Cari amici,
Davi Kopenawa insieme al suo capo tribù Raoni, |
In che modo gli Yanomami
hanno risentito del Covid?
“L’uomo bianco dice che
il virus è qualcosa di nuovo. Non è vero. Covava sotto terra, custodito in un
luogo sacro. I cercatori di oro e di pietre preziose, scavando, lo hanno
sprigionato. Quando il virus è arrivato in Brasile abbiamo lasciato le città
per tornare nelle nostre comunità. Io ci sono rimasto otto mesi. I funzionari
che lavorano nella regione sono arrivati da Boa Vista già malati, e ci hanno
contaminati. Anche io mi sono ammalato, insieme a mia moglie e a mia figlia. Ci
sono stati dei morti - non so esattamente quanti”.
“Abbiamo ricevuto degli
aiuti in maniera disorganizzata. Il governo con noi gioca. A nome degli
indigeni del Brasile, posso dire che il governo ha a cuore solo il proprio
vantaggio e il denaro. Ci tratta come animali”.
E allora, in che modo vi
proteggete?
“Inaliamo la yakoana, una
polvere di una corteccia d’albero, per entrare in contatto con il mondo degli
Xapiri (spiriti). Cantiamo e danziamo per chiedere loro di combattere il virus
e proteggere noi e tutti gli abitanti del pianeta. L’uomo bianco e i suoi
medici hanno cercato di trovare un vaccino che funzionasse. Io ci credo poco.
Ne abbiamo ricevuto qualche centinaio di dosi, e proveremo a prenderle. Noi
però, gli sciamani, crediamo soprattutto nella forza della natura, che ci
protegge da sempre”.
“Nel 2020 lo sfruttamento
dei giacimenti ha conosciuto un’impennata, e i garimpeiros stanno distruggendo
l’alveo dei fiumi. Sono arrivati in massa a bordo di navi, aerei ed elicotteri.
Hanno costruito una pista di atterraggio clandestina per gli aerei. L’alto
corso del Macajaí si sta trasformando nella loro zona. Lì l’acqua è inquinata
dal mercurio, che viene impiegato per pulire l’oro. Noi della foresta, se la
beviamo ci ammaliamo. Le autorità hanno cacciato qualche garimpeiro
clandestino, ma lo hanno fatto soprattutto per placare le tensioni e
scongiurare una rivolta da parte degli Yanomami”.
“Credo di sì, perché i
garimpeiros malati ci trasmettono il virus. A noi Bolsonaro non tiene, perché
custodiamo le ricchezze della terra degli indigeni. Lui vuole impossessarsi
dell’oro, dei diamanti, dei minerali e del legname per venderli ad altri Paesi.
Noi rappresentiamo un ostacolo alle sue mire, alla sua polizia e al suo
governo. Vorrebbe uccidere me, mio zio Raoni – che già si è ammalato – e tutti
coloro che si oppongono a lui”.
Secondo lei questo virus
rappresenta un mezzo con cui la natura si sta vendicando sull’uomo?
“È quello che affermano
coloro che muoiono nelle città, e anche gli Yanomami. Noi sentiamo il grido del
mondo e della natura. La natura si è coalizzata con il virus per vendicarsi. Si
vendica contro il popolo della città. Il grande spirito della natura, la madre
terra, ci parla. Ed è in collera contro il governo che scava, distrugge gli
alberi, i fiumi grandi e piccoli e noi, poveri indigeni”.
“(Ride). La faccenda non
è così semplice. Alcuni brasiliani della città, terrorizzati dal virus, si
sono rinchiusi nelle loro case; i
garimpeiros invece non hanno smesso di arrivare: loro sono abituati alle
malattie, e in alcuni casi anche alla morte”.
Quali altri problemi
derivano dallo sfruttamento minerario?
“Il problema più grave è
la corruzione, che è il peggior nemico del popolo della terra. Insieme
all’alcol, la cachaça, che le autorità non proibiscono e che ci fa ammalare. [I
cercatori] portano qui droga e prostitute, e per darsi coraggio fumano. Girano
sempre armati, pur non avendo la necessaria autorizzazione da parte della
polizia federale. Possono ucciderci, o ammazzarsi tra di loro. Temo anche per i
nostri ragazzi: alcuni di loro si uniscono ai bianchi e imparano da loro cose
malvagie. Ho paura che possano smettere di lottare per la nostra terra. La
cultura non-indigena è molto forte”.
Capo Raoni |
“Se non ci rivolgiamo a
una tribunale internazionale il governo brasiliano continuerà a ucciderci,
senza intimorirsi. Anche Raoni è un capo, e vede morire tanti attorno a sé.
Bolsonaro è come una malattia: lui tira dritto e uccide il suo popolo. La Corte
indagherà sui suoi reati e farà in modo che ci rispetti. Non si può permettere
che continui a maltrattare i nostri popoli indigeni, la nostra madre terra e
quel che resta della foresta amazzonica. Altrimenti faremo la fine degli
indigeni dell’America del Nord”.
Cosa vi aspettate dalla
comunità internazionale? I prodotti coltivati sui terreni disboscati dovrebbero
essere boicottati?
“Sarebbe auspicabile che
gli Stati esteri non acquistassero più carne, soia, oro e legname provenienti
dal Brasile. Dovrebbe essere vietato. Anche gli europei sono colpevoli. I Paesi
stranieri non hanno bisogno di questi commerci, mentre il governo brasiliano
con quel denaro persegue la distruzione della natura e della nostra terra”.
Yanomani |
“Se avesse il coraggio di
venire a casa mia, lo guarderei dritto negli occhi e leggerei dentro la sua
anima. Gli Yanomami sono abituati a parlare guardandosi dritti negli occhi, non
alle spalle, come fa lui con noi. Non lo ucciderei: non sono un criminale come
lui. Gli chiederei di lasciar stare la terra, di smetterla di ingannare gli
indigeni e il popolo della città, e di fare promesse. Anche noi, uomini della
foresta, siamo esseri umani. Lui può venire a discutere con me, nella mia
comunità, in totale trasparenza. Non gli chiederei né cibo, né aiuti. Gli
domanderei soltanto di lasciare in pace gli Yanomami, il popolo originario di
questa terra”.
La sua popolarità è in
calo soprattutto perché ha gestito male la pandemia. Sperate che non venga
rieletto?
“Bolsonaro non fa la
felicità dei brasiliani e non ci permette di amarlo. Prima delle elezioni ha
fatto tante promesse, ingannando tutti. Il nostro popolo non è contento, e nemmeno
quello delle città lo è. Solo i garimpeiros sono contenti, perché godono del
suo appoggio. Non voglio che sia rieletto. È un uomo malvagio”.
“Accompagnavo i
lavoratori che piantavano, cacciavano, cercavano cibo. Partecipavo alle nostre
feste. Il mio spirito era tranquillo. Ero in comunione con lo spirito della
foresta. La nostra vita era meravigliosa. Provo nostalgia per i nostri
ruscelli, i nostri fiumi... All’epoca della mia adolescenza tutto è cambiato, con
l’arrivo di un gruppo di missionari. La costruzione di una strada, per la quale
fu sottratto terreno alla natura e si distrussero degli alberi, portò
l’influenza e la malaria. Iniziai a preoccuparmi: che ne sarebbe stato di noi?
Chi ci avrebbe protetto? Con l’avvicinarsi della città, la mentalità cambiava.
I politici hanno manipolato il nostro modo di pensare e cambiato le nostre
abitudini riguardo al denaro. La città ci corrompe e distrugge la nostra
filosofia”.
“Ci insegna da tanto
tempo a non violarla e non distruggerla, bensì ad amarla. Ci nutre, ci
protegge, ci dà vita e salute. Bisogna ascoltare il suono degli alberi e della
terra, il canto degli uccelli, la pioggia. La foresta ci insegna a rispettarla,
a proteggere l’acqua, a cogliere i suoi doni, ad amarla come amiamo i nostri
fratelli. L’uomo bianco non vuole imparare. La foresta gli parla, ma lui non
riesce ad ascoltare. Non è più capace di sognare. Se la foresta muore nessuno
potrà sopravvivere senza di lei”.
Alcuni personaggi famosi
fanno sentire la propria voce per difendere la vostra causa.
“Sebastião Salgado, Sting
e David Beckham sono tutti interessati a salvaguardare la natura. Sono molto
lontani, ma dicono la verità. Spesso i brasiliani sono all’oscuro delle nostre
battaglie. Non ho mai visto un uomo della città incamminarsi verso i monti per
raggiungere i villaggi e interessarsi di noi e dei nostri problemi. All’estero
ci sono molti più bianchi che conoscono la nostra sofferenza”.
“C’è questa ragazzina che
si chiama Greta [Greta Thunberg, che ha ricevuto insieme a lui il Right
Livelihood Award, considerato un premio Nobel alternativo - ndr]. Sono andato
nella sua terra per portarle il mio appoggio. Spero che i giovani del mondo
correggano gli errori dei loro genitori. In alcune zone del nostro pianeta non
ci sono più alberi, acqua, pesci... La terra
è inaridita, fa molto caldo e le piogge intanto aumentano. Il mio messaggio a
questi giovani è semplice: siate felici, datevi da fare per sensibilizzare le
persone e non mollate”.
“Ho quarantaquattro anni
di lotta alle spalle. A volte mi sento stanco e contrariato, e quando mi capita
lascio la città e torno a riposarmi nella mia comunità, per lavare la mia anima
prima di tornare a riprendere la lotta. Anche gli altri però sono stanchi,
perché non riescono ad invaderci. Spero che quando sarò vecchio i miei figli e
i miei cugini continueranno a portare avanti la nostra battaglia. Se la
malattia dovesse uccidermi o venissi morso da un serpente, lascerò dietro di me
gli amici per andare all’altro mondo, dove già si trovano mio padre e la mia
famiglia... Continuerò a lottare spiritualmente, e la mia anima sopravviverà
accanto al mio popolo”.
Amici, mi astengo da ogni
commento.
Quale futuro? |
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