Oristano
26 Marzo 2014
Cari amici,
Venerdì scorso 21 Marzo,
presso la Pinacoteca Comunale Carlo
Contini ad Oristano, è stata inaugurata la mostra “IRONICO AMORE”, omaggio al pittore Antonio Amore, artista che, per
quanto non sardo, operò per molti anni in Oristano. Il Prof. Antonio Amore,
catanese di nascita, classe 1918, approdò nell’Isola nel 1964, un anno prima di
iniziare la sua carriera di insegnante di materie artistiche ad Oristano.
Innamoratosi a prima vista della Sardegna, al Suo arrivo nell’Isola era già un
pittore con alle spalle una lusinghiera esperienza artistica. In quel fatidico
1964, lasciava Roma, città certamente ben più movimentata e densa d’arte e di
“dolce vita” dell’Isola, che tra l’altro gli stava iniziando ad aprire le vie
di un sicuro successo artistico, per approdare, esule volontario, in una terra
cosi tanto diversa: aspra, forte e legata ad ancestrali riti e consuetudini che,
nelle lande silenziose tra Austis e Neoneli, più precisamente nella cantoniera
di S’isteddu, dove aveva deciso di andare ad abitare, erano ancora la
quotidianità. Luogo aspro e per certi versi inospitale quello scelto, dove querce
secolari, graniti, pecore e pastori lo accolsero con quella ospitalità tutta
sarda che “s’istranzu”, l’ospite forestiero,
impara presto a conoscere e amare.
Antonio Amore impiegò
poco a recidere i suoi legami con la Capitale: il connubio con i sardi fu
immediato e lo sfarzo, la modernità, i clamori ed il chiacchiericcio romano
furono presto abbandonati, per tuffarsi nella parlata dei pastori del luogo, fatta
di suoni secchi e gutturali, dove uno sguardo è più carico di significati di un
lungo discorso, dove un abbraccio e una stretta di mano valgono più di mille
contratti. Fu così che Antonio Amore, immerso in un contesto a Lui congeniale, divenne
il più sardo dei sardi tra gli artisti del Novecento. Avendo scelto, ormai, la
Sardegna quale terra d’elezione riuscì a interpretarne l’anima più profonda,
senza false connotazioni folcloristiche, mantenendo la sua arte profondamente
ancorata all’evoluzione contemporanea, ulteriormente ispirata da una terra che
ormai lo aveva conquistato.
Antonio, erede di una
antica famiglia Catanese, già avversata dal Governo Borbonico per la sua attiva
partecipazione alla lotta carbonara, mantiene nelle sue vene l’antica indole libertaria
della famiglia. Da ragazzo prima segue il padre, affrescatore di soffitti e
cappelle, poi, pervaso da amore patriotico, abbandona gli studi per partecipare
alla conquista dell'impero; si arruola partendo volontario in Africa (dal 1936
al 1946), dove visse l’esperienza di due guerre, seguita da una lunga prigionia
in Kenia. Durante questa detenzione cominciò a dipingere, affermandosi in una
mostra organizzata a Nairobi. Tornato in Patria nel 1946 seppe che suo fratello
Francesco era caduto in guerra. Nel 1947 si trasferì in pianta stabile a Roma, dove
viene accolto nella casa studio di Giacomo Balla, la cui amicizia durerà fino
alla morte dell'artista. La vita artistica della Capitale inizialmente lo
entusiasma, e in quel contesto l’artista percorre un interessante iter
pittorico. Molto importanti furono per lui le prime mostre personali: nel 1955
alla Galleria del Vantaggio e nel 1960 alla Galleria Alibert. In quegli anni
partecipò alle più importanti rassegne pittoriche, conseguendo vari premi tra
cui il secondo premio alla III° rassegna di Arti figurative di Roma e del
Lazio. Eseguì anche vari affreschi a Padova (S. Giovanni in Viridiana), un
grande Crocifisso e alcune vetrate della Cappella dei Chierici di S. Vittore
all’E.U.R.
Iniziata l’esperienza
sarda nel 1964, nel 1969 presenta ad Orgosolo disegni e
poesie. Durante il suo soggiorno ad Oristano (insegna Discipline pittoriche
all'Istituto d'Arte di Oristano), oltre che dipinti realizza opere di scultura
in legno, marmo, bronzo e acciaio inox. L'archeologo e accademico dei Lincei
Giovanni Lilliu lo ammira e lo apprezza: gli dedica due importanti conferenze a
Sassari e Nuoro. Ama anche scrivere: pungente corsivista suoi quotidiani
dell'isola, ottiene diversi riconoscimenti letterari. "Io canterò per voi senza un
vero motivo", dice un verso di Antonio Amore. Ed è
all'uomo, a tutti gli uomini che egli rivolge il suo canto con la voce
dell'arte che non può tacere. La Sua arte
non ha bisogno di parole: come forti sono gli sguardi silenti dei sardi cosi è
forte la sua espressione artistica.
Scrive di Lui Franco
Solmi (Amore, opere 1965 – 1968): “Senza un vero motivo,
ma per una tensione ineludibile al dire e al comunicare, questo testimone del
silenzio e della disperazione affronta con strana fiducia il mondo dei
linguaggi assenti e dei segni obbliganti, nel recepire il segreto ed il
mistero, ne rivela la nascosta umanità nel sacrificio di un'arte che non nomina
mai invano il nome del proprio Dio. Tutti i modi dell'espressione vengono così
a confluire e a confondersi nella religiosa limpidezza dell'opera di Antonio
Amore: dal grottesco al drammatico dal realista al surreale, fino allo scoperto
simbolismo delle assonanze narrative e formali che rivelano la modernità del
suo linguaggio lacerante ma non lacerato, teso all'oscurità del sublime e a
quella dimensione universale dell'essere dove l'individuo "sente" la
sua incredula libertà…”.
La mostra “Ironico Amore”, citata in premessa,
omaggio della città di Oristano all’artista a pochi anni dalla Sua scomparsa,
propone ai visitatori diversi pezzi della Sua produzione meno nota e più
privata, caratterizzata da un’ironia che spesso si è spinta fino al sarcasmo,
nella denuncia della deriva della società contemporanea. Non,
dunque, sono stati esposte opere degli esordi siciliani o l’astratta sintesi dei Cristi
del periodo romano né, tantomeno, la cupa e tragica visionarietà dell’epopea
del mondo agropastorale sardo nel suo desolante tramonto, quanto, piuttosto, le
opere che meglio evidenziano l’aspetto più ludico
e irriverente del suo percorso artistico. Quelle permeate da un’ironia sarcastica nell’analisi spietata e attualissima del degrado dei rapporti
sociali e della deriva del mondo politico. Ai curiosi occhi dei visitatori si parano davanti
tronfie e inebetite pecore in poltrona, vacui ectoplasmi delle animule pendule,
espliciti uomini membra, così come l’invereconda cortigiana Paolina. Un mondo
abitato da tante pecore, pecore e ancora pecore, non più simbolo identitario
quanto, piuttosto, amara metafora di una devastante omologazione culturale e
della sconsolata constatazione di una deriva umana nella quale il limite tra riso e
pianto è davvero impalpabile.
L’interessante mostra
resterà aperta fino al 21 maggio 2014
con gli orari: 10.30 - 13.00 | 17.00 - 19.30 (dal lunedì al sabato). Per
informazioni: Pinacoteca, tel. 0783 791262 | pinacoteca@comune.oristano.it
Cari amici, la grande figura
di Antonio Amore, artista che ho avuto il piacere di conoscere e che si è dedicato alla
sua arte intensamente fino all’ultimo, ci ha lasciato un'intensa traccia del Suo passaggio. Ormai novantenne, ha continuato a
dipingere ed a svolgere gli amati programmi culturali. La sua ultima mostra "antologica"
ad Oristano fu quella del Settembre 2003, e recava il titolo Ricominciamo da Cristo.
Antonio Amore, non sardo d’origine ma vero
sardo d’adozione, ha lasciato questa terra nel 2010 all’età di 92 anni.
Mario
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