Oristano
11 Dicembre 2018
Cari amici,
L'arte dell’intreccio è praticamente nata con l'uomo. Fin dalle origini della sua esistenza, infatti, l'uomo ha avuto bisogno di creare strumenti che lo aiutassero nella vita quotidiana. In tutto il
mondo le varie civiltà si sono prima dedicate e poi specializzate nella realizzazione
di utensili, dove riporre cibo e provviste, utilizzando le varie
essenze vegetali esistenti in natura. Focalizzando il nostro sguardo sulla Sardegna, terra più antica di molte
altre, possiamo dire che la nostra isola non ha fatto certo eccezione. Scavi archeologici hanno confermato che quest’arte era praticata fin dalla preistoria, come può essere
rilevato dai numerosi utensili in terracotta rinvenuti, che presentavano, impressa in modo ben
evidente, l’impronta creata sull’impasto d’argilla fresca di
contenitori di varia foggia, realizzati in fibra vegetale intrecciata.
Su questo blog ho già avuto
occasione di parlare della nostra meravigliosa arte dell’intreccio, che nel
tempo è diventata famosa anche fuori dai confini dell’Isola. Arte diffusa in
modo capillare da Nord a Sud, in quanto è sempre stata ampia e variegata la materia
prima disponibile; erbe come l'asfodelo, la paglia di grano, canne e rami sottili di diversi alberi, hanno sempre costituito una eccellente materia prima da lavorare, tessere e intrecciare. In
base alla delicatezza dei materiali utilizzati è possibile distinguere la
cestineria leggera, capace di creazioni straordinariamente fini e belle, da
quella pesante, più resistente, adatta alla realizzazione di recipienti per il
lavoro.
In base ai materiali utilizzati si riusciva a creare praticamente tutti gli strumenti necessari per il buon vivere di una volta: non solo recipienti e contenitori, ma anche stuoie per dormire, impagliature per le sedie, coperture per la parte interna dei tetti. Oggi, però, esaurita la fase della civiltà contadina, la gran parte di questi strumenti è stata sostituita dalla famigerata plastica. Questo ha fatto sì che l'antica arte
dell'intreccio, lentamente ma inesorabilmente, ha imboccato la via dell'estinzione, restando in auge solo a livello di vera arte. Oggi, però, sono pochissimi
gli anziani in possesso dei segreti di quest’arte e praticamente risultano assenti i
giovani disposti ad apprenderla.
Eppure qualche sprazzo
di luce ogni tanto appare. L’ho potuto constatare con piacere leggendo nei
giorni scorsi l’Unione Sarda (quotidiano che leggo da oltre 50 anni), che
riportava un articolo a firma di Francesca Loi (aveva per titolo: l’amicizia ricamata in
un cestino), dove veniva evidenziata una bella storia di sincera amicizia nata a
Perdasdefogu, tra Pietro Secci di anni 91 e Alessandro Tatti di appena 13 anni. Amicizia nata e consolidatasi tra esponenti di due generazioni lontanissime tra di loro, ma uniti dalla comune passione per l’intreccio. Passione straordinaria
quella del giovanissimo Alessandro, un amore come si suole dire nato a prima
vista, nei confronti di un’arte antica che egli vorrebbe continuare, insomma impararla per
perpetuarla e tramandarla.
Un amore-passione quello di
Alessandro, scoppiato ad appena 11 anni, quando con grande curiosità rimase
attratto da un vecchio che, seduto su una sedia posta poco fuori dalla soglia
di casa, muoveva abilmente le mani intrecciando artisticamente dei rami per
creare un cestino. In tempi brevi, come scrive Francesca Loi sull’Unione Sarda,
le sedie diventarono due e il ragazzino iniziò a passare gran parte del suo tempo
col vecchio, a cui chiese di insegnarli l’arte che tanto lo attraeva.
Giorno dopo giorno tra
allievo e maestro si creò un’amicizia sempre più forte. Il vecchio gli raccontava
la sua storia, gli diceva che lui aveva imparato l’arte a soli sei anni, arte che
poi diventò parte della sua vita. Alessandro è un ragazzino vispo e
intelligente; frequenta con buoni risultati la scuola media, è bravo anche a
giocare a calcio, ma questo hobby dell’intreccio lo gratifica in modo
particolare. Non è attratto troppo dall’informatica (solo quella necessaria: ai
social preferisce il dialogo costruttivo fatto di persona, sia con i coetanei che con gli anziani).
La sua bravura intanto migliora di giorno in giorno, seguito amabilmente dall’anziano maestro. Alessandro ora ha
già raggiunto un buon grado di autonomia; non appena ha terminato da solo un
cestino, corre dal vecchio a farglielo vedere, aspettandosi da lui, esperto
maestro, un parere spassionato, quasi un voto da assegnare per il compito svolto. Il vecchio è orgoglioso di lui e lo dice apertamente: “Alessandro
è un ragazzo sveglio che impara in fretta e certamente diventerà un maestro per
la generazione successiva alla sua”.
Cari amici, cosa può insegnarci
questa bella e curiosa storia? Io credo tanto! La nostra Isola vanta
tanti saperi nelle più svariate branche dell’arte, espressioni artistiche che
di giorno in giorno lentamente ma inesorabilmente tendono a scomparire per
mancanza di allievi intenzionati ad apprenderle in modo che possano essere
tramandate. Perché allora, vista anche la cronica carenza di posti di lavoro
che l’Isola presenta, non cerchiamo di riattivare o di creare a nuovo delle
scuole che, utilizzando i pochi anziani esperti, possano trasmettere alle nuove
generazioni i segreti e le capacità artistiche che, se non trasmesse, con loro andranno
definitivamente perdute?
Io penso che opportunamente
strutturate queste scuole potrebbero creare anche dei nuovi posti di lavoro,
con la nascita di laboratori artigianali inseriti nel circuito turistico.
Non la pensate anche
Voi come me?
A domani.
Mario
L'antica arte dell'intreccio, non deve scomparire...
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