Oristano
11 Marzo 2018
Cari amici,
Nella bella serie di
incontri formativi e informativi messi in cantiere dagli “Amici del Romanico”,
Venerdì 9 Marzo presso il Museo Diocesano di Oristano, Maura Falchi e Silvia
Oppo hanno affrontato un tema che ai più sfugge: quello delle modalità costruttive
delle belle e gradi opere romaniche che ancora oggi, a molti secoli di distanza, possiamo
ammirare conservate in modo magnifico. Eppure in quei lontani secoli medioevali (spesso definiti
per molti motivi ‘secoli bui’) i costruttori non erano certo in possesso della tecnologia
di cui noi oggi facilmente disponiamo. Ammirando queste opere restiamo
a dir poco estasiati, folgorati dalla loro magnificenza, senza pensare però, alle tecniche costruttive adottate.
A colmare questa nostra lacuna ci ha pensato la bella conferenza di Maura Falchi e Silvia Oppo, validi, moderni architetti. Per facilitare e
migliorare la comprensione del pubblico, la relazione era divisa in 2 fasi: la prima, gestita da Maura Falchi,
che, partendo dalle notizie storiche, introduceva alla conoscenza delle capacità edificatorie dell’epoca e all'organizzazione del lavoro, mentre
la seconda era inerente le caratteristiche costruttive adottate per la realizzazione.
Maura ha esordito dicendo che in un’epoca in cui nelle città e nei villaggi, spesso poveri e con caratteristiche costruttive elementari e non certo sfarzose, gli edifici di culto rappresentavano invece la bella casa comune,quella di rappresentanza della Comunità. Monumentali e prestigiose costruzioni che costituivano il fulcro di ogni centro urbano: insomma, la casa di tutti, il cuore pulsante di quella Comunità. Per questo motivo questo luogo doveva esibire, anche nei confronti dei visitatori forestieri, la massima grandezza e magnificenza. Ancora oggi possiamo ammirare il prodotto finale del grande sforzo costruttivo effettuato: solide e belle basiliche con all'interno cesellature e preziosità straordinarie, che si sono potute trasmettere alle generazioni future, mettendo in evidenza le grandi capacità e competenze degli artigiani-artisti dell'epoca.
Maura ha esordito dicendo che in un’epoca in cui nelle città e nei villaggi, spesso poveri e con caratteristiche costruttive elementari e non certo sfarzose, gli edifici di culto rappresentavano invece la bella casa comune,quella di rappresentanza della Comunità. Monumentali e prestigiose costruzioni che costituivano il fulcro di ogni centro urbano: insomma, la casa di tutti, il cuore pulsante di quella Comunità. Per questo motivo questo luogo doveva esibire, anche nei confronti dei visitatori forestieri, la massima grandezza e magnificenza. Ancora oggi possiamo ammirare il prodotto finale del grande sforzo costruttivo effettuato: solide e belle basiliche con all'interno cesellature e preziosità straordinarie, che si sono potute trasmettere alle generazioni future, mettendo in evidenza le grandi capacità e competenze degli artigiani-artisti dell'epoca.
Osservando piacevolmente
queste opere, però, nascono spontanee delle domande alquanto intriganti: in che
modo questi nostri antenati hanno potuto, con gli scarsi mezzi dell’epoca,
realizzare costruzioni così grandi e sfarzose, dalle altezze mirabolanti, con bassorilievi,
sculture, affreschi, colonne, capitelli finemente lavorati e cesellati, con una
perfetta suddivisione degli spazi architettonici da far invidia a migliori
ingegneri e architetti di oggi? La risposta non è semplice, anzi abbastanza
complessa.
L'architettura romanica
si diffonde in Europa nell'XI e XII secolo. Per realizzare quelle magnifiche opere
che noi oggi possiamo ammirare, per l’epoca particolarmente impegnative, venivano
create delle squadre, composte da validi artigiani specializzati nelle diverse
branche: abili maestranze edili, taglialegna, falegnami, trasportatori, ferrai,
fonditori di campane, pittori e vetrai, tanto per citare le categorie più note;
gruppi di lavoro sapientemente guidati da abili maestri d’arte (in realtà
corrispondenti agli ingegneri e architetti di oggi), e finanziati da ricchi ‘committenti’,
privati o pubblici. Considerata poi la sacralità della costruzione da
realizzare, ulteriori aiuti provenivano da tutta la Comunità, che si adoperava
per prestare il proprio aiuto alla realizzazione.
Una dei falsi miti da
sfatare è proprio quello che il periodo medioevale sia stato un secolo oscuro,
privo di dinamismo; l'analisi che possiamo fare oggi dimostra inequivocabilmente che
i capolavori allora realizzati, e che noi nel millennio in corso possiamo ammirare, dimostrano tutto il contrario! La
complessità della costruzione di edifici così grandi e diversamente
strutturati, presupponeva senza ombra di dubbio l’esistenza di maestranze particolarmente abili, con
figure professionali di alto spessore, sia degli esecutori (artigiani delle più diverse branche) che dei maestri di
progettazione e direzione dei lavori. Come ha precisato Maura nella sua bella
relazione, l’architetto dell’epoca, il Magister aedificator fabricator era
davvero un tecnico qualificato, un vero artista illuminato, di competenza pari ai professionisti di oggi.
Certo, noi non disponiamo degli
studi e dei disegni dell’epoca, ma da quanto realizzato è possibile affermare che le
varie competenze tecniche esistevano eccome, anche se trasmesse per via orale! L’analfabetismo era ampiamente diffuso, tuttavia esistevano già nell’XI°
secolo abili costruttori che sapevano leggere e scrivere, conoscevano molto bene la
geometria e sapevano disegnare validi progetti in scala. I progetti scritti li abbiamo rinvenuti risalenti solo al Trecento, ma certamente esistevano, anche se in forma primitiva anche prima, considerati i capolavori realizzati.
Dopo l’arch. Maura Falchi ha preso la parola l’arch. Silvia Oppo. Il suo intervento ha riguardato, invece, tutta la serie degli elementi costruttivi usati, le loro caratteristiche, la liturgica disposizione degli spazi negli edifici realizzati.
Dopo l’arch. Maura Falchi ha preso la parola l’arch. Silvia Oppo. Il suo intervento ha riguardato, invece, tutta la serie degli elementi costruttivi usati, le loro caratteristiche, la liturgica disposizione degli spazi negli edifici realizzati.
Ha iniziato mostrando i
diversi tipi di “piante” delle chiese romaniche (a croce latina, a croce greca
e a croce commissa), ha parlato della disposizione delle colonne, delle navate (variabili da
una a 3) e delle coperture, passate dal legno (pericoloso per gli incendi) a
quelle in muratura. Silvia ha ben evidenziato anche il posizionamento degli spazi liturgici, l'ubicazione e la funzione dell’abside
e dell’ambone, la posizione, il tipo e la funzione dell’altare (a cofano, blocco o sarcofago); l'esposizione ha messo in luce anche
la funzione degli archi portanti utilizzati (di tipo diverso, a seconda delle necessità: da quello a tutto sesto a
quello rampante) e quella del battistero.
Silvia ha poi parlato, aiutandosi anch'essa con un Power Point, dei vari tipi di facciate, dei diversi tipo di finestre (monofore, bifore, trifore), fonte del passaggio della luce esterna che illumina l'edificio, dei vari tipi di campanile e delle molte altre parti che, tutte insieme, formano quell'Unicum qual'è un funzionale edificio religioso.
Silvia ha poi parlato, aiutandosi anch'essa con un Power Point, dei vari tipi di facciate, dei diversi tipo di finestre (monofore, bifore, trifore), fonte del passaggio della luce esterna che illumina l'edificio, dei vari tipi di campanile e delle molte altre parti che, tutte insieme, formano quell'Unicum qual'è un funzionale edificio religioso.
Un pubblico attento
ha seguito con molto interesse le relazioni, incantato in particolare dalla bellezza delle straordinarie
realizzazioni proiettate sullo schermo e solo in parte conosciute; dei capitelli per esempio, posti tra la colonna e l’arco, spesso
recuperati da costruzioni più antiche (come possiamo constatare anche noi nella
bella basilica di Santa Giusta), alle splendide facciate e ai magnifici interni. Ha incuriosito molto il pubblico presente anche
l’esistenza e l’utilizzo della cripta, luogo nascosto posto sotto il livello
dell’altare, nato per custodire le reliquie dei santi e dei martiri. Una bella
serie di foto ha infatti corredato sia la relazione di Maura che quella di Silvia, perché anche il
supporto visivo riesce a dare completamento alla tecnica delle parole.
Una bella carrellata di foto che rappresentavano magnifiche
facciate, edicole, deambulatori, cuspidi, contrafforti, chiavi di volta, catini
absidali, fregi, lanterne, lesene e paraste, pergami e portali, oltre a campate
e capriate, hanno accompagnato la bella conferenza, contribuendo a tenere alta l’attenzione
dell’uditorio. Insomma, la serata del 9 Marzo al Museo Diocesano, amici, è stata una full
immersion di grande interesse, per conoscere almeno un po' quel “mondo costruttivo” antico, particolarmente abile e sfizioso, che ancora oggi ci consente di ammirare, con ancora maggior piacere, uno stile straordinaia quel'è il Romanico!
Un sincero grazie agli
Amici del Romanico, per queste belle iniziative di conoscenza, e in particolare
a Maura Falchi e Silvia Oppo, architetti del Terzo Millennio, ovvero moderne “Magister
aedificator”, con il Medioevo nel cuore!
A domani.
Mario
1 commento:
Complimenti!
Annalisa
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