Oristano
28 febbraio 2019
Cari amici,
voglio chiudere le riflessioni di febbraio, con un argomento grave, che ansia il mondo in modo sempre più preoccupante: lo smaltimento della plastica. Questo materiale, messo in uso dall'uomo oltre mezzo secolo fa, si è rivelato deleterio, capace di sconvolgere l'equilibrio ecologico del pianeta! Su questo blog ho avuto occasione di trattare molte volte questo argomento, considerata la sua
esagerata diffusione e la sua alta pericolosità.
Col passare del tempo ci si è resi conto che al modesto vantaggio iniziale apportato, l’uso di questa sostanza ha creato dei disastri incredibili, capaci addirittura di sconvolgere la vita sul pianeta, modificandola forse in modo irreversibile. Eppure, nonostante tutto, la plastica continua la sua strada senza interruzioni, essendo stati finora modesti i tentativi fatti per limitarne l’uso. Che fare allora? L'unico modo per limitare i danni appare quello del possibile riciclo, ovvero far sì che il suo smaltimento sia corretto, in modo tale da non continuare a compromettere l’equilibrio ecologico dell'intero pianeta.
Col passare del tempo ci si è resi conto che al modesto vantaggio iniziale apportato, l’uso di questa sostanza ha creato dei disastri incredibili, capaci addirittura di sconvolgere la vita sul pianeta, modificandola forse in modo irreversibile. Eppure, nonostante tutto, la plastica continua la sua strada senza interruzioni, essendo stati finora modesti i tentativi fatti per limitarne l’uso. Che fare allora? L'unico modo per limitare i danni appare quello del possibile riciclo, ovvero far sì che il suo smaltimento sia corretto, in modo tale da non continuare a compromettere l’equilibrio ecologico dell'intero pianeta.
L’inquinamento che crea
la plastica, in particolare sulle acque e sulle risorse del mare, considerata
anche la sua lunghissima fase necessaria per il suo naturale disintegrarsi, è
un problema serissimo, assolutamente da risolvere.
Dopo i numerosi tentativi effettuati per cercare di smaltire in modo corretto le montagne di plastica che quotidianamente si formano nel mondo, rivelatisi poco efficaci, di recente sembra intravvedersi una prima, possibile soluzione. Quest'ultima propone un metodo che dovrebbe essere un primo, serio passo concreto verso la soluzione del problema.
Dopo i numerosi tentativi effettuati per cercare di smaltire in modo corretto le montagne di plastica che quotidianamente si formano nel mondo, rivelatisi poco efficaci, di recente sembra intravvedersi una prima, possibile soluzione. Quest'ultima propone un metodo che dovrebbe essere un primo, serio passo concreto verso la soluzione del problema.
Un team di scienziati
americani operanti presso l'Università di Purdue, nello Stato dell’Indiana, ritiene
di aver trovato un innovativo metodo per riutilizzare i rifiuti di plastica
riciclando almeno una parte (circa il 25 per cento) di questa preziosa risorsa
trasformandola in nuovi materiali. Una scoperta importante, dato che forse
molti ignorano che ogni anno nel mondo si producono 322 milioni di tonnellate
di materiale plastico! Un dato, amici, tra l’altro destinato a crescere fino a
raddoppiare, secondo le previsioni relative ai prossimi 20 anni.
Di questi molti milioni
di tonnellate di plastica una grossa fetta finisce nell’ambiente, in
particolare nei corsi d’acqua e nei mari, contaminando e distruggendo le specie
ittiche presenti. Le associazioni ambientaliste hanno stimato che ogni anno ben
8 milioni di tonnellate di questo materiale finiscono negli oceani.
Questo materiale si aggiunge all'immenso deposito già esistente, considerato che moltiplicando il dato annuo con gli anni trascorsi (la plastica iniziò ad
essere utilizzata appieno negli anni ’50), si può immaginare a che quota è arrivata la quantità globale! La realtà si può toccare con mano: è resa evidente dalla ormai famosa “isola di plastica”, la Great Pacific Garbage Patch, composta
da miliardi di rifiuti che si sono agglomerati al largo della California, grande circa 3 volte la Francia! Ammasso che ogni giorno che passa si disintegra lentamente in micro-plastiche che avvelenano le specie marine, arrivando a distruggerle e contaminando anche l'uomo che se ne ciba.
La scoperta prima
accennata e di cui voglio parlare oggi con Voi, stando a quanto hanno spiegato i
chimici dell’Università di Purdue, consiste in un processo chimico da loro
sviluppato, che consente di riciclare almeno il 25 per cento della massa di un
prodotto plastico trasformandolo in altro materiale utile. Per ottenere questo
risultato hanno lavorato sulle “poliolefine”, una tipologia di polimeri
(macromolecole), come il polipropilene, che costituisce quasi il 25 per cento
di tutti i composti della plastica (sostanza presente nelle bottiglie, nei
bicchieri, nei tappi e persino nelle etichette delle bottiglie).
La quantità di polimeri
recuperati può essere trasformata in carburanti (naturali), validi alla stessa
stregua del gasolio o dei gas di petrolio liquefatti (gpl), creando in questo
modo un’alternativa “meno inquinante”. I ricercatori, secondo quanto si legge
sulla rivista ACS Sustainable Chemistry and Engineering, sono riusciti a
liquefare le poliolefine presenti nella plastica servendosi di un sistema
particolare che si basa sulla “liquefazione idrotermale”. Questo processo permette
di estrarre dalla plastica solida alcuni polimeri in maniera selettiva.
Per riuscire nell’intento
i chimici ricercatori hanno usato “acqua supercritica”, un liquido il cui
particolare stato può essere raggiunto quando la sua temperatura è compresa tra
374 e 500 gradi Celsius, e la pressione è pari a 22,1 Megapascal. Nelle giuste
condizioni, i polimeri della plastica subiscono la trasformazione, diventando
un olio particolarmente viscoso, composto da idrocarburi liquidi. Successivamente
la nuova “risorsa” può essere trasformata in nafta.
Come ha spiegato la
coordinatrice dello studio, la dottoressa Linda Wang, “La nostra tecnologia di
conversione mostra un potenziale nel dare una spinta ai profitti delle
industrie del riciclo e impattare fortemente sulle riserve mondiali di rifiuti
di plastica”. I ricercatori hanno stimato che, attraverso questo
processo, sia possibile produrre anche il 4 per cento della richiesta globale
annua di gasolina o diesel. In realtà l’obiettivo del team statunitense, più
che quello di offrire sul mercato un nuovo combustibile, mira invece a far sì
che la plastica diventi tanto preziosa da renderne il recupero abbastanza
remunerativo.
Finora nel mondo, di
tutta la plastica prodotta negli ultimi 65 anni (dato stimato in oltre 8
miliardi di tonnellate), il 12 per cento è stata incenerita mentre soltanto il
9 per cento è stata riciclata adeguatamente. Questo sta a significare che circa
l’80 per cento di questo inquinante materiale è finito negli oceani. Con le
conseguenze che ben sappiamo.
Ora gli scienziati
dell’Università Purdue sono convinti che il processo sviluppato sia valido ed
economico e che produrrà sicuramente effetti ecologici positivi. Dalla nafta
grezza ottenuta, infatti, possono essere ricavate moltissime sostanze chimiche
e dei carburanti puliti.
Amici, chissà se
finalmente (forse), siamo riusciti a metterci sulla buona strada, anche se
molto dell’altro ancora resta da fare, per vedere un futuro mondo più pulito e meno inquinato!
A domani.
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