Oristano
24 Marzo 2014
Le recenti elezioni
francesi, che hanno messo in luce un massiccio ritorno di voti popolari alla
destra di Marine Le Pen, non fa che confermare la già manifesta insofferenza
per un’Europa che, ferma nel suo percorso di trasformazione in Stato Federale,
non è più ritenuta uno strumento utile ma addirittura dannoso. Fermo restando il
principio che è difficile, per qualsiasi popolo, accettare di perdere la
propria indipendenza in favore di altri, le cessioni di sovranità già fatte dai
singoli Stati in favore dell’Europa in questi anni, anziché agevolare quelle
successive, hanno creato i presupposti per il contrario. La motivazione più
forte, che ha scombussolato, in modo a volte devastante, l’economia di molti
Stati è stata l’introduzione della “moneta unica”, l’Euro, prima del
raggiungimento dell’unione politica.
Non c’è bisogno di
essere grandi economisti per capire che la moneta, per ogni Stato, è la leva
più grande che possiede, capace in ogni momento di regolare la propria
economia. Una volta che gli Stati dell’Unione Europea hanno ceduto la sovranità
della propria moneta alla Banca Centrale Europea (la BCE), si sono
spogliati di questo importante strumento regolatore, capace di calmierare l’economia
di ogni singola Nazione. I parametri, ora, sono regolati per tutti gli Stati dalla
“Comunità
Europea”, che Stato non è, e che, cercando di armonizzare economie molto
diverse, con fiscalità, tassazioni,
debito pubblico e parametri distanti tra loro e poco o per niente omogenei, non
riesce a garantire quel necessario riequilibrio delle derive economiche
nazionali. Lo vediamo e tocchiamo con mano tutti i giorni: nei giorni scorsi lo
stesso Renzi, andato recentemente in Europa per presentare il nostro piano di
risanamento e di possibile creazione di nuova occupazione, si è sentito
rispondere che i vincoli vanno rispettati, a prescindere dalla bontà del piano
presentato.
Non ci vuole molto a
capire che le regole debbono sempre avere la loro eccezione. Spesso in virtù
dei “principi economici” da rispettare si può anche letteralmente “morire di
fame”, e questo non dovrebbe mai accadere. In Europa oggi ci sono economie che
girano a diverse velocità: ci sono Stati che di questa situazione ne risultano
avvantaggiati (vedi la Germania) e Stati che, appesantiti da un debito pubblico
fuori misura (come l’Italia), non trovano le coperture per riavviare l’economia
e creare nuova occupazione, soprattutto quella giovanile. Tutto questo perché l’Europa
non è un unico Stato, con un’unica politica economica! Allora, dico io, cosa ci
sta a fare la moneta unica, l’Euro, se la sovranità non è più dei singoli Stati
e quindi impossibile da manovrare liberamente e usare come leva monetaria? Bene
ha fatto l’Inghilterra a mantenere la Sterlina, evitando un salasso come quello
che l’Italia ha subito con il “cambio” della Lira a 1927, quando, forse, la
parità era molto più vicina alle mille Lire!
Cari amici, i fatti
recenti dimostrano che il gruppo degli “Euroscettici” continua ad ingrossarsi.
Le recenti elezioni francesi ne sono un esempio eclatante, senza
dimenticare le già programmate consultazioni sull’Euro in terra inglese, la
nota insofferenza spagnola e greca alla moneta unica e non ultima, in Italia,
la ventilata ipotesi di referendum sulla moneta unica, portata avanti dalla
lega e dal Movimento 5 Stelle. La situazione attuale, tra l’altro rischia di
avere, a breve, un cambiamento radicale. A pochi mesi dalle elezioni europee
(tra il 22 e il 25 maggio 2014 si terranno le elezioni nei 28 stati membri per
eleggere i 766 deputati del Parlamento Europeo), c’è la netta convinzione che i
partiti antieuropeisti, o i più critici nei confronti dell’esperienza
dell’Unione Europea, faranno il pieno di voti e, ovviamente, di deputati
euroscettici. Se così fosse il progetto di unificazione europea subirebbe una
forte battuta d’arresto, se non addirittura il suo definitivo addio.
Il sogno di Robert
Schumann, l’uomo di Stato francese riconosciuto per antonomasia il fondatore
dell'Unione Europea, iniziato oltre 60 anni fa per la costruzione di un’Europa
Stato Federale, rischia di naufragare definitivamente. Anche chi come me crede
ancora nella nascita di un’Europa unita che superi i nazionalismi, non può che riconoscere
che burocrazie e immobilismi, egoismi e regionalismi, allontanino, giorno dopo
giorno, il traguardo finale. L’incapacità (o la mancata volontà) da parte degli
Stati di evolversi verso un ruolo europeo più autorevole nel mondo, come quello
che deriverebbe dalla costituzione di un’Europa-Stato, capace di parlare con un’unica
voce al resto del mondo, dimostra che la “vecchia Europa” è ancora affezionata
al concetto di Nazione e che non è disponibile a trasformarsi in Stato Federato.
I vecchi e nuovi populismi
possono, davvero, disgregare il sogno dell’Europa Stato Federale. Fino
a vent’anni fa, l’Europa era il sogno, la speranza, la scommessa di un nuovo
inizio: la liberazione pacifica dei Paesi dell’Est, l’unificazione delle due
Germanie, l’abolizione delle frontiere, la libera circolazione delle idee e delle
persone. Ora è rimasta soltanto la Champions League a ricordarci che siamo
ancora un’Unione. Quando si decise di puntare sulla moneta unica, a Maastricht
nel 1992, più o meno dieci anni prima dell’effettiva adozione dell’Euro, erano
in molti già a prevedere guai per la società europea, in mancanza di un’analoga
e possibilmente contemporanea unificazione politica. Più Europa, più Europa, si
diceva allora. Ma nemmeno i più tenaci federalisti
potevano immaginare che, dieci anni dopo l’adozione della moneta unica,
l’intero progetto europeo avrebbe rischiato di saltare. In
questo lungo lasso di tempo i passi avanti necessari non ci sono stati. Gli
strappi e le controversie tra Stati, invece, non sono mancati e la bandiera azzurra con
le stelle dell’Unione ha iniziato a sfilacciarsi.
Oggi la minaccia
maggiore è la perdita di legittimità dello spirito europeo, la sua scarsa
credibilità. I giovani, soprattutto, che ieri sognavano l’Unione oggi sono i
primi “euroscettici”, forse perché per loro nulla ha cercato di fare l’Europa
per cercare di inserirli nel mondo del lavoro. Quest’anno 2014 sarà un anno
decisivo; se le elezioni europee del prossimo Maggio vedranno crescere in modo esponenziale
i gruppi antieuropeisti, credo che possiamo già predisporre i piani di
dismissione: dovremo dire addio ad un sogno che, per l’egoismo di molti, si sarà
vanificato, sciolto come nebbia al sole. Speriamo che la saggezza prevalga.
Grazie a tutti dell’attenzione.
Mario
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