giovedì, luglio 02, 2015

IL VIZIO CAPITALE DELL’IRA. CONDANNATO FIN DAL LONTANO PASSATO, È ANCORA OGGI NEL TERZO MILLENNIO UNA SCHIAVITÙ DA CUI L’UOMO STENTA A SVINCOLARSI.



Oristano 2 Luglio 2015
Cari amici,
chi di noi non è mai stato preda dell’ira? Credo proprio nessuno! 
Uno scatto impetuoso d’ira, scatenato dai motivi più svariati, è capace di ottenebrare la nostra mente facendoci perdere la lucidità e portandoci su sentieri di cattiveria che possono arrivare fino alla vendetta. Un vizio-schiavitù, potremmo definire l’ira, difficile da superare, perché chi vi cade, per superare un’ingiuria, reagire ad un torto o ad una prevaricazione è capace di reazioni dagli effetti devastanti. Quando lo scoppio d’ira si impossessa di noi, sono i più bassi sentimenti a prevalere: si vuole colpire l’avversario per annullare il torto ricevuto, per far prevalere le nostre ragioni, dando sfogo in questo modo ai nostri più bassi sentimenti.
Accecati dall’ira si può colpire a morte, o venire duramente alle mani, non solo nel momento in cui perdiamo la testa, ma anche dopo, a sangue freddo, in perfetta lucidità. L’ira, se non viene prontamente domata, è in grado di abbassare, se non addirittura di annullare, i nostri principi morali. Una volta che essa si impossessa di noi è capace di ingigantire nel nostro cuore i sentimenti negativi, per primo l’odio, quel profondo sentimento di grave avversione e ostilità verso una o più persone, che si traduce nel desiderare per loro tutto il male possibile. Tanti gli esempi del passato che evidenziano questo terribile vizio capitale.
Il vizio capitale dell’ira lo ritroviamo, ad esempio, in grande evidenza nell’Iliade. “Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi,  e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò…”,  invocava Omero nel suo grande poema epico, parlando della lunga guerra di Troia e delle vicissitudini dei grandi guerrieri che vi presero parte. L’ira è indissolubilmente legata alla rabbia con cui convive. Sentimenti mentali ed emotivi, entrambi, di “conflitto col mondo esterno o con se stessi”, difficili da tenere sotto controllo e da maneggiare, perché quando ne siamo preda non siamo più padroni delle nostra azioni. In sintesi potremmo definire l’ira una “passione” improvvisa, che si scatena dentro di noi come una tempesta, mentre potremmo definire l’odio una forte “cronicizzazione” dell’ira, frutto del protrarsi nel tempo di questo male. I due vizi, insieme, sono capaci di annullare la razionalità dell’uomo. Il grande teologo San Tommaso D'Aquino ci ha lasciato l’insegnamento che “l’ira è la passione che maggiormente impedisce l’uso della ragione”.

Nel mondo classico, prima accennato, tuttavia, l’ira non era considerata di per sé un vero e proprio disvalore. Omero inaugurando l’Iliade con “l’ira funesta di Achille”, tratteggiava sì l’uomo collerico, ma con dentro di se anche sentimenti positivi di eroismo e nobiltà. Successivamente nelle riflessioni di Platone, di Aristotele e degli Stoici l’ira si appesantisce, si trasforma in “passione”, evento emozionale che appartiene alla zona più irrazionale dell’anima, assumendo quelle connotazioni negative di forte potere disgregante e patologico. Per rimanere un sentimento positivo l’ira ha bisogno di essere regolamentata, addomesticata e incanalata, come sostengono Platone, Aristotele e gli Epicurei. Aristotele, nell’Etica Nicomachea, sostiene che contro l’ira vale non tanto la repressione o la rimozione, ma una sua modulazione, un suo giusto indirizzo e misura.
Successivamente anche il Cristianesimo, incorporando la saggia eredità della filosofia greca,  ha applicato nei confronti dell’ira un rapporto duplice, anche se complesso. Anche Gesù Cristo fu preda dell’ira mentre scacciava i mercanti dal Tempio, anche se, indiscutibilmente, per una causa più che giusta! Adirarsi è facile, oggi come ieri, tutti ne sono capaci! Quello che non è facile, e non è da tutti, è adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa. Anche oggi, quindi, potremmo considerare valide le teorie dei filosofi greci, che ritenevano fondamentali per la gestione delle passioni (tutte le passioni e non solo l’ira), l’equilibrio, il bilanciamento delle parti, la giusta misura.

Cari amici, col passare del tempo questo vizio non è mai calato di tono, anzi ha preso connotati e sfumature sempre più complesse. Chi vive e percorre i sentieri del Terzo Millennio, la incontra per strada tutti i giorni ed a tutte le ore. L’ira e la rabbia scattano dentro di noi quando siamo al semaforo e chi sta di fronte a noi sembra non avere fretta, quando facendo la fila in banca o alle poste ci accorgiamo del furbo che cerca di scavalcarci, quando un collega, ci “frega” in modo subdolo una promozione, oppure quando ci sentiamo “imbrogliati” dal meccanico o dall’idraulico.
Così come proviamo ira e rabbia verso le Istituzioni, mentre assistiamo impotenti all’esodo biblico di migliaia di immigrati che quotidianamente sbarcano sulle nostre coste. Gli stessi sentimenti li proviamo verso l’egoismo delle classi più ricche che “negano” il sostegno, anche minimo, a chi fatica anche a trovare il necessario per mangiare; ira e rabbia che covano dentro di noi per la crescente indifferenza dei Popoli e delle Nazioni abbienti verso la terribile fame nel mondo, le prevaricazioni che intere etnie subiscono, e le guerre (più economiche che politiche) che in tante parti del pianeta continuano a combattersi, insanguinando il mondo.
Ci libereremo mai di questo male? Chissà, anche se credo sarà difficile. Mi piacerebbe sapere cosa scriveranno su quest’argomento i blogger delle nuove generazioni, magari tra una cinquantina d’anni…
A domani.
Mario

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