mercoledì, gennaio 20, 2021

SE LASCIAMO FRANTUMARE I RICORDI, COME POSSIAMO TRASMETTERLI ALLE NUOVE GENERAZIONI? LA STORIA DI UN RICORDO IGNORATO: LA VISITA A ORISTANO DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II, ORA SANTO.



Oristano 20 gennaio 2021

Cari amici,

Se è pur vero che “Tempus fugit”, la locuzione latina che tradotta letteralmente significa "il tempo fugge", è altrettanto vero che è buona consuetudine conservare i ricordi del passato, nell’ottica di trasmetterli alle nuove generazioni. Oristano, come sappiamo, non è mai stata generosa con gli illustri suoi concittadini, e neppure con i personaggi importanti che hanno calpestato il suo suolo. Uno di questo personaggi è senza ombra di dubbio Giovanni Paolo II, il famoso Romano Pontefice che visitò Oristano il 18 ottobre del 1985. In Piazza Roma, proprio ai piedi della Torre di Mariano II, in occasione della sua visita, fu allestito un grande palco, con il suggestivo tetto in falasco, sul quale il Pontefice celebrò la Santa Messa di fronte a migliaia di fedeli.

Vent’anni dopo, in una Piazza Roma sempre gremita, fu celebrato il ricordo di quella straordinaria visita. A fare gli onori di casa, anche allora, furono le massime autorità oristanesi, con in testa il sindaco Antonio Barberio e l'arcivescovo Pier Giuliano Tiddia, ai quali toccò, dopo i discorsi di rito, sollevare il drappo bianco e rosso e scoprire la lapide commemorativa, inaugurata nel ventesimo anniversario della visita Giovanni Paolo II ad Oristano. La grande lapide tondeggiante fu realizzata dall'artista Carmine Piras, in marmo bianco di Carrara, grande 120 centimetri di diametro e del peso di circa 200 chilogrammi.

Incastonata nel pavimento della piazza, proprio nel punto dove il Papa aveva celebrato la Santa Messa, la lapide porta questa iscrizione: «Con profonda riconoscenza. Il Comune di ORISTANO nel XX anniversario della Visita in Oristano di S. S. Giovanni Paolo II. In questa piazza il 18 ottobre 1985 il Sommo Pontefice celebrò la Santa Messa impartendo la sua apostolica benedizione al popolo arborense che devoto ne serba imperitura, affettuosa memoria». Tre icone riproducono rispettivamente il volto di papa Wojtyla, lo stemma di Oristano e quello dell'Arcidiocesi.

Ebbene, amici, siamo sicuri che oggi, dopo che sono passati solo poco più di 35 anni dalla visita in città di questo Papa Santo, il “devoto popolo oristanese ne serba ancora imperitura ed affettuosa memoria”? A me personalmente non sembra. Col trascorrere degli anni, con il costante via vai nella Piazza Roma anche dei mezzi pesanti, così come per la sistemazione di apparecchiature per concerti e manifestazioni, la lapide ha subito maltrattamenti che ne hanno provocato la rottura. Prima sono apparse le prime affilature, che, non avendo suscitato l’attenzione immediata di chi avrebbe dovuto prendersene cura, sono poi diventate crepe sempre più evidenti, tanto che ora la lapide è in condizioni a dir poco critiche.

Di tutto questo, però, pare non importare nulla a nessuno. Nessuna voce si è alzata in difesa dell’opera di Carmine Piras, ne di quello che essa rappresenta, che appare come qualcosa da lasciar perdere, da dimenticare. Personalmente, in questo abulico lassismo che ad Oristano manca poco che diventi regola, vedo sempre più rafforzare quel menefreghismo che da tempo imperversa, come scrissero anche autori importanti che transitarono per Oristano, e che definirono gli oristanesi “Orerisi”, ovvero buoni solo a stare fermi a contare le ore.

Io credo che sia tempo di lanciare una pietra nello stagno dell’indifferenza. Questa mia riflessione vuole essere proprio “quel sasso”, gettato per cercare di smuovere chi dovrebbe a darsi una mossa, invitarlo a darsi da fare per ripristinare un ricordo che merita certamente quell’attenzione oggi negata! Carmine Piras è ancora vivo e operativo, e potrebbe, a mio avviso, realizzare una nuova lapide, oppure mettere mano alla sua riparazione, fatta con le sue grandi abilità, ovvero con tutti i crismi. Sicuramente l'unico che possa farlo. Nel caso di una nuova realizzazione, direi che la prima, quella oggi in frantumi, vada comunque riparata e conservata, dove l’Amministrazione comunale ritiene più opportuno, per esempio al museo Antiquarium Arborense. Spero che la soluzione arrivi presto!

Grazie, amici, dell’attenzione.

Mario

 

 

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