Oristano
15 Maggio 2015
Cari amici,
l’amicizia è quello straordinario dono
di Dio capace non solo di farti sentire la concreta e tangibile capacità di
vivere insieme nella Comunità umana, ma anche di darti costantemente la
certezza che la vita umana vale la pena di essere sempre vissuta: amando e
non odiando, sgombrando il campo dall’egoismo e dall’individualismo,
abbracciando e non respingendo il fratello.
L’amicizia è un gioiello raro e
prezioso. Si dice che chi ha un amico
vero, possiede un grande tesoro, ed io credo di poter confermare, per
averlo toccato con mano, questo detto comune.
Ho fatto questa introduzione per
parlarvi oggi della recente perdita di una caro amico: Mario Muscas. Di Lui ho
avuto occasione di scrivere anche nel mio ultimo libro “Tracce, orme fragili nel cammino della vita”, ricordando un
episodio di cui io e lui siamo stati protagonisti. Oggi voglio ricordarlo a
Voi, riportando quanto scrissi, e aggiungendo un pensiero recente dell’amico
comune Beppe Meloni, che lo conobbe diversi anni prima di me. Ecco i nostri
pensieri su Mario.
UN
IRONICO QUANTO ESPERTO OCULISTA
(di
Mario Virdis, dal libro “Tracce…)
Il
suo carattere ancora oggi non è certo dei migliori! Mario Muscas è un uomo
senza peli sulla lingua. Franco, poco diplomatico, capace di dirti in faccia
ciò che pensa senza pensarci un momento, anche quando sa che ti fa male: forse
potrebbe, o dovrebbe essere, meno brutale! La mia amicizia con Lui, oltre che con
la moglie Bianca e con la figlia Adriana, si è consolidata nel tempo, anche per
il fatto che siamo entrambi soci del Rotary club di Oristano: Lui, socio
fondatore (il club è nato nel 1967), io entrato a farne parte oltre vent’anni
fa, nel 1992. Anche Adriana è successivamente entrata nel club Rotary di
Oristano, presentata da me, qualche anno fa.
La
conoscenza da parte mia di Mario, come professionista, risale a molti anni
prima del mio ingresso nel Rotary: lo conobbi, infatti, nel 1980. Mario era
allora uno degli oculisti più affermati ad Oristano, con studio e abitazione in
Piazzetta Corrias. L‘occasione per conoscerlo dal punto di vista professionale
mi fu data da un particolare quanto improvviso incidente capitato al mio occhio
destro, che fortunatamente non ebbe gravi conseguenze.
Era
un sabato di fine agosto del 1980. Io abitavo allora con la famiglia nella casa
di Norbello, che avevo appena ristrutturato ed ampliato proprio a fianco a
quella dei miei suoceri. Decisione, quella di mettere su casa a Norbello,
derivata dal mio “nomadismo”, in quanto per il mio lavoro bancario ero soggetto
a frequenti cambi di residenza. In quel periodo, infatti, pur abitando ad Ales
con la famiglia, dirigevo l’agenzia del
Banco a Fonni. Stabilire la famiglia a Norbello mi consentiva una certa
tranquillità, in quanto almeno mia moglie poteva stare vicina alla sua
famiglia.
Una
sera di Sabato, il nostro gruppetto familiare si trovava nel cortile della
casa; tutti collaboravano alla sistemazione del giardino: anziani e giovani, tra
cui i nipotini, figli di mia cognata. Il lavoro consisteva nella sistemazione del
cortile, mettendo a dimora delle piante. Una volta messe a dimora le piante
bisognava affiancare ad ognuna di esse un sostegno con delle robuste canne. Il
lavoro procedeva alacremente. Esaurite le canne del primo fascio (queste erano
strettamente legate con del robusto fil di ferro) ci accingevamo ad aprire il
secondo fascio. Uno dei ragazzi andò a prendere le pinze per tagliare il fil di
ferro che le legava e me le porse; io,
chinatomi per tagliare con le pinze il filo metallico, mentre cercavo di
romperlo lo sentii spezzarsi, forse per la forte pressione esercitata: lo
scatto violento verso l’alto fatto dal filo mi colpì di striscio sull’occhio
destro. Sentii un dolore fortissimo e istintivamente portai la mano
sull’occhio: quando la ritrassi era insanguinata. Figuratevi lo spavento mio e dei
presenti: chi urlava, chi diceva chiamate il medico, chi piangeva. Io, pur con
il dolore forte all’occhio, capii che poteva essere un problema importante e
dissi che era necessario andare subito da un oculista.
Era
di sabato e, mentre guidavo l’auto con l’occhio socchiuso, pensai che avrei
provato a contattare proprio il dottor Muscas, che conoscevo di vista e,
soprattutto, sapevo dove aveva casa e studio. Speravo, essendo Sabato, che non
fosse fuori città. Per mia fortuna non solo lo trovai a casa ma non fece neppure
storie, quando gli chiesi di visitarmi urgentemente per l’incidente avuto.
Mario era si un po’ orso, ma nella professione non si tirava mai indietro!
Nello studio mi fece sdraiare in poltrona, si mise il camice e iniziò a
visitarmi. Sul momento non disse nulla; lo sentivo toccare le palpebre,
inumidire l’occhio con dei liquidi che mi prudevano un po’, poi armeggiare
nell’occhio. Alla fine, dopo aver disinfettato la ferita, mise sull’occhio una
pomata in gel e mi bendò l’occhio. A lavoro finito con quel suo tono, sempre
tra il serio e l’ironico, mi disse: “l’hai proprio scampata bella sai? Il fil
di ferro ha lacerato solo il primo strato del bulbo oculare, se avesse aperto
anche l’altro strato sottostante ora il tuo occhio destro non esisterebbe più,
sgonfiato come un palloncino! Sei una persona fortunata: l’incidente non avrà
conseguenze, neanche sulla vista. In pochi giorni potrai riprendere la normale
attività”.
Lo
osservai con l’unico occhio libero e, commosso, lo ringraziai. Prima di congedarmi,
però, non rinunciò ad apostrofarmi con un’altra delle Sue battute, frutto della
sua sottile ironia. Salutandomi mi disse: “Poiché tra pochi giorni è la festa
della Madonna del Rimedio, vai a ringraziarla, credo che tu glielo debba, per
lo scampato pericolo. Anzi, credo che ti
convenga farlo tutti gli anni.” Io annuii senza aggiungere altro. Ero felice e
allo stesso confuso per lo scampato pericolo, ma apprezzavo soprattutto la sua
cortesia e la disponibilità, mai disgiunte dalla sua forte ironia. Sotto la sua
proverbiale quanto ruvida scorza si celava in Mario un uomo buono, non solo
serio e capace professionista, ma anche di grande disponibilità e servizio. Il
mio incidente non ebbe conseguenze, come da Lui preventivato. Non sottovalutai
neanche il suo ironico suggerimento, datomi in quel particolare momento. Andai
davvero qualche giorno dopo alla Basilica del Rimedio a ringraziare la Madonna.
Anzi, da quell’anno, cerco tutti gli anni di non saltare l’impegno: Lei, la
Madonna, è sempre lì a ricordarci che ci ama sempre, anche quando noi ci
dimentichiamo di Lei.
Per
anni non ci incontrammo spesso. Quando nel 1992 entrai nel Rotary di Oristano
ci ritrovammo soci dello stesso club. Mario era solo un po’ invecchiato ma
l’ironia no, quella era più arguta e fresca di prima. La moglie Bianca, invece,
fatta di tutt’altra pasta, non gli assomiglia proprio: dolce, affettuosa, è una
persona solare, che si occupava e si occupa tutt’ora di UNICEF, da una vita!
Della figlia Adriana, che conosco e frequento da quando eravamo ragazzi
(consumando nelle innumerevoli “vasche”, le mattonelline grigie della “Via
Dritta”), e che oggi è un valente medico chirurgo, oltre che splendida atleta,
posso dirvi solo che è un misto dei caratteri paterno e materno. Insomma una miscela
che, all’occorrenza, può diventare esplosiva!
Insomma
è proprio vero: Buon sangue non mente!
CIAO MARIO, MIO VECCHIO
ISTITUTORE.
(di Beppe Meloni)
Dopo
aver superato brillantemente il traguardo dei novanta, una calda domenica di Maggio
si porta via Mario Muscas, amico di una vita, medico oculista, lussurgese doc,
decano della classe medica arborense. A Mario si accompagna una parte
significativa della mia difficile adolescenza, vissuta in quella lontanissima
Sassari primi anni Quaranta, tra il fascismo e la guerra, nelle gelide aule del
Convitto Canopoleno. L’antico collegio gesuitico di via S.Caterina numero 5,
fondato nel lontano 1612 da Antonio Canopolo, un sassarese illustre, per
trent’anni arcivescovo della terra d’Arborea.
Mario
è stato uno dei miei primi “istitutori”. E in precedenza compagno di squadra di
un mio fratello maggiore, Carlo. Andato a morire ventenne, volontario
universitario nel 79° Reggimento Fanteria “Pasubio” sulla steppa russa, nella
tragica ritirata sul Don del gennaio 1942. Dopo la laurea in Medicina e
specializzazione in Oculistica all’ateneo turritano (scuola Venturi-Focosi,
come ha ricordato Sandro Ladu, amico fraterno di Mario) Mario e Bianca, giovani
sposi, sono sbarcati a Oristano nei primi anni Cinquanta, rafforzando le fila
di quei sassaresi che hanno fatto onore alla città di Eleonora.
Qualche
anno fa mi raccontavano di essere andati a visitare l’antico collegio, trasformato
in una grande pinacoteca. Frugando tra i ricordi giovanili, Mario era riuscito
a ritrovare, ai piani alti delle vecchie camerate, un passaggio segreto, che
lui e altri convittori utilizzavano spesso per le scorribande notturne fra i
vicoli della città vecchia.
^^^^^^
Grazie
Mario, di quello che hai rappresentato per tutti noi! Il Tuo ricordo non
svanirà!
Mario Virdis
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