Oristano
16 Maggio 2015
Cari amici,
se c’è un mestiere che
non è facile da imparare, è proprio quello di genitore. Si possono leggere
tonnellate di libri, consultare psicologi e psicanalisti, provare a sfruttare l’esperienza
degli amici, ma non si riuscirà mai a raggiungere uno stadio che possa darti la
certezza che stai facendo bene. Un saggio dei tempi che furono sosteneva che la perfezione non è di questo mondo, per
cui l’importante è cercare di mettercela tutta, anche se ogni giorno ci vengono
mille dubbi sul nostro comportamento: quotidianamente angosciati da una certa “ansia
da prestazione”, che ci fa sentire inadatti al ruolo.
Essere genitori è una vera partita a scacchi! Un continuo
percorso ad ostacoli, a volte inimmaginabili, perché crescere i figli vuol dire
innanzitutto educare. Ma come svolgere questo ruolo nel modo migliore? L’angoscia
maggiore è quella di capire subito come sia meglio agire, trovare sempre la
giusta soluzione. Il dubbio più grande riguarda le due variabili: comportarsi con
indulgenza o con severità? Difficile dare una risposta certa. Thomas Gordon, psicologo clinico,
fondatore e presidente dell' Effectiveness Training Association, un Istituto
che realizza programmi di training per genitori ed educatori in tutto il mondo,
nel suo libro che si intitola "Né
con le buone né con le cattive", ribadisce che entrambi i metodi (indulgenza
o severità) risultano inefficaci, perché la strada da percorrere è un' altra; i
genitori, partendo dalla considerazione che i bambini sono persone, non pupazzi, debbono trovare delle “soluzioni mediate”,
che non lascino sul campo di battaglia ne vinti ne vincitori.
Questo significa che i
genitori non possono e non debbono essere ‘totalmente’ né autoritari né
permissivi, né severi né indulgenti. Che non vuol dire comportarsi con severità
moderata o indulgenza moderata, cioè porsi più o meno al centro di una
metaforica scala, ma - come dice Gordon - «L' alternativa è non collocarsi affatto su
questa scala!». Semplice a dirlo, ma come si fa? Lo scrittore, però, afferma
di aver identificato «gli ingredienti principali di questa
alternativa».
L’alternativa trovata
da Gordon altro non è che “la mediazione”!
I vari conflitti che quotidianamente sorgono tra genitori e figli si debbono risolvere
attraverso la trattativa e non con la competizione o l’imposizione. Perché l'
atteggiamento giusto del genitore, secondo Gordon, deve essere quello di venirsi incontro: "voglio trovare un modo per soddisfare i miei bisogni ed anche i
tuoi". Solo così tutti vincono e nessuno perde, afferma Gordon con
convinzione.
Diverso il pensiero
dello psicanalista Donald Winnicot, che, partendo dal presupposto che la madre
perfetta non esiste, sostiene che il suo comportamento, più che forte e
impositivo verso i figli, deve essere sufficientemente
buono! Donald Winnicott (1896-1971), geniale psicoanalista inglese di
stampo freudiano, ha avuto il merito di liberare
la figura materna dall’incombenza del dover essere sempre perfetta e
infallibile per non cagionare irreversibili traumi alla propria prole.
Winnicot, nelle sue
lucide riflessioni, è riuscito a smantellare la figura della madre perfetta,
dispensatrice di cure e amore, per farne emergere una alternativa: una madre
imperfetta, ma sana di sentimenti e affettivamente ben presente. La madre “sufficientemente buona” è per
Winnicott una donna spontanea, autentica e vera che, pur con un bagaglio di
ansie e preoccupazioni, stanchezza, scoramenti e sensi di colpa, risulta una figura
positiva per i figli, in grado di trasmettere ai figli sicurezza e amore.
I rapporti tra genitori
e figli rappresentano da sempre una questione delicata e difficile, talvolta un
vero e proprio problema, che si accentua durante l'adolescenza, età in cui,
forse, si sbaglia molto di più. Risulta difficile nel periodo adolescenziale
comunicare e comprendersi per via della differenza di età: i figli sostengono
che i genitori appartengono a una generazione precedente e hanno una mentalità
e una concezione della vita passata, non di quella presente. I genitori,
invece, considerano la differenza di età come positiva, in quanto arricchita
dall’esperienza, che ai figli invece ancora manca. Comprendersi allora risulta
difficile: i genitori, sentendosi responsabili dei figli, vorrebbero costruire
per loro un percorso a propria somiglianza, ignorando i desideri e le esigenze
delle nuove generazioni, che sentono l’imposizione genitoriale come violenza, con
la conseguenza di produrre solo forti conflitti.
Cari amici, è passato
ormai il tempo in cui i genitori potevano plasmare e controllare i figli a loro
piacimento, è necessario prenderne atto! Ecco perché la mediazione appare come
l’unica arma possibile. La soluzione è sicuramente quella di rispettare e conciliare,
in modo costruttivo e democratico, le esigenze e le capacità di entrambi: i
genitori devono imparare a rispettare la personalità e le aspirazioni dei figli
fin dall'infanzia, senza attendere che, soffocate fin dall’origine, esplodano
nel periodo adolescenziale; i figli dal canto loro devono capire e rispettare quel
senso di responsabilità portato dai genitori nel loro interesse, maturato anche
per la maggiore esperienza posseduta.
Tradotto in parole
povere, tutto questo significa, tornando alla riflessione iniziale, che i
genitori debbono essere costantemente, giorno dopo giorno, un mix di
accondiscendenza e di rigore: un buon risultato non lo si ottiene con obblighi
o imposizioni, ma con un dialogo costante, franco e aperto, che permetta ad
entrambi di esprimere le proprie esigenze, senza prevaricazioni, ne da una
parte ne dall’altra. Ognuno deve, nel modo più corretto, fare la sua parte.
Cari amici, è proprio
vero il mestiere di genitori è il più difficile del mondo. Se è pur vero che
sono finiti i tempi della totale e succube sudditanza dei figli verso i
genitori, è ancora più vero che non è ancora venuto (né mai verrà) il tempo in
cui i figli possano fare a meno della guida e dei consigli dei genitori!
Meditate
gente, meditate…
Ciao a domani.
Mario
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