Oristano 23 maggio 2021
Cari amici,
Che l’intelligenza
artificiale (AI) stia facendo ogni giorno passi da gigante è una realtà
incontestabile. I robot, sempre più perfezionati, stanno sostituendo l’uomo in
ogni professione, comprese quelle di più alto livello. Un perfezionamento,
però, quello derivato dall’ultima generazione dell’Intelligenza artificiale,
che sta arrivando a livelli fino ad ora nemmeno immaginati: quello di far
percepire alle macchine-robot le emozioni, con la conseguente risposta umana di
emozionarsi di fronte al comportamento dell’umanoide.
Un recente studio, condotto
in Germania nelle università Ruhr Bochum e di Duisburg-Essen (pubblicato
sulla rivista Plos One), che con i suoi ricercatori ha effettuato dei
Test su 48 studenti, ha aperto nuovi scenari circa una possibile nuova empatia
tra uomo e robot. Il test ha accertato
che il gruppo di studenti impegnati a interagire con dei robot umanoidi sono
risultati sensibili alle carezze ricevute dai robot in studio, emozionandosi e
riscontrando una buona empatia con queste macchine.
Laura Hoffmann |
Amici, sappiamo bene che
le carezze o anche il semplice tocco di una mano hanno importanti effetti
positivi nelle relazioni tra le persone; sono gesti che hanno anche la capacità
di ridurre lo stress, migliorare l’umore e le funzioni del sistema immunitario.
Ebbene, il test effettuato sui 48 studenti dalle ricercatrici Laura Hoffmann
e Nicole C. Krämer per cercare di esplorare gli effetti derivati dalle
interazioni degli studenti con i robot (erano impegnati a dialogare con NAO, un robot umanoide fra i più utilizzati
nei laboratori di tutto il mondo), ha fatto fare l’incredibile scoperta.
Nel corso delle
conversazioni effettuate tra NAO e gli studenti, questo curioso robot
accarezzava per qualche istante, in forma apparentemente spontanea, il dorso
della mano di alcuni partecipanti. In risposta al tocco del robot, la maggior
parte degli studenti ha sorriso, e nessuno si è tirato indietro. Ma l'aspetto
più rilevante, secondo i ricercatori, è che i partecipanti che erano stati
accarezzati si sono in seguito dimostrati più propensi a proseguire nelle
interazioni con la macchina e hanno dato valutazioni alte verso il robot nei
questionari a conclusione dei test.
Questa ricerca, amici,
apre nuovi scenari per i robot. I risultati ottenuti suggeriscono che le
carezze e in generale le interazioni fisiche affettive da parte dei robot sono
in grado di modificare la nostra percezione: un elemento utile non solo per
migliorare le interazioni uomo macchina, ma in futuro per utilizzare i robot
per fini motivazionali. In realtà il rapporto uomo-macchina cresce anche dal
punto di vista relazioni affettive. La società giapponese SoftBank
ha sviluppato il primo robot umanoide in grado di comprendere le emozioni
umani. Il droide, di 120 centimetri d’altezza, si muove su rulli, ha mani
simili a quelle umane, ed ha legato sul petto, all’altezza del cuore, quello che
sembra un tablet. Il presidente della SoftBank, Masayoshi Son, lo ha definito
un robot “emozionale”, in grado di comprende “dal 70% all’80% delle
conversazioni spontanee”.
Chiamato “Pepper”
è dotato di riconoscimento vocale e vanta più di una dozzina di sensori, tra
cui due tattili nelle sue mani, tre tattili sulla sua testa, e sei sensori
laser e tre sensori paraurti nella base. Ha anche due telecamere e quattro
microfoni sulla testa e dispone di connessione Wi-Fi e funzionalità di rete
ethernet. Ma la sua straordinaria caratteristica, che lo distingue dai suoi
predecessori, è la capacità, unica per un robot, di imparare a conoscere le
persone e leggere i loro sentimenti e le loro emozioni.
Anche il robot “Face”,
è un umanoide capace di provare e mostrare emozioni. Sviluppato da un team di
ricercatori del Centro per la Robotica e la Bioingegneria Enrico Piaggio
dell’Università di Pisa, guidati dal professor Danilo De Rossi, il Facial
Automation for Conveying Emotions (FACE) sfrutta i sensori
posizionati sulla testa e i 32 micromotori piazzati sul volto, tra l’epidermide
e la struttura ossea, replicando così il movimento dei muscoli facciali e
generando espressioni anche molto complesse. Protagonista della prima edizione
del Festival Internazionale della Robotica, tenutosi a Pisa, ha mostrato di essere
capace di questi stati emotivi: rabbia, felicità, tristezza, paura, sorpresa e
disgusto.
«FACE
potrà diventare una piattaforma di test per teorie comportamentali, usata da
psicologi, psichiatri e neuroscienziati», ha spiegato Daniele Mazzei, uno
dei ricercatori del progetto. Quanto all’arrivo di un robot pensatore,
ha aggiunto, serve ancora tempo: «Umanoidi parlanti in grado di comportarsi
come l’uomo saranno oggetti di consumo entro 5-10 anni, per lo sviluppo di una
coscienza siamo invece in alto mare, poiché dal punto di vista neuroscientifico
non è ancora chiaro cosa sia e come funzioni la coscienza umana».
Cari amici, mi credete se
vi dico che personalmente ho davvero molta paura di questa evoluzione? Le
macchine, certamente, potranno essere in futuro anche molto di più di un valido
aiuto per l’uomo, ma è meglio che non diventino mai “esseri emotivamente
pensanti”, potrebbe essere la fine per la razza umana.
A domani.
Mario
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