Oristano
24 Dicembre 2015
Cari amici,
sicuramente il Natale
2015 sarà “particolarmente gelido” per molti risparmiatori italiani: non solo
per quelli delle 4 banche “salvate” recentemente dal Governo in extremis, ma
anche per migliaia di altri che in portafoglio si ritrovano il frutto dei
sudati risparmi, investiti in titoli che, se spazzatura non sono, hanno incorporato
un rischio che per molti era fino ad ieri sconosciuto: le Obbligazioni Subordinate. Gelo creato dal fatto che molti, davvero
molti, non conoscevano il reale “significato” del termine “subordinato”, avendo acquistato le obbligazioni dal loro “amico”
bancario che, pressato dai suoi capi, ha collocato i titoli senza esporre con
lucida chiarezza i rischi che il risparmiatore con l’acquisto andava a correre.
Eppure di questi “bond subordinati”, di queste mine vaganti, in circolazione ce
ne sono un bel pacchetto: una massa di oltre 60 miliardi di euro: emittenti numerose Banche italiane, più o meno solide e redditizie.
Io, amici miei, ho
passato la gran parte della mia vita lavorativa in banca, per cui credo di
conoscere abbastanza il mondo del credito, un universo fatto di modi molto
cortesi, di sorrisi, ma anche di poca chiarezza. Per Voi che leggete il mio
blog, oggi voglio fare una piccola riflessione proprio sui fatti che stanno
riempiendo le pagine dei quotidiani e degli altri mezzi di informazione, in
particolare cercando di far capire a chi non sa cosa sono realmente queste “obbligazioni
subordinate”, di cui tanto si parla e poco si conosce. Partiamo dal concetto di
obbligazione.
L’obbligazione (bond in inglese) è un titolo di debito che può essere emesso
da società private di vario genere (banche comprese) o anche da Enti pubblici,
allo scopi di finanziarsi. L’obbligazione non è parte del capitale azionario
(l’obbligazionista non è titolare di una parte, neanche infinitesima, del
capitale dell’azienda) ma un “prestito” che attribuisce al suo possessore il
diritto al rimborso del capitale prestato, oltre ad un interesse su tale somma.
Per fare un esempio sono titoli obbligazionari anche i titoli di Stato (BOT,
CCT, BTP, CTO, ETC.).
Chi possiede il titolo
di credito obbligazionario normalmente riceve dall’emittente, per il periodo
pattuito, degli interessi (normalmente superiori a quelli possibili in c/c), che
sono liquidati periodicamente (di norma trimestralmente, semestralmente o
annualmente) e, alla scadenza, il rimborso del capitale al valore nominale. Le
Obbligazioni, però, non sono tutte uguali: ne esistono di diversa natura,
con rischi ovviamente di diversa intensità. Le “obbligazioni subordinate”, per
esempio, sono obbligazioni il cui rimborso, in caso l’azienda entri in
procedura fallimentare, avverrà solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori, sia
privilegiati che chirografari.
Anche se molti
risparmiatori questo non lo sanno, i sottoscrittori dei bond subordinati sono
praticamente più che obbligazionisti dei “quasi azionisti”, in quanto il loro
prestito è molto simile al capitale di rischio azionario. In caso di fallimento
della banca i possessori di bond subordinati sono realmente considerati dei creditori di
serie B e quindi il diritto di essere rimborsati viene dopo quello di altri
soggetti, come i dipendenti, i correntisti e i sottoscrittori dei bond ordinari:
anzi i loro titoli concorrono a ripianare le perdite.
Questa pesante 'subordinazione' che
li differenza non poco dalle obbligazioni ordinarie dovrebbe essere portata a conoscenza di chi investe 'senza reticenze' da parte del personale addetto al collocamento, prima della sottoscrizione da parte del risparmiatore, che dovrebbe pienamente essere edotto del rischio insito in quel tipo di investimento prima dell’acquisto. Le obbligazioni subordinate
sono spesso denominate “junior” proprio per distinguerle da quelle non
subordinate (o “senior”). La maggiore rischiosità di questi titoli è ripagata dalla
diversità del rendimento, normalmente più alto rispetto a quello delle
obbligazioni senior.
L’alto rischio rappresentato da questi titoli di credito è saltato fuori all'improvviso in seguito ai recenti noti fatti di cronaca relativi alle 4 banche salvate dal fallimento con un intervento del Governo. Salvezza che, se da un lato ha salvaguardato i posti di lavoro e i correntisti, non ha certo salvato dal crack né gli azionisti né i titolari delle obbligazioni subordinate. Inoltre, dal prossimo 1 Gennaio 2016, l’insolvenza di una banca è
assoggettata a normative ben più complesse, elaborate in sede europea. Chi ha letto il mio post su
questo blog del 28 Novembre (http://www.amicomario.blogspot.it/2015/11/sistema-bancario-e-salvataggi-quando.html)
si è reso conto della differenza che corre tra il “Bail-in” (garanzia interna) e il “Bail-out”, ovvero “garanzia esterna”: due sistemi di salvataggio molto diversi tra loro. Mentre fino ad oggi il salvataggio di una banca
poteva avvenire con interventi esterni (Bail-out), con il “Bail-in” una banca
potrà essere salvata solo con interventi “interni”, ovvero coinvolgendo a vario
titolo azionisti, obbligazionisti e clienti della banca. Il che significa che in futuro potranno perdere i loro soldi anche i depositanti!
L’eclatante caso del salvataggio in extremis delle
4 banche italiane, riportato da tutti i giornali non soli italiani,
in particolare il salvataggio della Banca Etruria che vede la famiglia Boschi nell’occhio
del ciclone, ha messo a nudo un sistema di vendita con leggerezza di certi
prodotti finanziari, oltre che una scarsa vigilanza da parte degli organi di controllo
(Consob e Bankitalia). E’ la stessa Costituzione a garantire la tutela del
risparmio e, alla luce di quanto accaduto, sarà urgente e necessario apportare
modifiche a norme obsolete che, oggi, non sono in grado di garantire
trasparenza: nè prima dell’acquisto nè protezione per il dopo.
Tutti, a parole,
assicurano interventi risolutivi, che però non saranno facili da trovare. L’importante,
lo ha detto anche il Presidente della Repubblica, è che venga fatta chiarezza
e, soprattutto, che chi ha sbagliato
paghi, a prescindere dal casato di appartenenza. Quello che è successo, cari amici, è un
fatto gravissimo: pensate che l’ultimo caso di questo tipo successe nel
1921, quasi un secolo fa! In quel triste anno (la prima guerra mondiale era
appena finita) i creditori di una Banca italiana si videro azzerare i propri
titoli a causa del fallimento dell’Ansaldo. L'Istituto di credito fallito era la Banca italiana di sconto, che fallì perché l’Ansaldo, il suo maggior
debitore, era stato messo in ginocchio dalla fine delle commesse belliche. Anche
allora, comunque, tante furono le leggerezze accertate, compiute sia da chi amministrava quella
Banca che da chi avrebbe dovuto controllarla.
Cari amici, con l’entrata
in vigore dal 1 di Gennaio 2016 del “Bail-In”, molte cose necessariamente
dovranno cambiare. Se da un lato sarà positivo che i fallimenti anche bancari
debbano essere sopportati solo dai privati, è anche vero che chi acquista
obbligazioni di aziende o banche, deve essere perfettamente consapevole del
rischio che affronta. Nel settore dell'intermediazione creditizia è tempo che le Banche ordinarie siano perfettamente
differenziate da quelle d’investimento e, soprattutto, che certe operazioni che
comportano seri rischi d’investimento, molto vicini a quelli del capitale azionario, siano
riservate a sportello specifici, diversi da quelli che compiono le normali
operazioni di deposito. In ultimo, ciliegina sulla torta, un mio forte auspicio: che gli
intrecci tra politica e sistema bancario scompaiano definitivamente; intrecci ancora presenti, spesso ben aggrovigliati, nodi gordiani da recidere con la spada:
in caso di accertata violazione certi reati dovrebbero essere perseguiti in maniera esemplare.
Ciao, amici, a domani.
Mario
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