sabato, dicembre 12, 2015

DALL’INDAGINE BANKITALIA “I BILANCI DELLE FAMIGLIE ITALIANE 2014”: IL 30% DI RICCHEZZA È IN MANO AL 5% DELLE FAMIGLIE, MENTRE IL 30% DI QUELLE PIÙ POVERE DETIENE MENO DELL’1% DELLA RICCHEZZA TOTALE.



Oristano 12 Dicembre 2015
Cari amici,
dal titolo di questo mio post di oggi si può ricavare un dato eclatante: il divario tra chi è più ricco e chi è più povero in Italia tende ad aumentare. L’amara considerazione si ricava dalla lettura del rapporto di Bankitalia “I bilanci delle famiglie italiane 2014”, recentemente pubblicato. E’ un’analisi sotto certi aspetti impietosa, che, tra poche luci e molte ombre, evidenzia la lenta e inesorabile caduta del ceto medio, fino a non molto tempo fa l’ossatura portante del nostro sistema economico. La triste scomparsa del nostro “ceto mediano” ha praticamente distrutto la precedente ripartizione (economica) delle famiglie in “piccole, medie e grandi”, con la conseguente polarizzazione sociale del Paese in due sole parti: una piccola (povera) e una grande (molto abbiente); è quest'ultima quella che continua a stare sempre meglio, mentre l’altra, quella povera, risulta sempre più numerosa, destinata a ingrossare le già presenti sacche di povertà. Ma vediamo insieme cosa è successo nella nostra economia familiare nell’anno appena trascorso.

L’indagine ha rilevato che nel 2014 il cinque per cento delle famiglie italiane più ricche, con un patrimonio di 1,3 milioni a nucleo familiare, deteneva oltre il 30 per cento della ricchezza complessiva. Di contro, il 30% delle famiglie più povere era in possesso di meno dell’1% della ricchezza totale. Quanto ai redditi percepiti, tra il 2012 ed il 2014 finalmente si è arrestata la diminuzione del reddito netto, che aveva interessato le famiglie italiane dall’inizio della crisi economica. Una riduzione iniziata nel 2008, come spiega Bankitalia nell’indagine, legata principalmente al calo, anno dopo anno, dei redditi da lavoro. L’anno scorso il reddito familiare è risultato composto, in media, per il 40% di reddito da lavoro dipendente, per più di un quarto da trasferimenti (pensioni, Cig, ecc.), per circa l’11% di reddito da lavoro autonomo e per il restante 21% di reddito da capitale (affitti effettivi, imputati, rendite finanziarie), dettaglia nell’indagine la Banca d'Italia.
Nel rapporto viene anche chiarito che se pure si è arrestata la diminuzione del reddito netto tra il 2012 e il 2014, rispetto ai livelli di pre-crisi (2008) la ricchezza delle famiglie risulta calata comunque del 15%. La Banca d’Italia spiega nel rapporto che nello scorso anno il reddito familiare netto medio si è attestato a circa 30.500 euro annui, cioè circa 2.500 al mese. La stabilità registrata tra il 2012 ed il 2014 è il risultato della crescita del 4% dei redditi da lavoro autonomo e da +2% di quelli da lavoro dipendente (ancora in calo invece quelli da capitale: -4%).
Dall’indagine si rileva anche che nel 2014 il 22,3 % degli italiani era a “basso reddito”, cioè sotto la soglia di 9.600 euro. In precedenza la percentuale era il 19,6 % nel 2006 e del 20,6 % nel 2012. La “fotografia” scattata dall’osservatorio della nostra Banca Centrale evidenzia l’immagine di un Paese sostanzialmente statico, ma soprattutto sempre più divaricato tra Nord e Sud. Inoltre l’interessante rilevamento statistico ha messo in evidenza che per una larga parte dei nuclei familiari il patrimonio è costituito in prevalenza dalla casa di abitazione, mentre il possesso di importanti patrimoni immobiliari è concentrato, invece, in poche famiglie, una costante questa già evidenziata dalle analisi degli ultimi 20 anni.
In relazione alle necessità di finanziamento, il rapporto rileva che l'11,4% delle famiglie risulta indebitato con il sistema e che il 2% delle famiglie si trova in condizioni di vulnerabilità finanziaria, dovute alla presenza di una rata per il rimborso dei prestiti superiore al 30% del reddito e di un reddito monetario inferiore a quello mediano. Per mediana del reddito familiare si intende il reddito della famiglia che occupa la posizione centrale della distribuzione, ed è inferiore alla media aggirandosi intorno ai 25.700 euro, circa 2.100 euro al mese (quello medio, come detto, è di 30.500 euro annui).
Cari amici, a leggere con attenzione il rapporto, certamente ci viene da pensare ad un’Italia che possiamo definire certamente “malata”, ma soprattutto ad un paziente a cui non viene somministrata la medicina giusta. La storia ci ha insegnato che non sempre le Comunità vivono periodi di “vacche grasse”, alternandosi con periodi anche di “vacche magre”, ma il problema è di fondo: cioè che a pagare il peso maggiore delle crisi siano sempre le categorie più deboli.
Personalmente la cosa che più mi ha fatto male è stato leggere che, nonostante la crisi, chi era già ricco era diventato ancora più ricco, mentre quella “parte di mezzo”, quella piccola borghesia, che per molto tempo è stata l'asse portante della nostra società, era caduta così in basso, tanto da andare ad ingrossare la già numerosa schiera dei poveri.
Credo che ogni ulteriore commento sia superfluo.
A domani.
Mario

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