Oristano
16 Settembre 2016,
Cari amici,
Il mese di Settembre,
nella tradizione agro-pastorale, è sempre stato chiamato Cabudanni, dal latino Caput anni, ossia capodanno, perché era a Settembre
che cominciava il nuovo anno agro-pastorale. Era in quel mese che si onoravano i
vecchi patti agrari venuti a scadenza e se ne stringevano di nuovi, tra
i proprietari agricoli e i mezzadri, ad esempio. Oristano non faceva certo
eccezione, con le sue fertili pianure e gli allevamenti e le coltivazioni nei terreni collinari circostanti, sia verso il Montiferru che
verso la Marmilla.
La data stabilita era quella del
14 di Settembre: un appuntamento talmente importante da non poter essere
dimenticato: perché univa, in un connubio forte, la fede religiosa e la
tradizione laica. L’abbinamento trai due poli, laico e religioso, era
costituito dalla festività di Santa Croce, che celebrava, il 14, sia la
solennità dell’Esaltazione della Santa Croce, che “l’impegno di onorare i Patti
agrari”. La festa, che ha sempre visto una grande partecipazione popolare, ha
attraversato i secoli, calamitando ancora oggi, nonostante la scomparsa della
civiltà contadina, un interesse capace di richiamare giovani e meno giovani. E’ il perpetuarsi di
un antico rito, che ad Oristano per secoli ha visto protagonista la Chiesa di
S. Francesco e le sue immediate vicinanze, per quanto riguardava la festa
popolare.
La ricorrenza del 14
Settembre era diventata talmente importante da essere ufficialmente
riconosciuta anche nello Statuto del Comune di Oristano, che considerava questa
ricorrenza la “Festa Manna” della Città. Ebbene, nonostante il trascorrere del
tempo, anche in questo 2016 una numerosa folla ha voluto prendere parte a
questa festa religiosa “del ringraziamento” a Dio per i doni concessi, anche
se ora i festeggiamenti laici si sono ridotti di molto
rispetto al passato, quando ai tempi della civiltà contadina i ‘patti agrari’
costituivano il vero “Jobs Act” dell’epoca.
La scelta della Chiesa
di San Francesco per i festeggiamenti fu sicuramente derivata dal fatto che
proprio in questa Chiesa è conservato il famoso e venerato “Crocifisso di
Nicodemo” (detto anche dei miracoli), una pregiata ed antica scultura in legno
risalente al XIV secolo. Questo crocifisso (2,30 x 1,95m) in stile gotico,
considerata la tragica espressione, risulta particolarmente suggestivo per il
simbolismo e per i tratti somatici rappresentati, il cui modello deriverebbe
dal prototipo esistente nella Cattedrale di Perpignano (1307), del quale
conserva la policromia originaria.
Anticamente, la festa
era preparata per tempo: diversi giorni prima del 14 di Settembre, una marea di
allevatori e agricoltori, provenienti da tutto il circondario, si riversava ad
Oristano. Nei primi tempi contadini e allevatori si stabilivano negli spazi
intorno alla Chiesa di S. Francesco, successivamente (dal 1874) si trasferirono
nella storica “Pratza de’is bois”, dove era stato predisposto un grande spazio
dedicato all’allora fiorente mercato del bestiame. Qui agricoltori e allevatori
di ogni parte dell’Isola trascorrevano intere giornate, tra incontri d’affari e
pantagrueliche mangiate e bevute, in grande festa e allegria. Oggi la festa,
pur scarna di festeggiamenti civili, ha mantenuto la sua forza religiosa, fortemente radicata negli oristanesi grazie
soprattutto all’incessante azione dei Frati Minori Conventuali e della Comunità
religiosa diocesana.
Anche quest’anno,
dunque, la festa religiosa è stata preparata con grande attenzione e partecipata con vera devozione.
La Chiesa di San Francesco, adornata a festa, è apparsa agli oristanesi più
bella del solito: dotata, finalmente, anche dello scivolo per l’accesso ai
disabili di recente realizzazione. Dopo la conclusione del triduo, il 14 si è
dato il via alle celebrazioni solenni, culminate con la S. Messa delle 11,00
(celebrata dal Ministro Provinciale Padre Salvatore Sanna), la processione nel
pomeriggio alle ore 18,00 e, al termine, alle 19,00, la S: Messa solenne
concelebrata dal nostro Arcivescovo, Mons. Ignazio Sanna, e animata dal Coro
Città di Oristano, diretto dal M° Massimo Dotto.
Grande la
partecipazione popolare, con numerose autorità presenti. Nell’Omelia Mons.
Sanna, dopo aver ringraziato i partecipanti, a partire dalle autorità, ha toccato il tema
dell’onnipotenza di Dio. “Dopo la tragedia del terremoto che ha devastato le
regioni dell’Italia Centrale – ha detto - si è sentito spesso ripetere la
domanda “dov’è Dio dinanzi a tanto male, a tanto dolore, a tanta distruzione
materiale e spirituale”? E’ questa una delle domande che molto spesso vengono rivolte
a Dio ed è diventata tristemente famosa dopo la tragedia del genocidio ebraico,
secondo il quale, dopo Auschwitz, Dio non sarebbe più l’Onnipotente. Eppure, ha
detto l’Arcivescovo, “Dio ha parlato molte volte e in diversi modi”, ma i suoi
insegnamenti sono stati troppo spesso disattesi.
Rivolgere queste
domande a Dio è uno dei tanti modi per eludere le vere responsabilità
dell’uomo, che avrebbe dovuto, invece, interrogarsi, chiedersi il perché delle
tante gravi responsabilità da lui messe in atto: l’aver ricostruito le case
senza il rispetto delle norme antisismiche, aver fatto soldi sulle disgrazie
altrui, aver corrotto le Amministrazioni per ottenere appalti truccati, fatto
profitti a tutti i costi senza il rispetto dell’ambiente e della sicurezza dei
cittadini. Facile dare, di tutte le sue omissioni, le colpe a Dio.
Eppure, ha continuato
Mons. Sanna, una risposta a queste domande retoriche la possiamo trovare anche
nei recenti fatti del sisma. C’è in immagine difficile da dimenticare: quella
d’un Cristo che pende sulla parete d’una casa distrutta ma che resta quasi
miracolosamente avvinghiato alla sua croce; è il Crocifisso pieno di polvere,
recuperato nella Chiesa di Pescara del Tronto, che è stato appeso sul muro
della palestra dove si sono svolti i funerali delle vittime del terremoto.
L’immagine ci conferma che Dio, oggi come ieri, è sempre sulla croce: per noi e
per la nostra salvezza, e che mai ci abbandonerà. Dio è morto per noi, per salvarci,
per redimerci e portarci a ‘vita nuova’, per farci risorgere, come Lui è
risorto.
La conclusione
dell’omelia dell'Arcivescovo è stata: “possa la contemplazione della croce risvegliare la nostra
fede e la nostra fiducia in Dio. Poi, usando le parole di Madre Teresa di
Calcutta, oggi Santa, ha detto: “Solo chi sa amare sa soffrire. E solo chi sa
soffrire sa amare!”. Al termine della S. Messa il saluto ed il ringraziamento
del Provinciale dei Francescani, Padre Salvatore Sanna.
Cari amici, mi auguro
che questa bella tradizione del 14 Settembre, continui, anzi possibilmente
ritorni anche al vecchio fascino laico del passato, perché l’uomo avrà sempre più bisogno di quel Dio
che spesso ignora, ma anche della fratellanza con gli altri, per vivere in pace e serenità.
A domani.
Mario
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