Vinacce...
Oristano 10 dicembre 2019
Cari amici,
Il tempo degli sprechi,
delle vacche grasse è finito! Abbiamo vissuto facendo le cicale per troppo
tempo, abbiamo saccheggiato il pianeta utilizzando oltre il necessario le sue
risorse, lo abbiamo inquinato con mille prodotti di sintesi, ignorando la
possibilità di utilizzare quanto già messoci a disposizione dalla natura.
Ebbene, oggi è necessario fermarsi, porre rimedio a quei nostri comportamenti
irresponsabili, pensando seriamente a creare le condizioni per lasciare un
pianeta ancora vivibile alle nuove generazioni.
Condizioni di salvataggio
del pianeta che partono necessariamente da un pieno, totale utilizzo delle
risorse naturali, che per troppo tempo abbiamo considerato “scarti di
lavorazione”, e che, invece, avrebbero potuto consentire utilizzi ben più
proficui. Il mio post di oggi, cari amici, intende parlarvi proprio di uno di
questi “scarti”, quelli rinvenienti dalla lavorazione delle uve da trasformare
in vino, e che per tanto tempo sono stati destinati alla discarica, anziché essere
recuperati, ignorando in tal modo il loro valore.
A cambiare le “carte in
tavola” trasformando questi “rifiuti” in creme di bellezza e integratori
alimentari, un interessante progetto internazionale, coordinato dall'Università
degli Studi di Cagliari. Seppure in precedenza sul possibile utilizzo dei
residui della lavorazione delle uve, ci siano stati altri studi, quest’ultimo progetto
riveste, sotto diversi aspetti, un’importanza molto più avanzata, in quanto in grado di
creare non solo risorse da quelli che abbiamo sempre considerato scarti, ma
anche di creare nuovi posti di lavoro.
L’interessante progetto
che ha preso il nome di “ENI CBCMED BESTMEDGRAPE”, gestito dalla Regione
Sardegna e finanziato con 3milioni e 300mila euro (di cui 2milioni e 600mila di
fondi europei), vede partecipi oltre l’Italia con il CNR, anche Francia,
Libano, Tunisia e Giordania. Come ha spiegato in diverse interviste Gianluigi
Bacchetta, direttore dell’Orto Botanico di Cagliari e uno dei coordinatori del
progetto, “...questo intende non solo trasferire nuova tecnologia alle imprese
locali già esistenti, ma anche dare il suo sostegno progettuale a nuove imprese
o startup che intendessero percorrere iniziative collegate”.
Oltre l’Università di
Cagliari, con il coinvolgimento del Dipartimento delle Scienze della Vita e
dell’Ambiente, operativa con due gruppi di ricerca, coordinati dalla
professoressa Maria Manconi e dal professor Carlo Tuberoso, e il Dipartimento
di scienze Biomediche con la professoressa Micaela Morelli e il professor
Gianluigi Bacchetta, è presente anche il Centro Servizi per l’Innovazione e
l’Imprenditorialità, diretto dalla professoressa Maria Chiara di Guardo, che si
occuperà di guidare coloro che, tra i 150 possibili imprenditori coinvolti,
mostreranno il maggior potenziale di sviluppo imprenditoriale.
Trasformare gli scarti in
risorse, questo l’obiettivo principe della ricerca, che giustamente sostiene che,
se ben sfruttati, i residui della lavorazione delle uve hanno grandi chance di
commercializzazione. L’obiettivo reale del progetto è quello di promuovere il
trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca sulla vite e sui
possibili utilizzi dei sottoprodotti di vinificazione che possono essere
trasformati in “nano-formulati” commerciali e innovativi, destinati alla
cura del corpo e al mantenimento di un buono stato di salute della persona.
Il fine ultimo è proprio la
nascita di nuove start up e imprese. Sono coinvolti nell’attività due
dipartimenti e due centri servizi dell’Ateneo cagliaritano che operano in
collaborazione con gli altri partner mediterranei. Ognuno avrà la
responsabilità di un pezzo del percorso. Il gruppo coordinato da Gianluigi
Bacchetta si occupa, ad esempio, della conservazione dei materiali genetici; su
questi sta realizzando degli studi per individuare i protocolli di
moltiplicazione dei vitigni autoctoni selezionati; delicato anche il ruolo del
team di Scienze biomediche coordinato da Micaela Morelli: testerà l’efficacia
biologica delle “nano-formulazioni” prodotte; infine, il Centro servizi per
l’innovazione e l’imprenditorialità diretto da Maria Chiara Di Guardo, è pronto e disponibile ad accompagnare la creazione di imprese.
Cari amici, quello evidenziato è un progetto davvero
di grande interesse, che nasce con un doppio obiettivo: far diventare certi scarti materia prima importante e poi rendere l’area Mediterranea
più competitiva e capace di produrre reddito e lavoro. La ricerca prima accennata ha consentito di sviluppare un
sistema per nano-incapsulare in vescicole liposomiche i principi attivi
degli scarti della lavorazione del vino, che come accennato prima, hanno rappresentato
finora più un problema che una risorsa. Questa nuova tecnologia rende i
principi attivi più biodisponibili, aumentando l’efficacia dei prodotti nei
quali vengono inglobati. Le nanocapsule verranno utilizzate, come detto, per
produrre prodotti importanti come gli integratori alimentari e degli importanti cosmetici naturali, come
le creme di bellezza.
Alla bella iniziativa
auguriamo, davvero, un grande successo!
A domani.
Mario
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