Oristano
27 Maggio 2015
Cari amici,
riprendo oggi il percorso
iniziato in data 3 Aprile, nel quale intendevo riesaminare i vizi e le virtù
dell’uomo, alla luce del valore che oggi possono rivestire determinati
comportamenti sia espressi in positivo che in negativo. Esaurito il percorso
relativo alle virtù, terminato il 28 Aprile con l’analisi della “Temperanza”,
passiamo oggi e ripercorrere l’evoluzione subita nel tempo dai comportamenti
poco virtuosi, meglio definiti “Vizi”.
Fin dall’antichità i
Vizi ritenuti importanti e dunque ‘Capitali’,
sono stati catalogati in numero di 7:
Superbia, Accidia, Lussuria, Ira, Gola,
Invidia e Avarizia. Già di per sé le stesse denominazioni attribuite suggeriscono
il comportamento messo in atto. In sintesi la Superbia rappresenta l’ostentare le proprie capacità (spesso solo
millantate), sminuendo le qualità ed i meriti altrui, l’Accidia è quel comportamento indolente e indifferente, che porta ad
amare l’ozio e il disinteresse, la Lussuria,
il vizio che identifica l’amore per i piaceri sessuali, l’Ira rappresenta le esplosioni di rabbia, e diventa patologica
quando supera i normali livelli di alterazione, la Gola, come ben sappiamo, è la smodata passione per il cibo, ma non
solo: rappresenta il piacere di consumare le cose costose, che altri non
possono permettersi. Per finire l’Invidia
(su questo vizio potremmo scrivere un apposito libro), il cui comportamento
ci fa desiderare tutto ciò che appartiene agli altri (ci dispiace e tormenta
anche la sola felicità esternata dagli altri, che per noi diventa fonte di
grande frustrazione) e l’Avarizia, comportamento
quest'ultimo che si estrinseca non solo con l'usare con parsimonia il denaro ed i mezzi
finanziari, in quanto l’avaro applica un forte contenimento delle spese non
perché esse non siano necessarie, ma perché gli dispiace privarsi di ciò che
possiede! Egli ama “possedere” la sua ricchezza.
Ebbene, come fatto con
le Virtù, da oggi vorrei ripercorrere con Voi l’evoluzione storica di questi “mali”,
meglio definiti vizi, che, pur avendo subito nel tempo non poche variazioni,
sono ancora ben presenti nei comportamenti quotidianamente messi in atto e che l’uomo
si trascina fin dagli albori della sua esistenza.
Cominciamo, allora, con il
primo “vizio” della lista: la Superbia.
Il vizio della superbia
è davvero un comportamento messo in atto sia contro l’uomo che contro Dio. Essere
superbi è quasi un atto di ribellione verso il Creatore, ed allo stesso tempo
di disprezzo verso il proprio simile. La Superbia, antitesi dell’Umiltà, è
strettamente imparentata all’orgoglio, che fa considerare la persona che della
superbia si nutre, superiore agli altri, considerati esseri inferiori che debbono a lui
sottostare.
Mons. Rino Fisichella, Vescovo e grande
teologo italiano, in un articolo dal titolo “SUPERBIA: Un super-io contro Dio”, pubblicato su l‘Avvenire, attribuisce
alla Superbia l’origine di tutti i mali.
Ecco un passaggio della sua riflessione:
“Lo aveva ben compreso Agostino quando nel
De Civitate Dei dice perentoriamente che la superbia è 'allontanarsi da Dio e
convertirsi a sé' (12,6). Il superbo, scimmiotta Dio; perché vuole imitare la
sua potenza e rendersi simile a lui. Non è un caso, quindi, che egli veda nella
superbia 'l’origine di tutti i mali perché è la causa di tutti i peccati' (In
Ioh ev 25,16); tanto da poter 'sussistere anche da sola senza gli altri
peccati' (De nat et gr 29,33). Torna con tutto il suo valore l’accenno
all’etimologia; quel ύπερ dice tutto. Indica il mettersi sopra gli altri, il
non voler vedere nessun altro se non se stessi. Una grande lezione proviene
anche da Tommaso che, non si dimentichi, è la fonte per Dante come vedremo
subito. Con la profondità che gli è propria, Tommaso dice che: La superbia è
il vizio e il peccato con il quale l’uomo, contro la retta ragione, desidera
andare oltre la misura delle sue condizioni”.
Cari amici, come
possiamo osservare il tempo è trascorso scivolando silenzioso tra secoli e
millenni, ma le piume di pavone della superbia non sono mai cadute. Il
superbo continua imperterrito a guardare il mondo dall’alto in basso, di fatto
creando una sproporzione tra sé e la realtà, comportamento che gli impedisce di agire e
operare con coerenza; il superbo sopravvaluta se stesso, senza confrontarsi
con la realtà. La superbia diventa, di fatto, un andare contro la ragione.
Certo, sulla superbia
si sarebbe potuto scrivere ancora tanto, ma non è certo questo il posto adatto
per farlo. Per ora accontentiamoci di
questa piccola riflessione.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento