a semplice gregario delle due città diventate grandi e famose:
Cagliari e Sassari. Oristano ha lottato nel tempo per riavere orgogliosamente
la sua dignità, ma ai piccoli successi ottenuti (vedi la concessione
dell’autonomia come Provincia) hanno fatto seguito altre cadute, che di fatto
hanno riportato indietro i piccoli passi avanti fatti: dopo la soppressione
della Provincia, la cancellazione della filiale della Banca d’Italia, la già
avvenuta soppressione di molti uffici pubblici a valenza provinciale e la
ventilata soppressione di altre strutture come il Tribunale, la ASL 5, e addirittura
la Prefettura (credo che il pericolo non sia ancora cessato del tutto), con, a
cascata, la chiusura o il declassamento di numerose altre strutture.
In presenza di necessità economiche lo Stato centrale ha sempre continuato ad affamare le periferie, lasciando intatte le "ricche mense" di Roma ladrona! In nome di una sperequata 'spendig review' anche Oristano è votata ad un inglorioso
“ritorno al passato”; cari amici, tutto questo non è solo una mia impressione: Beppe Meloni,
conoscitore ben più profondo di me del passato e del presente della nostra
Provincia, ha elaborato una sua “riflessione” sull’argomento che ho il piacere
di far conoscere anche a Voi. Ecco, riportato in corsivo questo Suo scritto sui
mali che attanagliano la nostra amata Oristano.
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Fra Cagliari e Sassari l’antica sfida tra torri e campanili. E
Oristano, ancora una volta, balla da sola.
DI BEPPE MELONI
Riesplode
in Sardegna l’antica lotta tra torri e campanili, l’ennesimo derby mai concluso
tra Cagliari e Sassari. Nel secondo dopoguerra l’oggetto dell’accesa disputa
era stata l’istituzione della banca tutta sarda, il Banco di Sardegna. Questa
volta motivo del contendere è l’intesa al Consiglio Regionale sull’area metropolitana,
e credo non sarà sufficiente una riunione dei consiglieri regionali del P.D.
per risolvere il problema sul tappeto. Abbiamo ancora davanti agli occhi la
rassegnata discussione di prima estate sull’ “operatività” della Giunta dei
professori per dubitarne. E la memoria torna agli anni difficili e tempestosi
del secondo dopoguerra, quando, come scriveva l’intellettuale nuorese Mario
Ciusa Romagna, “frugava il cuore lo
spasimo del futuro”.
Dopo
il lungo silenzio del ventennio fascista, la Sardegna aveva una voglia matta di
uscire dall’isolamento morale e materiale nel quale l’aveva cacciata la guerra,
per affrontare il futuro denso di impegni, con spirito rinnovato e nuove
energie. E assieme a una ventata di vitalità culturale c’era l’impegno corale
per affrontare il grande tema della trasformazione economica e sociale di
un’isola per troppo tempo abbandonata al suo destino. Parallelamente emergeva
la contrapposizione tra Cagliari e Sassari, tra nord e sud dell’isola, tra
torri e campanili. Un dibattito acceso e molto vivace, con un lucido e commosso
intervento proprio del leader sassarese “in ciabi” Antonio Segni, “lu
professò”, sulle colonne de “L’Unione Sarda” in difesa delle prerogative di
Cagliari, città semidistrutta, ferita a morte dai bombardamenti, ma pur sempre
capitale dell’isola.
La
storia, come si usa dire, si ripete, ma sarebbe saggio in tempi davvero
complicati e difficili come quelli che ci è dato vivere, giungere con
sollecitudine a un accordo decoroso e onorevole per i capoluoghi del nord e sud
dell’isola. A Cagliari il riconoscimento di città metropolitana con l’area
vasta, a Sassari quello dell’area metropolitana, che può comprendere anche
Olbia e la Gallura. Resta da vedere, ancora una volta, cosa ne sarà di
Oristano, “vaso di coccio, tra vasi di ferro”, sballottata al centro dell’isola
tra interessi diversi e talora contrapposti. E non vorremmo che per la città di
Eleonora arrivassero giorni ancora più duri di quelli che sta vivendo.
Cancellata la provincia, che per la verità non ha mai assolto al ruolo guida di
volano dello sviluppo, la città capoluogo e l’area vasta si leccano le ferite
di una crisi infinita. Con l’agroindustria che soffre, il turismo che non ha
mai decollato, il porto canale inutilizzato, lo scalo aeroportuale di Fenosu
ancora fermo al palo.
Oristano,
ancora una volta, balla da sola, si lecca le ferite, e non le resta che
affidarsi alla buona stella della Sartiglia.
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Non aggiungo nulla: cosa potrei aggiungere?
Grazie, amici, a domani.
Mario
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