lunedì, maggio 11, 2015

POLITICHE PUBBLICHE: LA COMPLESSITÀ DELLA GOVERNANCE. QUANDO I LIMITI DELLA DEMOCRAZIA, EVIDENZIANO UNA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA.



Oristano 11 Maggio 2015
Cari amici,
la recente approvazione della nuova legge elettorale ha evidenziato, in modo forte e chiaro, che tra maggioranza (spesso risicata) e opposizione non corre proprio buon sangue. Dopo anni di un tira e molla che certo non poteva continuare in eterno, si è arrivati ad approvare una legge che consente al partito che vincerà le elezioni di governare senza problematiche per l’intera legislatura. Ovvero, un partito che raggiunge il 40% dei voti, amministrerà la nazione per tutta la durata del mandato. C’è un cosa da non sottovalutare: poiché va a votare circa la metà dell’elettorato, in pratica chi governa rappresenta il 20% del corpo elettorale, perchè il 40% della metà vale un 20% del tutto! Sotto certi aspetti questo è un fatto epocale, che cambierà certamente le vecchie regole della democrazia in Italia.

Senza stare a ripercorrere i sentieri tormentati in cui l’approvazione di questa legge è passata, certamente un’approvazione senza confronto in aula, senza il dibattito con le varie minoranze (sia dei partiti al governo che di quelli all’opposizione), fa pensare ad un futuro legislativo ambiguo e potenzialmente pericoloso. Il rischio maggiore, oserei dire fondamentale di ogni ordinamento democratico, è che la maggioranza finisca per annullare, per schiacciare le minoranze, con la conseguenza del così detto “uomo solo al comando”, che porterebbe la democrazia a sconfinare nel bonapartismo. Nel corso dei millenni l’uomo ha sperimentato tanti regimi: da quelli assolutamente dittatoriali a quelli imperiali e aristocratici, da quelli connotati dal così detto potere del popolo (altra forma di dittatura) alle recenti democrazie, più o meno elitarie.
Non sono un sociologo e neppure un politologo (anche se qualche laurea la possiedo: sia in Comunicazione che in Politiche Pubbliche e Governance), per disquisire con  vera competenza su un campo così difficile qual è la gestione del governo delle nazioni,  più nota come Governance, ma ritengo di poter fare con Voi che mi leggete una seria riflessione su quanto oggi accade, in campo politico e di governo, in Italia. Se partiamo dal concetto generale di Democrazia, la prima affermazione che possiamo fare (per prendere qualsiasi decisione) è che  è necessario stabilire chi è Favorevole e chi è Contrario. Se la maggioranza è quella dei favorevoli il provvedimento andrà in porto, altrimenti, in caso contrario, non se ne fa niente.
Da questa regola generale sono scaturite mille variabili, in cui i grandi studiosi da Tocqueville a Madison, da Bobbio a Schumpeter, per citarne solo alcuni, hanno ribadito che però la regola generale sul potere della maggioranza ha mille eccezioni, che in qualche modo deve tener conto anche della minoranza. In tempi come quelli che stiamo vivendo, dove il diritto di voto (pur essendo un diritto-dovere) non è esercitato che da una scarsa metà dell’elettorato, spesso chi governa, lo fa con una percentuale di voti vicina al 20% dei potenziali votanti, diventando, come diceva  Schumpeter, “quel regime nel quale una squadra di élite politiche ha conquistato, ovvero ottenuto dall'elettorato in una libera competizione il potere di decidere per un periodo di tempo limitato al mandato che ha avuto”.
Se è vero, come è vero, che nella regola centrale della democrazia le decisioni vengono prese a maggioranza (dei votanti in questo caso), la squadra deputata a governare è quella che ha il potere totale di decidere, nonostante “gli altri”. Proprio per questo, la regola generale della maggioranza in democrazia, dovrebbe essere sempre oggetto di grande riflessione. Il rischio vero è che, da parte di chi vince, si attui quella che viene definita non più democrazia ma dittatura. Il nostro grande politologo N. Bobbio, nei suoi studi politici, affermava con convinzione che la regola della maggioranza deve essere applicata sempre con cautela. Regola che deve, comunque e sempre, avere dei limiti invalicabili. Non è mai democratico utilizzare qualsiasi regola di maggioranza per privare le minoranze dei loro diritti, spesso giustamente definiti inalienabili, né in particolare della possibilità di diventare a loro volta maggioranza.
Soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, la democrazia è praticamente passata di mano: la volontà popolare è stata lentamente ma inesorabilmente privata del suo potere reale (a candidarsi praticamente erano solo i rappresentanti delle élite), vanificando quello straordinario potere qual è il voto degli elettori. Partiti, sindacati, aggregazioni di potere hanno monopolizzato, con i più svariati mezzi,  quel “libero potere”.
Secondo Vilfredo Pareto, economista e sociologo italiano degli inizi del secolo scorso, le élite si distinguono in leoni, cioè quelli che usano la forza e la coercizione per governare, e in volpi, che viceversa usano la persuasione e il mascheramento e sono quelle che per tale motivo sono destinate a durare più a lungo.
Il conflitto fra le diverse “élite” ha fatto sì che per molti anni l’una abbia sbarrato l’altra, ed ecco perché, tornando alla recente legge elettorale, si è continuato ad andare a votare con una legge notoriamente sbagliata e pertanto definita un porcellum, senza trovare soluzione per modificarla. Anche nei recenti accordi, sia sottobanco che alla luce del sole, sia gli artifizi che le lotte tra fazioni, di certo non sono mancate: non pochi  codicilli, una volta aggiunti e un'altra tolti, hanno cercato di creare le condizioni atte a favorire una parte anziché l’altra. Si, perché nelle democrazie consolidate come la nostra,  nello stilare la nuova legge che avrebbe dovuto mettere l’elettore in grado di esprimere al meglio le sue scelte, più che tutelare la sua più ampia libertà di espressione (come le preferenze), si è cercato di favorire le élite dei partiti (con i capilista bloccati), vanificando così la libera scelta del voto popolare.
Cari amici, se accettiamo il principio che la democrazia è anche mediazione costante, è anche vero che il risultato ottenuto non è mai il migliore ma quello che, bene o male, accontenta un po’ tutti; se la politica non ritroverà presto il modo giusto per “rivalutare la dignità e la libertà del voto”, convincendo i tanti che ormai non votano più perché considerano il voto inutile e ridando dignità alla loro libera volontà di scelta, ricostituendo il loro potere di espressione, la vera democrazia potrà considerarsi finita. Della democrazia, intesa come reale potere del popolo, resterà solo il nome, perché di fatto, in realtà, a decidere sarà solo una “Dittatura elitaria”, con l’unica differenza che potrà essere di Leoni o di Lupi! Ovviamente camuffati da agnelli...
A domani.
Mario

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