Uno dei tanti muretti a secco...
Oristano 10 Dicembre 2018
Cari amici,
I muretti a secco in Sardegna
sono una parte imprescindibile del nostro patrimonio paesaggistico. Dalle pianure del
Campidano ai pendii dei Monti e delle pietrose Colline, tutto il territorio è ‘recintato’
da una lunga serie di muri a secco; sono costituiti da vari tipi di pietrame, di varia foggia e natura,
dove il tipo di pietra usata sta ad indicare all’esperto visitatore anche la
zona che si sta attraversando. Ebbene, quest’arte costruttiva millenaria, nata certamente col
duplice scopo di recintare le proprietà e allo stesso tempo di spietrare il terreno per liberarlo dai numerosi sassi, è diventata di recente, con un apposito provvedimento, “Patrimonio dell’Unesco”.
A presentare la
richiesta di tale riconoscimento, oltre l’Italia, sono stati altri sette Paesi
europei: Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. A giustificarne l'accoglimento, il fatto che l’antichissima
tecnica di costruzione, priva di qualsiasi elemento legante, costituisce uno dei primi esempi
di manifattura umana, che ha consentito di utilizzare il numeroso pietrame sparso al suolo sia
per fini abitativi che agricoli, realizzando, in perfetta armonia con l’ambiente
circostante, riparo e protezione, riuscendo anche a frenare le conseguenze degli
eventi naturali spesso distruttivi; tutto ciò ha fatto dei muretti a secco un simbolo
di armoniosa e positiva relazione fra l’uomo e la natura.
È certamente questo forte ‘legame’
che ha dato all’Unesco lo stimolo positivo, necessario a deliberare
favorevolmente l’inserimento della pratica rurale della costruzione dei
‘muretti a secco’ nella lista degli “elementi
immateriali” dichiarati Patrimonio dell’umanità.
Dopo la delibera favorevole, il Ministro delle politiche agricole e del turismo, Gian Marco Centinaio ha affermato che il riconoscimento “conferma ancora una volta gli alti valori del lavoro agricolo, che ora entrano di diritto a far parte integrante del patrimonio culturale dei popoli”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la Coldiretti, che ha dichiarato che “è stato finalmente riconosciuto il lavoro di generazioni di agricoltori, impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe”.
Dopo la delibera favorevole, il Ministro delle politiche agricole e del turismo, Gian Marco Centinaio ha affermato che il riconoscimento “conferma ancora una volta gli alti valori del lavoro agricolo, che ora entrano di diritto a far parte integrante del patrimonio culturale dei popoli”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la Coldiretti, che ha dichiarato che “è stato finalmente riconosciuto il lavoro di generazioni di agricoltori, impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe”.
In Italia la
costruzione dei muri a secco nelle campagne non è mai cessata: essa continua, anche se lentamente, oggi
come ieri; oltre che in Sardegna altre numerose Regioni continuano a praticare
questa antica tecnica, tra cui Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Lombardia,
Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia
Giulia, Toscana, Lazio.
L’Unesco nella
motivazione di accoglimento “dell’arte del ‘Dry stone walling’, ovvero della tecnica
che consente di ‘costruire a secco’, utilizzando in modo sapiente le pietre
incastrandole una sull’altra senza usare alcun altro elemento legante, tranne,
a volte un po' di terra secca, ha scritto che questi muretti “sono sempre fatti in perfetta
armonia con l’ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra
l’uomo e la natura”.
In Sardegna, terra dove certo le pietre non mancano, quest'arte ha raggiunto tecniche d'eccellenza ed è tuttora praticata (anche se i maestri in queste costruzioni sono sempre
più rari). La costruzione di questi muri ha una funzione essenziale, in quanto essi ssono in grado di arginare il dilavamento dei terreni collinari, combattono efficacemente
anche l’erosione e spesso anche la desertificazione delle terre, migliorando la
biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche possibili nell’utilizzo
agricolo del suolo. Per noi sardi questi muretti fanno anche parte del patrimonio dei ricordi: a volte pure poco
felici, se pensiamo che, in particolare in passato, hanno costituito riparo agli autori delle vendette e delle faide! Senza dimentzicare il triste periodo dell'entrata in vigore della così detta “Legge delle chiudende”, quando furono
costruiti in fretta e furia tutta una serie di muri a secco, edificati per conto dei ceti più abbienti, per recintare a loro favore grandi quantità di terra. Fu in questo modo che nacquero i latifondi e fu annientato il vasto patrimonio terriero prima pubblico.
Cari amici, purtroppo però questa nobile arte costruttiva potrebbe presto scomparire; come sta avvenendo anche per altre preziose
antiche arti (come quella dell'intreccio), alla base delle quali è necessaria una eccellente manualità, anche l’antica arte costruttiva dei muretti a secco langue per
la mancata trasmissione ai giovani da parte dei pochi, validi artigiani rimasti. Per tamponare questa carenza sarebbe utile e
necessario incentivare l’apprendistato dei giovani con apposite scuole progessionali, che potrebbero ricevere i
segreti di quest’arte dai pochi anziani ancora in grado di praticarla.
Cari amici, chi mi
legge abitualmente su questo blog sa come la penso: il futuro non può
prescindere dall’attingere dal presente e dal passato, in quanto il domani e l’oggi, per
essere al passo coi tempi, debbono necessariamente affondare le radici nel
passato. Sarebbe davvero un peccato se i nostri figli e i nostri nipoti non
potessero più vedere all’opera gli artisti di questi muretti, facendo diventare
quest’arte solo un ricordo. Sarebbe proprio triste se le nuove generazioni,
osservando la bellezza, la solidità e la sensazione di forte protezione data da certe
costruzioni antichissime, ancora perfettamente solide dopo migliaia di anni seppure costruite a
secco come i Nuraghi, le tombe dei giganti e i potenti
muri a protezione, resi ancora più forti e colorati dai rossi licheni che li
ricoprono con amore, dovessero esclamare, con grande tristezza e nostalgia, “c’era una volta”, come nelle favole.
Dobbiamo fare di tutto perchè la nostra bella e
magica Sardegna possa continuare a mantenere tutte le sue tradizioni, perché la nostra Isola è, e
deve sempre restare, una terra unica al mondo!
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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