Oristano 1° maggio 2025
Cari amici,
Inizio i post di maggio parlando con Voi di relazione sociale. Quando Dio creò l’uomo,
come possiamo apprendere dalla Genesi (Gen 2, 18): lo fece per essere
parte integrante di una Comunità: “Non
è bene che l’uomo sia solo”. L’affermazione non credo sia riferita solo al
fatto che l’uomo abbia come compagna la donna, ma perchè nel grande disegno della Creazione l’uomo
doveva essere una parte essenziale di un tutto: la Comunità, dove avrebbe
potuto e dovuto interagire con gli altri suoi simili.
L’uomo, per quanto attivo
e capace, non è in grado di fare tutto da solo, nel senso che ha e avrà sempre
bisogno degli altri; è un bisogno che deriva da una predisposizione psicologica
e neurobiologica, che spinge gli individui a vivere costruendo relazioni e
legami. Le strade che ci portano verso gli altri derivano dai nostri
bisogni, dalle nostre necessità. Lo stare insieme agli altri è appagante, in
quanto soddisfa il nostro bisogno interiore di vivere insieme, di costruire
relazioni, sia d’amore che d’amicizia.
Si, amici, abbiamo
bisogno degli altri per poterci realizzare! Vivere insieme non è sempre facile,
ma è essenziale per la nostra felicità. Siamo infatti esseri sociali, e, per poter essere pienamente noi stessi e realizzarci, abbiamo bisogno degli
altri. Ne abbiamo bisogno per costruire insieme, per realizzare i nostri
progetti, e, mentre gli altri aiutano noi a realizzarli, noi aiutiamo loro! Ecco
l’importanza di avere validi rapporti interpersonali, reciprocamente
soddisfacenti. Sono infatti i rapporti interpersonali che ci permettono di
crescere e di essere sempre più pienamente noi stessi.
Creare validi rapporti
interpersonali significa raggiungere il giusto feeling con gli altri, perché il
buon funzionamento dei rapporti interpersonali non dipende solo da chi li cerca,
ma anche dalla disponibilità di chi li accetta. È normale quindi che non tutti
i rapporti interpersonali siano completamente soddisfacenti. Indubbiamente ci
sono rapporti più importanti di altri; partendo da quelli di coppia, da
quelli tra genitori e figli, fino a quelli che intercorrono con gli amici più
cari, e che, nei limiti del possibile, debbono essere reciprocamente
soddisfacenti.
Amici, c'è in libreria un
curioso libro, firmato da Jonathan Bazzi, dal titolo «Febbre»
(Fandango, 2019), finalista al Premio Strega 2020; è la prova provata
di questa consapevolezza di avere sempre “bisogno degli altri”. «Da solo non riesco
a fare quasi niente», afferma l’autore del libro, nel senso, però, che lui non
la considera una sconfitta. Si, il bisogno degli altri non è una sconfitta, ma
una presa di consapevolezza. Come l’autore del libro ammette pubblicamente, in
una sua storia su Instagram: «A quasi 40 anni ora lo posso dire: ho continuamente,
sfacciatamente, bisogno degli altri».
Nell’interessante libro,
l’autore J. Bazzi si confessa senza nascondimenti. «Ammettere: non ce la faccio, dire:
non ci riesco, Chiedere: puoi, potete aiutarmi?», sono frasi che tutti, almeno
una volta, hanno avuto paura, ma allo stesso tempo, bisogno di pronunciare. «Da qualche parte, quando siamo
piccoli, ci viene trasmesso che ciò è sbagliato, disdicevole, da sfigati», ma non è
così! Chiedere aiuto non è un atto di debolezza, afferma Bazzi, «Da solo non
riesco a fare quasi niente: ecco il senso di molte crisi: passate e recenti».
La "CONSAPEVOLEZZA" di
necessitare dell’aiuto degli altri non è arrivata a Bazzi per caso. Ecco come
si è raccontato al Corriere della Sera, quando,
per sua libera scelta, si è volontariamente isolato in casa. «Da alcuni mesi
evito di uscire di casa. Senza che lo decida davvero, le giornate iniziano,
finiscono ed è successo di nuovo. Non posso dire di esserne scontento: per un
verso, è esattamente quello che voglio». L’isolamento, ha spiegato, «ci
protegge, ci solleva dall’ansia sociale, ci fa sentire padroni del tempo». Ma
«meno usciamo, meno siamo disposti a uscire», e così quella libertà può
trasformarsi in una gabbia dorata.
Di questo volontario
isolamento, lo smartphone è un complice silenzioso. «Gli esperti dicono che la
comunicazione digitale inibisce la ricerca di contatti diretti: la voglia di
vedersi dal vivo, nell’iperstimolazione della messaggistica, retrocede sempre
più sullo sfondo». Un flusso continuo di notifiche e di stimoli – dice Bazzi - ci
fa sentire costantemente connessi, ma mai davvero in relazione! Eppure in
questa relazione virtuale manca qualcosa: manca la presenza fisica, manca il vero
stare insieme, aiutandosi l’un l’altro!
Cari amici, credo che il
libro «Febbre» scritto con grande intelligenza da Bazzi, sia, alquanto utile a
tutti, in particolare alle nuove generazioni; isolarsi, diventare “folla
solitaria”, come scrive D. Riesman, ovvero preferendo il rapporto virtuale a
quello fisico, significa rinnegare il ruolo dell’uomo: creato da Dio "sociale", per
interagire con gli altri. È tempo, scrive Bazzi, “di ricominciare a fidarci
l’uno dell’altro, di ritrovare quel bisogno che abbiamo l’uno dell’altro”!
A domani.
Mario
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