venerdì, gennaio 15, 2021

ALTRO CHE ELIMINARE LA CULTURA CLASSICA! LA CINA DAL 1° GENNAIO HA ADOTTATO IL CODICE CIVILE, BASATO SUL DIRITTO ROMANO.


Oristano 15 gennaio 2021

Cari amici,

La Cina, come ben sappiamo è un Paese comunista. In questo immenso Paese, governato da un regime dittatoriale, tanto complesso e con una storia ultra millenaria, concetti come la proprietà privata, l’usufrutto, la successione, la compravendita, la proprietà intellettuale per libri e brevetti, erano considerati, fino a poco tempo fa, solo concetti astratti, in quanto praticamente tutte le proprietà, dalle terre alle case e alle strutture economiche, appartenevano esclusivamente allo Stato. Tuttavia, quando un Paese di questo tipo decide di competere economicamente con gli altri, in particolare occidentali e democratici, spesso di uguale o maggiore peso produttivo e finanziario, deve necessariamente apportare dei cambiamenti legislativi ed economici tali da poter competere alla pari con gli altri, in modo da poter garantire diritti di proprietà e societari, tali da consentire regolari scambi ed investimenti.

Ed ecco la ragione per cui, anche dove regnava e regna il comunismo, dove praticamente la totale proprietà dei beni appartiene allo Stato, ha iniziato a far capolino la possibilità di una certa liberalizzazione economica, facendo in qualche modo rinascere la proprietà privata, concepita in primo luogo come apertura del Paese verso l’esterno. Insomma era necessario trovare un marchingegno tale che, seppure non intaccando l’ideologia marxista (rimasta presente, seppure più in modo formale che sostanziale), svuotasse in sostanza il concetto di unica proprietà statale. In poche parole serviva un artifizio tale da riuscire a coniugare quella palese contraddizione tra comunismo ed economia di mercato, superandola. "Socialismo con caratteristiche cinesi" è il termine con cui Deng Xiaoping ha definito l'insieme di riforme economiche da Lui avviate, che hanno portato la Repubblica Popolare Cinese a privatizzare una consistente parte delle industrie di proprietà dello Stato, arrivando, con una sua propria locuzione, a definire il 'cambiamento' "socialismo di mercato”.

Sempre Deng Xiaoping con queste parole chiarì il concetto di introduzione della pianificazione dell’economia di mercato in Cina: «Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l’essenziale differenza che sussiste tra socialismo e capitalismo; economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c’è una pianificazione anche nel capitalismo; l’economia di mercato si attua anche nel socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell’attività economica».

Oggi la Cina, diventata la seconda economia più grande del mondo (si prevede che supererà gli Stati Uniti entro un breve periodo, forse nei prossimi 20 o 30 anni), ha un PIL pro capite di 8.018 dollari, raggiunto nel 2015, e sta entrando in una società che può essere definita "della classe media". L’ascesa della Cina è diventata un vero fenomeno nel nuovo secolo, ed ha avuto una profonda implicazione su tutto il mondo. È dal 1978 che la Cina ha intrapreso un percorso di riforme e di reinterpretazione della Costituzione. Il Governo ha messo in atto un Piano di riforme che necessariamente ha comportato anche un netto miglioramento della cultura giuridica dei propri organi giudicanti, in quanto un numero crescente di giudici della SPC (Supreme People’s Court of China), la Corte Suprema della Cina, ha ora una laurea in giurisprudenza e alcuni anche un dottorato di ricerca. C’è stato anche l'inserimento di un numero crescente di donne con alto livello di istruzione negli organici della magistratura.

Questa riforma del proprio ordinamento giuridico, è partita proprio con l’introduzione del nuovo “Codice civile”, che è stato di recente approvato e adottato a partire dal 1° gennaio del 2021. Oliviero Diliberto, nostro ex Ministro della Giustizia, professore di Istituzioni di Diritto Romano all'Università di Roma nonché' chair professor alla Zhongnan University of Economics and Law di Wuhan, ha definito l'entrata in vigore del primo Codice civile in Cina: “Un cambiamento epocale". Diliberto è stato il principale protagonista di questa impresa intellettuale che ha richiesto anni di lavoro per redigere un'opera giuridica basata essenzialmente sul diritto romano. Sette libri, oltre 1200 articoli per dare corpo e mettere a sistema una materia vastissima, comprendente tutta una serie di norme che riguardano famiglia, contratti, diritti individuali, diritto d'autore, privacy e quant'altro.

Intervistato, Diliberto ha raccontato come la Cina è arrivata ad adottare un codice civile che ricalca le antiche norme del nostro Diritto Romano. “In realtà i cinesi il codice se lo sono scritto da soli, noi abbiamo contribuito a formare una classe di giuristi per redigere questo testo, un lavoro iniziato tanto tempo fa, ancora prima di Tien Amen, nel 1988 quando un collega adesso in pensione che insegnava diritto romano, Sandro Schipani, ebbe un'intuizione geniale e cioè che essendo la Cina avviata sulla via delle riforme economiche di Deng Xiaoping, introducendo la proprietà privata e l'economia di mercato, avrebbe avuto bisogno di regole giuridiche che non c'erano”.

Poi, ha continuato Diliberto: “Sandro Schipani ha iniziato a far tradurre in cinese i testi del diritto romano, quindi il gruppo dirigente cinese ha potuto accedere direttamente ai testi originali e contemporaneamente noi abbiamo iniziato a formare i giuristi cinesi a Roma con i dottorati, e alcuni di quelli che si sono formati negli anni 90 sono entrati nelle commissioni redigenti il Codice civile. Sono stati dei ragazzi straordinari; in tre anni in Italia hanno imparato innanzitutto la lingua italiana, poi anche il latino per poi studiare il diritto romano. È vero che dalla Cina sono arrivati i migliori, però anche per i migliori è stato un tirocinio molto faticoso”.

Cari amici, ho iniziato questa riflessione dicendo “altro che eliminare la cultura classica…”, che personalmente considero un errore madornale, in quanto l’acculturarsi con le opere dei grandi del passato, greci o latini che siano, non è, come pensano molti, una perdita di tempo, ma l’acquisizione di un vero e proprio tesoro, un insostituibile  bagaglio formativo; sbaglia chi si convince che solo con la tecnologia e il supporto dell’intelligenza artificiale, il mondo possa continuare a svilupparsi, ignorando le esperienze del passato! Un futuro che ignora le sue radici, non dimentichiamolo mai, è un “futuro senza futuro”!

A domani.

Mario
IL DIRITTO ROMANO SBARCA IN CINA

 

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