Oristano 14 gennaio 2021
Cari amici,
La corsa al vaccino è
appena iniziata, tra l’altro tra mille inciampi. A parte il caos inziale, a
partire dalla mancata chiarezza sulla possibilità di vaccinare in tempi brevi
oltre 50 milioni di italiani, oltre a l’attuale mancanza delle dosi necessarie,
pare che manchino anche sia le strumentazioni che la giusta quantità di personale
che dovrà provvedere ad effettuarli. Inoltre sul vaccino grava un altro quesito
ritenuto ancora più importante di tutto il resto: quello della obbligatorietà o
meno di farlo. Su questo fronte i pareri risultano abbastanza diversi, e alcuni
addirittura contrastanti, come quelli espressi dai due appartenenti all’attuale compagine
ministeriale.
Partendo dal Presidente
Conte (che da ieri di grattacapi ne ha fin sopra i capelli), che ha sempre parlato di volontarietà, quindi della necessità di fare
una grande opera di persuasione, diverso, anzi opposto, appare il parere di due
esponenti ministeriali: la ministra dei Cinquestelle, responsabile della Pubblica
Amministrazione, Fabiana Dadone, e quello della Sottosegretaria del Partito
Democratico alla Salute, Sandra Zampa.
Mentre la Dadone ribadisce il No
all'obbligo della vaccinazione per i dipendenti pubblici, la Sottosegretaria
Zampa, intervenendo alla trasmissione Agorà su Rai3 ha dichiarato: "Credo
che l'obbligatorietà del vaccino debba essere una pre-condizione per chi lavora
nel settore pubblico". La sottosegretaria ha poi anche aggiunto:
"Se ci dovessimo rendere conto che evidentemente c'è un rifiuto che non si
riesce a superare, penso che nel pubblico non si possa lavorare".
Insomma per Zampa chi non accetterà la somministrazione del vaccino dovrebbe
essere licenziato dalla Pubblica Amministrazione.
Il problema è certamente
complesso, tanto che fior di giuristi sono stati chiamati ad esprimere la loro
opinione in proposito, vista la resistenza di molti a sottoporsi al trattamento
di vaccinazione. Insomma l’arduo dilemma è “obbligo sì-obbligo no”,
specialmente se riferito ai componenti le strutture sanitarie. Stando ai ‘si
dice’, una percentuale di circa il 20 per cento (tra medici, infermieri e altri
operatori ospedalieri) potrebbero opporsi alla vaccinazione. Su questi, a
quanto pare, sono stati già avviati dei provvedimenti disciplinari, mentre
l'Ordine Nazionale dei Medici ha addirittura annunciato di essere pronto anche
alla radiazione.
I giuristi interpellati
sulla legittimità o meno di esercitare questo diritto alla “non vaccinazione”,
rispondono che le leggi in vigore già contemplano i diritti e i doveri relativi.
Cosa dicono, dunque, le norme del nostro Ordinamento Giuridico in casi come questo?
Il giurista Pietro Ichino, intervistato dal Corriere della Sera non ha
dubbi: il vaccino può essere reso obbligatorio, in quanto "in molte
situazioni è consentito dalla legge".
Prendiamo per esempio le
norme sul lavoro. Come già aveva rilevato il magistrato del lavoro, Raffaele
Guariniello, "chi non si vaccina può essere licenziato. Non è
un'indicazione 'morale', è ciò che prevede la legge". Parole sulle quali
trova corrispondenza il pensiero di Ichino. "L’articolo 2087 del Codice
civile obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da
scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica
delle persone che lavorano in azienda, il loro benessere", ha spiegato
all'intervistatrice Virginia Piccolillo.
Secondo il giurista
Pietro Ichino, dunque, il vaccino può essere imposto dal datore di lavoro,
"ovviamente se è ragionevole", sostiene. Ciò significa se il vaccino
è ovviamente disponibile, e se le dosi, già arrivate o in arrivo, sono pronte
ad essere somministrate. Ovviamente questo ragionamento si scontra con quello
dei sostenitori del “rifiuto dei trattamenti sanitari”, che secondo loro rappresenta
un diritto costituzionale (art. 32). A questo replica il giurista, dicendo che
certo, chiunque potrà rifiutare la vaccinazione. Ma "se questo metterà a
rischio la salute di altre persone, il rifiuto costituirà un impedimento
oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro". E quindi davanti al
rifiuto il medico, l'infermiere, l'Operatore Socio Sanitario o il tecnico
potranno essere licenziati. "Sì perché - dice Ichino - la protezione del
tuo interesse alla prosecuzione del rapporto cede di fronte alla protezione
della salute altrui". La nostra Costituzione all'articolo 32 stabilisce
due principi: quello della protezione della salute di tutti e quello della
libertà di scelta e rifiuto della terapia. Spiega Ichino: "Se sono un
eremita sono liberissimo di non curarmi e non vaccinarmi; se invece rischio di
contagiare familiari, colleghi o vicini di posto in treno, no: lo Stato può
vietarmi questo comportamento".
Cari amici, come vedete per
i cittadini ci sono diritti e doveri, e nel campo del lavoro, pubblico o
privato che sia, la convinzione più accreditata è che il datore di lavoro il
vaccino lo può imporre, proprio in base all'articolo 2087 del codice civile:
"Finché c’è un rischio apprezzabile di contagio, il datore di lavoro può
condizionare la prosecuzione del rapporto di lavoro alla vaccinazione, e nella
stessa ottica possono fare altrettanto le compagnie di trasporto, i titolari di
ristoranti, di supermercati e di somministrazione di beni e servizi.
A domani.
Mario
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