Oristano
20 Marzo 2014
Cari amici,
oggi vorrei passare la
giornata con Voi beandomi dei ricordi della mia gioventù, quando, studente in
calzoni corti, frequentavo la Scuola Media di Piazza Mannu ad Oristano. La
piazza Roma non era certo quella che possiamo ammirare oggi, e il via via delle
auto era ben più modesto.
Molte le biciclette, le carrozze e le rumorose
motociclette. In questo lento andirivieni un uomo male in arnese, in sella al
suo triciclo, su questa piazza spingeva con forza sui pedali, raccogliendo dai
vari negozi il cartone degli imballaggi. Una figura caratteristica, spesso
attaccata con pungenti battute da noi, scanzonati ragazzi degli anni ’60! Ecco
la storia di questo poveruomo, come l’ho voluta raccontare nel mio ultimo libro
“TRACCE”.
ANTICHE FIGURE ORISTANESI: “TRICICLO”,
IL RACCOGLITORE DI CARTONE.
Non
ricordo il suo vero nome, credo fosse Lillicu, ma per tutti era “Triciclo”. Il
nomignolo che si trovava cucito addosso derivava dalla sua ‘fuoriserie’ che lo
accompagnava sempre: un vecchio e scassato triciclo con cui girava dalla
mattina alla sera in tutta la città, raccogliendo il cartone dai negozi. La sua
officina-deposito era ubicata a fianco dell’allora “Cine Teatro Moderno”, oggi
Teatro Garau. Era, questo suo spazio, un cortiletto, proprio a ridosso, sulla
sinistra per chi guarda, dell’ingresso principale del teatro. In questo spiazzo
interno, chiuso da un cancelletto arrugginito, era depositato il cartone
raccolto, in attesa di essere portato alla Cartiera del Rimedio e dove veniva
anche parcheggiato il triciclo per la notte.
Ho
conosciuto Triciclo negli anni sessanta,
quando studiavo prima nelle scuole medie di Piazza Mannu e successivamente
all’Istituto tecnico di via Parpaglia. Lillicu era un uomo poverissimo, potrei
definirlo un mendicante che credeva ancora nella dignità, e quindi non si
rassegnava a vivere di elemosine. Molto allegro e solare, era perennemente
vestito, estate e inverno con pantaloncini corti e canottiera; copriva solo le
spalle, con un lercio maglione, nelle giornate invernali particolarmente fredde
o piovose. Ai piedi indossava sempre dei sandali sdruciti, senza calze, da cui
fuoriuscivano dei piedi grandi e callosi che per molte ore al giorno pedalavano
incessantemente per spingere il pesante e traballante triciclo, carico del cartone
raccolto.
Lo
sforzo muscolare del lungo esercizio quotidiano gli aveva sviluppato alquanto i
muscoli delle gambe che, grosse e tarchiate, erano ben visibili e totalmente glabre,
esposte com’erano perennemente alle intemperie, indossando solo i calzoncini
corti. Era molto mattiniero: si alzava presto e la mattina, quando noi ragazzi
ci avviavamo frettolosamente a scuola, lui fischiettava già in piazza Roma o
nelle strade adiacenti, con parte del suo carico di cartone (che i commercianti
avevano lasciato dalla sera prima di fronte al negozio) già sistemato nel
cassone del triciclo. Si riscaldava, d’inverno, spingendo con forza sui pedali,
suonando un rauco campanello, montato chissà quanti anni prima sul rugginoso
manubrio, mentre si accingeva a scendere davanti ai vari negozi per recuperare
il cartone.
Era
simpatico a tutti. Svolgeva un servizio utile e anche per questo era benvoluto:
nessuno dei commercianti che frequentava gli negava una sigaretta, un caffè o
un cappuccino. Non ho mai saputo dove
abitasse anche se si mormorava vivesse solo in una casupola in periferia; si
mormorava che fosse vedovo o che la moglie lo avesse lasciato. Con i ragazzi
aggressivi non aveva un buon rapporto: non sopportava quelli che, per
divertirsi, lo sfottevano prendendolo in giro e paragonandolo a Bartali o Coppi;
reagiva malamente, ricambiando con una nutrita dose di parolacce.
Era
un uomo a modo suo preciso e meticoloso. La sistemazione del cartone nel
cassone era fatta con grande precisione e con un’attenzione incredibile: tutti
i pezzi venivano sistemati in pacchetti ordinati, forse per trovare più favorevole
accoglimento in cartiera. Era curioso osservarlo nella sua bottega-deposito di
Via Parpaglia, mentre con perizia sistemava ordinatamente il cartone da consegnare.
Lavorava con gioia: la povertà e la vita grama non lo avevano intristito più di
tanto. Trascorreva le giornate in allegria, felice di essere utile a sé ed agli
altri.
Non
ricordo in che anno il Signore mise fine ai suoi giorni. Un giorno la gente non
vedendolo in circolazione alle solite ore mattutine, soprattutto i
commercianti, si insospettirono. La visita al deposito di via Parpaglia diede
ai dubbiosi chiaramente la risposta: Triciclo aveva terminato la sua penosa
vita terrena: avuto ricevuto dal Creatore il suo riposo eterno.
……………………….
Grazie,
amici, della Vostra attenzione.
Mario
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