Oristano 16 Marzo 2014
Cari amici,
tutti sperano che
Renzi, prima di dare per scontato che avrebbe ridotto di una percentuale a due
cifre l’Irpef gravante sulle fasce deboli, abbia fatto bene i suoi conti!
Lui
stesso, intervistato a più riprese dai Media, compresa la trasmissione di Bruno Vespa “Porta a
Porta”, ha sostenuto che se non manterrà la parola spesa sarebbe stato
considerato un vero e proprio pinocchio “buffone”. Sicurezza, la Sua, che
sembra accreditare una decisione presa a ragion veduta e, speriamo, con i
piedi per terra. “Se il governo taglierà 10 miliardi
di Irpef ai lavoratori che guadagnano meno di 25mila euro l'anno, 9 miliardi verranno
spesi per nuovi acquisti”, ha sostenuto il
segretario della Confederazione Generale Italiana
dell’Artigianato (CGIA), di Mestre, Giuseppe Bortolussi.
Il rilancio dei consumi
è la speranza del premier Matteo Renzi e il taglio dell'Irpef è lo strumento
che nella sua convinzione serve allo scopo. La sua tesi e avvalorata dalle
organizzazioni artigiane, secondo le quali quasi il 90% dei 10 miliardi che i circa
10 milioni di lavoratori riceverebbero nelle buste paga a partire da maggio,
saranno spesi per fare nuovi acquisti. La stima dell'associazione degli artigiani
è fatta basandosi sull'analisi dei dati relativi alla propensione media al
consumo delle famiglie degli operai e degli impiegati italiani. Se
le famiglie interessate dalla favorevole sforbiciata dell'Irpef manterranno la
precedente “propensione al consumo” (come individuata dell'ultima indagine
campionaria di Banca d'Italia, e definita pari all'88,6 per cento), dei 10
miliardi in più che questi italiani riceveranno in busta paga, circa 9 miliardi
saranno spesi per fare nuovi acquisti, mentre il restante miliardo verrebbe
risparmiato.
I consumi in Italia
costituiscono la principale componente del nostro Prodotto Interno Lordo (PIL).
Nel 2013 i consumi hanno rappresentato il 60 per cento della ricchezza globale prodotta
in Italia: 935 miliardi di euro correnti, a fronte di un PIL di 1.560 miliardi
di euro correnti. "Dall'inizio della crisi alla fine del 2013 - segnala
Bortolussi - i consumi delle famiglie
italiane al netto dell'inflazione sono crollati del 7,6 per cento. Ciò vuol
dire che la spesa, in valore assoluto, è diminuita di 66,5 miliardi di euro. A
subire la contrazione più forte sono stati i beni durevoli: tra il 2007 e il
2013 la contrazione è stata del 28,1 per cento". Il promesso
“Taglio Irpef” da 10 miliardi di euro, che si concretizzerà in una maggiore
disponibilità per i lavoratori dipendenti di circa 1.000 Euro annui (circa 90
euro nella busta paga mensile fino a 1.300 euro), farà lievitare in positivo il
PIL dello 0,8%.
L’incremento non è di
così poco conto per l’anemico PIL italiano, che da tempo, dopo aver segnato il
segno meno, inizia a vedere lievissimi incrementi positivi. Sarebbe, tra
l’altro, solo il primo passo, capace di far ripartire la domanda ed i consumi
interni delle categorie modeste, quelle con i redditi più bassi, ma che
costituisce una fascia reddituale più capace e disponibile a garantire una
maggiore propensione a spendere. Il pericolo più
insidioso oggi per la nostra economia è infatti la “stagnazione” dei consumi, in parte già in atto: nessuno spende più
con disinvoltura: chi può non intacca nemmeno i risparmi. Con i 10 miliardi messi
in circolazione subito, se dedicati tutti al taglio Irpef, si calcola che i 9
di questi che entrerebbero prepotentemente in circolo, vivacizzerebbero i
consumi depressi, migliorando conseguentemente il PIL di quasi un punto
percentuale.
Le considerazioni sugli
effetti positivi apportati dalla grossa iniezione di liquidità nel sistema, con
i sicuri effetti benefici sul PIL, inducono a preferire il taglio integrale dell’Irpef ai lavoratori anziché, in tutto o in
parte, ad una riduzione dell’Irap delle Imprese. Le analisi degli esperti hanno
stabilito, infatti, che 10 miliardi di taglio del costo del lavoro alle imprese
vale, agli effetti del PIL, la metà dell’effetto prodotto, dallo stesso
importo, in diminuzione dell’Irpef ai lavoratori. Il PIL risultante crescerebbe, infatti, solo
dello 0,4%, anziché dello 0,8, in quanto le imprese non utilizzerebbero i
risparmi ottenuti per reinvestirli sul mercato. Anziché effettuare nuovi
investimenti pagherebbero i debiti, farebbero scorte di materie prime in vista
di tempi difficili, tesaurizzando il risparmio. Il dilemma di Renzi, al
momento, tra l’alternativa secca Irpef-Irap, potrebbe studiare una soluzione intermedia:
70/30%, cioè 7 miliardi di taglio Irpef e 3 miliardi di taglio Irap (è una
previsione del Sole 24 Ore di domenica scorsa, in attesa che mercoledì il
presidente del Consiglio risolva l’arcano).
Cari amici, qualunque
sarà la decisione adottata la vera urgenza sta nel far ripartire presto i
consumi, unica via per evitare ulteriori chiusure di aziende e nuovi
licenziamenti, ma soprattutto per innescare quel processo di crescita che potrà
portare, finalmente, lavoro ai giovani. Al promesso taglio da 10 miliardi
promesso da Renzi si aggiungerebbero, presto, anche gli effetti positivi
dell’accelerazione dei pagamenti pregressi della Pubblica Amministrazione,
ammontanti a cifre da capogiro: circa 100 milioni di euro. Sempre Bortolussi,
della CGIA di Mestre, a questo proposito dichiara: “L’auspicio è che lo sblocco
avvenga in tempi relativamente brevi. Se, come ci è stato promesso l’anno
scorso, verranno pagati 20 miliardi di euro all’anno, con questa cadenza
l’ultimo fornitore riceverà quanto dovuto nel 2018”. I ritardi dei
pagamenti della Pubblica Amministrazione costano alla nostra economia lo 0,33%
del PIL: lo dice uno studio del FINEST (Financial Intermediation European
Studies) presentato da Assifact. Il peso sull'economia reale è stato di 5,3
miliardi solo nel 2011.
Sommando lo 0,8 %
rinveniente dalla riduzione dell’Irpef allo 0,33 % dalla riduzione dei debiti
della P.A. verso le imprese, si andrebbe ad un aumento del PIL di oltre l’1,13%,
creando i presupposti per una vera e propria ripresa. In questo modo il Job Act di Renzi troverebbe terreno fertile per invogliare le
azienda a riprendere con coraggio la produzione e far uscire, davvero, l’Italia
dalla palude!
Speriamo
bene!
Mario
Nessun commento:
Posta un commento