Oristano 29 maggio 2021
Cari amici,
Oramai non sono in molti
a conoscere e gustare le “Giuggiole”, quel frutto antico, prodotto dal Giuggiolo,
un millenario albero il cui nome scientifico è Ziziphus jujuba, appartenente
alla famiglia delle Rhamnaceae e originario della Siria. Introdotto poi in Cina
e in India, la sua coltivazione perdura da più di 4.000 anni, considerata la bontà dei suoi piccoli frutti, tanto che contribuì, successivamente, a far coltivare questa
pianta anche in Italia, portata dai Romani, che ne garantirono la sua
diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo.
Come però avviene per
molti fruttiferi, un tempo molto usati e diffusi, sia la scoperta di nuove specie che
il cambiamento dei gusti, fecero sì che, a poco a poco, gli alberi di Giuggiolo
furono sostituiti da specie più facili da coltivare e portanti frutti più
pratici da consumare; le giuggiole dunque, lentamente ma inesorabilmente, finirono nel
dimenticatoio. Non dappertutto, però. Nei Colli Euganei e in alcune zone del
vicentino e nel Basso Garda, sono rimaste in essere delle coltivazioni modeste,
a livello familiare. La giuggiola dei Colli Euganei, per esempio, è addirittura
inserita nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali del
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Ad Arquà Petrarca, borgo
medievale sito in provincia di Padova, sono presenti diversi di questi
magnifici alberi; la ragione è semplice: pur essendo
in grado di adattarsi a terreni di varia natura, il giuggiolo predilige climi
piuttosto temperati, con inverni abbastanza miti ed estati lunghe e calde. La
sua coltivazione richiede, in particolare, le condizioni atmosferiche che si
creano in prossimità di laghi o colline, con buona esposizione al sole. Arquà, dunque un luogo
perfetto per la crescita al meglio di questi antichi, straordinari, magnifici
alberi, il cui frutto è ricchissimo di sostanze dai numerosi effetti benefici.
Il frutto del giuggiolo, la
giuggiola, è una piccola drupa simile a un'oliva, con una buccia sottile e
lucida, che a maturazione passa dal colore verde al colore marrone, assumendo
un aspetto molto simile a quello dei datteri; per questo spesso è conosciuto anche
come “dattero cinese”. La giuggiola si può cogliere ancora verde, quando il suo
sapore ricorda quello di una mela, oppure a maturazione tra settembre ed
ottobre, con la buccia raggrinzita e la polpa bianca, dolce e farinosa, come
quella di un dattero. Una volta colta, la si può conservare a temperatura
ambiente e consumare entro una settimana circa.
Le proprietà delle
giuggiole sono molteplici, riconosciute da tempo nei Paesi Asiatici, dove per
la prima volta sono state utilizzate a scopo terapeutico. Nella medicina
tradizionale cinese venivano utilizzate a scopo digestivo, mentre il loro
impiego più moderno è rivolto a casi di ansia, insonnia, stipsi e pressione
alta, grazie al loro elevato contenuto in fosforo, potassio, manganese, rame e
zinco. Elevato anche il contenuto di vitamina C per 100 g di alimento, talmente
alto da rendere le giuggiole simili agli agrumi nel sostegno del sistema
immunitario contro i radicali liberi e nella prevenzione delle patologie
invernali. Acido linoleico, acido stearico, tannini, flavonoidi e polifenoli
rendono le giuggiole un frutto unico, con proprietà lenitive, antinfiammatorie
e, secondo studi recenti, anche antiproliferative e antitumorali.
In Cina i frutti vengono
fatti bollire insieme a riso e miele per preparare sciroppi espettoranti e
tossifughi, oppure fatti essiccare per la preparazione successiva di decotti per
ridurre l'infiammazione delle vie respiratorie. La loro azione emolliente è
riconosciuta anche nella cosmesi per la preparazione di lozioni da applicare in
casi di ragadi mammarie, a seguito dell'allattamento al seno. In cucina le
giuggiole possono essere consumate al naturale, sia fresche che seccate, e
possono essere impiegate per la preparazione di marmellate, in abbinamento a
mele ed uvetta passa. L'elevato contenuto di zuccheri del frutto non richiederà
l'aggiunta di dolcificanti.
Le giuggiole possono
arricchire anche dolci casalinghi e biscotti con le loro proprietà
nutrizionali, fino ad essere protagoniste del famoso “Brodo di giuggiole”, un
liquore tanto dolce e buono da dare vita al modo di dire “essere in un brodo
di giuggiole”, per il suo gusto appagante. Ma come è nato questo detto
antico, che ancora oggi sta ad indicare il raggiungimento di un piacere grande,
quasi impossibile di norma da raggiungere? Ecco la sua bella storia.
Mantegna, la Corte dei Gonzaga |
Nel periodo del “Rinascimento”
risulta che le giuggiole fossero apprezzate nelle ricche corti dell’Italia del
Nord, in particolare alla Corte dei Gonzaga di Mantova; questi squisiti
padroni di casa amavano deliziare i loro ospiti con un liquore ricavato proprio
dalle giuggiole, che pare fosse così buono da far conseguire in chi lo beveva
un piacere molto grande, mai provato
prima! Da questo insolito piacere, nacque il detto “Andare in brodo di giuggiole”,
a significare il raggiungimento di un sommo piacere. Insomma, ecco perché il liquore
dei Gonzaga, che doveva essere davvero molto buono, ha fatto coniare il detto “andare in brodo di giuggiole“, riportato dall’Accademia della
Crusca fin dal 1612, con il significato di “godere di molto di chicchessia”.
Amici, la storia ci dice che questo
particolare liquore pare fosse servito a fine pasto, per accompagnare torte e
biscotti oppure come digestivo. Ebbene, assaggiare quest’antico liquore è possibile anche oggi: facendo un bel viaggio, una bella gita nella zona dei colli Euganei,
in particolare nel bel borgo di Arquà Petrarca; in questa zona è possibile
gustare una versione moderna del “Brodo di giuggiole”, un liquore dal colore rosso
ambrato e dall’intenso gusto fruttato. Ovviamente il liquore è anche
commercializzato on line, e sicuramente ordinabile anche con recapito a domicilio.
Che dite, cari amici,
volete curiosamente anche Voi, gustare questo liquore per provare ad “andare in
brodo di giuggiole”?
A domani.
Mario
Giuggiole |
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