Oristano 15 dicembre 2019
Cari amici,
“PROVINCIA NON PERIFERIA”,
è questo il titolo che Paolo Manfredi ha voluto dare al suo ultimo
libro, presentato a Cagliari con il sostegno e l’organizzazione di
Confartigianato Imprese Sardegna. Scopo principale del libro quello di “Riconnettere
saperi, culture e identità, per far rinascere i territori”, da tempo
negletti e abbandonati, in quanto IN GRAN PARTE si è ammaliati dalla luminosità, lucentezza, e attrattività che i grandi centri creano.
Paolo Manfredi
è un milanese di 46 anni, che, oltre a dirigere le strategie digitali di
Confartigianato Imprese, quel Centro di competenza che analizza l’impatto della
rivoluzione sulle micro e piccole imprese e costruisce percorsi di innovazione
inclusiva, ama scrivere anche di innovazione, politica e pure ristorazione. Nel
2016 ha pubblicato per le edizioni Marsilio “L’economia su misura. Artigiani, innovazione, digitale”. Autore presso www.glistatigenerali.com, da
settembre del 2019 cura il blog “Grimpeur. Scalare la montagna dell’innovazione
inclusiva” sulla pagina web di Nòva del Sole 24 Ore.
“In un mondo dominato
dalle tecnologie, la Sardegna e l’Italia possono tornare a interpretare un
ruolo centrale, se saranno capaci di riconnettere quel bacino di saperi, culture
e identità che stanno nei territori”. È questa la tesi che Paolo
Manfredi propone nel suo libro “Provincia, non periferia”, un saggio breve che è stato presentato giovedì 5
dicembre, alle ore 17, presso la Biblioteca “Emilio Lussu” (Parco di
Monteclaro) della Città Metropolitana di Cagliari; nell’incontro con il
pubblico, Manfredi ha affrontato il dilemma che vivono i territori più interni
e lontani dai Centri, presi nella morsa dell’alternativa tra la fuga dei
giovani alla ricerca di un futuro, spesso illusorio, e l’omologazione dei
modelli culturali.
Il libro cerca anche di
dare risposte, proponendo di mettere in atto una certa resilienza, ovvero una proposta
di “resistenza e rinascita” dei territori, che non necessariamente devono
inventarsi qualcosa di nuovo; devono piuttosto riscoprire ciò che nei secoli è
nato e si è sviluppato nelle nostre Comunità, migliorandone tecnica e sostanza.
Per Manfredi “è necessario tornare a concentrarsi sulla ricchezza e varietà
delle diversità di cui ciascun territorio è portatore e di lavorare per
accrescere e sviluppare questo prezioso bacino di saperi e competenze, dalle
quali può e deve venire il riscatto, anche per la provincia più profonda e
lontana dal grande centro urbano”.
“Le province, o le aree
lontane dai grandi centri urbani, negli ultimi decenni sono state abbandonate
in nome di una globalizzazione che tende all’efficienza, sacrificando la
“biodiversità” sociale ed economica – ha commentato Antonio
Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna -, solo un processo
di riconoscimento delle rispettive differenze potrà ricomporre la frattura tra
città e provincia, tra vincenti e perdenti, tra luoghi dove succede tutto e
territori che non contano più nulla”.
Cari amici, possiamo dire
che il libro di Paolo Manfredi “mette il dito nella piaga”, ovvero mette
a nudo i grandi problemi derivanti da una “Globalizzazione” che ha cercato di
uniformare un mondo di per sé tanto diverso, portando non il dichiarato maggiore
benessere ma una aumentata precarietà, in quanto ha portato gli standard produttivi
ai livelli più bassi, disincentivando chi operava per produrre i “tanti tesori
di nicchia”, e creando una piatta uniformità che ha privilegiato solo le “Grandi
Multinazionali”, a scapito delle piccole strutture d’impresa, facendo morire le
economie modeste ma di qualità e ingrassando solo le grandi economie, seppure
di scarsa e uniforme qualità.
È tempo che la
globalizzazione perda almeno i suoi aspetti più negativi, rivalutando il
locale, le produzioni di nicchia, che, opportunamente rivalutate, potrebbero
convivere in modo sano e genuino con quelle di massa. Ecco, questo è in sintesi
quello che dovrebbe essere portato avanti: una reale riscoperta di saperi e
sapori, di valori e di tradizioni, perché il locale possa degnamente convivere
con il globale. Noi sardi se volessimo lo possiamo fare: siamo abituati a
quella speciale resilienza che ci ha consentito di sopravvivere a secoli di
dominazione portata dagli antichi invasori, e lo possiamo fare anche oggi con quelli
nuovi, quei conquistatori-dominatori portatori della uniformante Globalizzazione.
La sfida, cari amici, se
vogliamo possiamo vincerla, partendo proprio dalla ri-valorizzazione della cultura
e delle tradizioni della provincia e delle periferie.
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento