Oristano
27 Marzo 2014
Cari amici,
Sabato scorso,
tiepida e soleggiata giornata di primavera, ho fatto un bel giro in campagna. Era da tempo che aspettavo
una bella giornata per fare una salutare passeggiata campestre, utile anche per
cercare di procurarmi un bel mazzo di asparagi selvatici, buoni e salutari. Con
Santino mi sono diretto nelle campagne di Norbello, dove, oltre la casa, possediamo
ancora qualche pezzo di terra (in parte incolta). Conoscendo i luoghi non ci è
stato difficile portare un casa un discreto bottino: nonostante il costante
aumento dei “visitatori campestri” del fine settimana (sono tanti quelli che la
Domenica si recano in campagna), abbiamo portato a casa due grosse buste piene
del prezioso e utile vegetale. Non li abbiamo certo mangiati tutti da soli: la
bella raccolta è stata anche l’occasione per fare un gradito presente agli
amici, che hanno gradito senza ombra di dubbio! Per chi non conosce bene questo
saporito vegetale ecco ora una breve sintesi delle sue eccelse qualità.
L’asparago (Asparagus officinalis
L. var. altilis) è una pianta erbacea pluriennale conosciuta con il nome
scientifico di “asparago comune”, appartenente alla famiglia delle Liliaceae,
sottofamiglia Asparagoideae. Nel periodo primaverile la pianta produce numerosi
germogli (turioni) che, se lasciati crescere, si sviluppano in fusti molto
ramificati, alti fino a due metri. Questo vegetale è presente in tutto il
bacino del Mediterranea, è caratterizzato da radici rizomatose (le cosiddette
zampe) di durata pluriennale, che danno origine a germogli chiamati
scientificamente turioni (la parte commestibile), che presentano pseudo foglie
chiamate cladodi. In Sardegna l’asparago è molto diffuso, soprattutto nei
terreni poco coltivati o a lato dei muretti a secco che delimitano le
proprietà. E’ noto anche come "asparago spinoso" o "asparago
pungente", per le sue caratteristiche spine poste alla base dell'apparato
fogliare. Vegeta nelle macchie, leccete, boschi caducifogli, siepi da 0 a 1300
metri. Fiorisce in agosto-settembre e produce una bacca verde a maturità. La
pianta rimane spoglia ed a riposo durante l’inverno, ma in Primavera dalla sua
base cominciano, ai primi tepori, a spuntare i giovani germogli, i turioni.
Questi turioni, pur di dimensioni
ridotte nella circonferenza rispetto a quelli coltivati, sono sapientemente usati
in cucina e ricercatissimi dagli intenditori, anche se difficili da reperire. I
germogli dell'asparago di campo si raccolgono in primavera (aprile e maggio);
in genere si trovano seminascosti sotto le siepi, sui dossi, ai bordi delle
radure. Il loro diametro medio alla base è di 7-8 mm., di un colore che varia
dal verde chiaro al verde scuro al quasi violaceo nella parte terminale. E’ da questa pianta selvatica che sono poi
derivate, da tempo immemorabile, tutte le varietà di asparago coltivate.
Il termine “asparago” pare derivare
dal persiano çperegh (che voleva dire
“punta”) o dal sanscrito aspargos (che significa “germoglio”). Oggi si sta
tentando di riprodurre coltivata anche una varietà somigliante alla specie
selvatica, che comunque rimarrà sempre di qualità inferiore rispetto a quella
veramente selvatica. L’asparago,
originario delle regioni del Mediterraneo orientale, è conosciuto dall’uomo fin
dall’antichità, quando veniva usato esclusivamente come pianta medicinale,
tanto che Linneo lo ha chiamato officinalis. Disegni dei turioni di asparagi
compaiono già nelle piramidi di 5000 anni fa, per cui viene attribuita agli
Egizi la diffusione di questa pianta nel bacino del Mediterraneo. La pianta era
nota anche ai Greci (asparagòs) e ai Romani (asparagus), che lo avevano
consacrato a Venere; ne parla per primo il greco Teofrasto, nella sua “Storia
delle piante” (300 a C.), seguito poi a Roma da Catone nel “De agricoltura” e
via via, poi, da Plinio, Columella, Giovenale, Aulo Cornelio Celso, fino a
Galeno, che ne fece l’elogio dal punto di vista medicamentoso, esagerando anche
un poco nel ritenerlo capace di azione afrodisiaca e utile rimedio contro il
morso dei serpenti.
Plinio addirittura ne parla
affermando che l’asparago rappresenta “l’erba che ha bisogno di maggiore diligenza
per essere coltivato”, ma curiosamente sostiene pure che gli asparagi
selvatici “... secondo le mie fonti...” nascono anche da “corna d’ariete ridotte
in pezzi e messe sotto terra”. Sempre i Romani considerano l’asparago
come un raffinato alimento; Giulio Cesare, infatti, ospite a Milano di Valerio
Leone, mangiò asparagi con una salsa detta “miron” e criticò gli altri ospiti
che non rinunziarono a condire gli asparagi con olio, secondo l’uso antico.
Apicio, che ne era un cultore, per poterlo usare tutto l’anno, insegnò ad
usarlo in cucina anche essiccato. Saltando al Medioevo lo troviamo citato dal
Platina nel suo “De honesta voluptate et valetudine”, dove chiarisce che gli
asparagi sono buoni conditi con olio, sale e aceto. Giovanvettorio Soderini
(1526-1597), fiorentino, in un suo trattato indicava una ricetta che prevedeva,
per gli asparagi, una bollitura e, poi, “scolati e infarinati si frigghino nella
padella”.
A parte l’antica attribuzione a
questo vegetale di proprietà medicamentose, ancora oggi l’asparago è considerato
una pianta officinale I turioni di asparago e ancora di più i rizomi sono ricchi di vitamina A, C e gruppo B.
Possiedono effetto diuretico, sedativo
cardiaco, aperitivo, lassativo e dimagrante. Contengono aminoacidi (asparagina)
e molti sali minerali. Nell’organismo,
dopo il consumo alimentare, si forma un metilcaptano, sostanza che viene
eliminata attraverso le urine, conferendo loro un caratteristico odore
penetrante e sgradevole. L’uso, però, è sconsigliabile
a chi soffre di infiammazioni renali. E’ controindicato e quindi va evitato in
caso di gotta, arteriosclerosi, calcoli e infiammazioni delle vie urinarie.
E’ scientificamente
provato che l’asparago, anche quello coltivato, favorisce la filtrazione del
sangue ad opera dei reni, ha un forte
potere diuretico, ma soprattutto contiene – cosa caratteristica solo
dell’asparago – due saponine. Agostino Falavigna, Direttore dell’Unità di
ricerca di Orticoltura del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in
Agricoltura (CRA) di Montanaso Lombardo, in provincia di Lodi, esperto della
materia, nel propagandare le proprietà dell’asparago afferma che “Le
saponine sono dei composti chimici la cui famiglia è molto complessa. Quelle
che si trovano nell’asparago sono conosciute scientificamente per avere un
forte potere inibente nella proliferazione nelle cellule tumorali del colon.
C’è una vasta letteratura sviluppata sull’argomento all’Università del New
Jersey negli Stati Uniti, dove si dimostra che queste due saponine, la
protodioscina e la protodiogenina, hanno questo potere. Nell’asparago selvatico
la concentrazione di queste molecole benefiche è molto più elevata rispetto
all’asparago coltivato, superiore fino a dieci volte. Ne contengono tre o
quattro grammi per ogni chilo. Questi composti hanno una riconosciuta attività
nutraceutica”.
Cari amici, a parte le
sue interessanti proprietà medicamentose l’asparago è un vegetale buonissimo da
mangiare, capace di migliorare il sapore di molte pietanze. Gli asparagi selvatici
si distinguono per un sapore leggermente più amarognolo, ma proprio per questo sono
particolarmente ricercati per un’infinità di preparazioni gastronomiche
(frittate, sughi, risotti, minestre, contorni, etc.). Il suo gusto forte può
essere felicemente associato non solo ai primi piatti, ma può essere abbinato a
secondi di carne e di pesce, oltre che essere un ingrediente principe di torte
salate e quant’altro. Prima di chiudere una curiosità tutta sarda.
Nella vita
agropastorale, quando il pastore, spesso, viveva in campagna solo, senza la
famiglia, in primavera, questi, al ritorno all’ovile, dopo aver condotto le
pecore al pascolo, raccoglieva per se un bel mazzo di asparagi. Dopo aver
eliminato le parti più dure avvolgeva, come in un fagotto, gli asparagi con delle
di foglie di asfodelo, intrecciandole per tenere l’involto ben chiuso, collocandolo
poi sulla brace velata di cenere per circa 15-20 minuti. La risultante era un profumato
ed eccellente “antipasto” o contorno che, spalmato sul pane carasau dove era
già stato sciolto del formaggio fresco, costituiva un modo saporito ed
intelligente di nutrirsi con gusto!
Grazie amici della
Vostra sempre gradita attenzione.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento