Oristano
13 Febbraio 2019
Cari amici,
La protesta dei pastori
sardi, nell’arco di pochi giorni, ha raggiunto livelli forse mai toccati prima.
Nuclei organizzati di allevatori sono presenti un po’ ovunque nelle piazze e nelle strade dell’isola,
dimostrando in modo forte, crudo, tutta la loro rabbia: non si può accettare di morire senza almeno gridare! Non si accetta di gettare
alle ortiche i sacrifici di una vita, già di per sé dura e faticosa, che non
consente né ferie né riposo settimanale. La vita di un pastore, come molti
sanno, è fatta di sveglia alle 5 del mattino per la prima mungitura a cui ne
seguirà un’altra, effettuata nel pomeriggio, per ricavare da ogni pecora circa
un litro di latte al giorno, oltre al costoso impegno fisico e finanziario della gestione aziendale.
Oggi il risultato di questo
duro lavoro è una remunerazione ai limiti del ridicolo, della beffa: ogni litro di
latte viene pagato circa 60 centesimi,
una vera elemosina, che non copre nemmeno i costi vivi di allevamento e di
alimentazione del bestiame (i mangimi sono sempre in aumento), senza contare il lavoro personale prestato. Ormai, senza
interventi risolutori, la crisi porterebbe alla chiusura di gran parte dei circa 12 mila allevamenti
presenti in Sardegna.
La nostra Isola infatti possiede oltre il 40 per cento del
patrimonio ovino italiano, da cui si ricavano quasi 3 milioni di quintali di latte
destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (DOP), oltre gli altri
prodotti, sempre riconosciuti come DOP dall’Unione Europea, come il Fiore Sardo
e il Pecorino Sardo.
La vibrante protesta
circa la bassissima remunerazione del latte da parte degli industriali del
formaggio, a mio avviso trae certamente origine da quegli effetti perversi
della globalizzazione che, dopo averci illuso nella fase iniziale millantando
grandi vantaggi per tutti, si è rivelata portatrice più di danni che di guadagni.
Eppure, amici, il latte è un prodotto indispensabile, di cui certamente non si può fare a meno, e
quindi necessiterebbe di un forte, adeguato sostegno pubblico, costantemente monitorato, disposto in favore di
chi lo produce.
La necessità di sostenere
un settore primario come quello agro-pastorale in realtà non è solo qualcosa che riguarda
la situazione della Sardegna e neppure quella più vasta italiana, ma un problema di peso straordinariamente più grande, di livello mondiale. Nel
mondo grandi nazioni come gli USA sostengono costantemente l’agricoltura e la
zootecnia spendendo molti milioni di dollari, perché un settore così importante non solo produce i beni
necessari al nostro sostentamento, ma annovera tutta una serie di altri vantaggi indiretti: basti citare il controllo e la protezione del territorio, la salvaguardia dell’ambiente,
il mantenimento della popolazione nelle aree rurali, la salvaguardia del
paesaggio, a dirla in breve un genuino controllo del territorio del pianeta. Perché allora lasciar morire il
pastore e l'agricoltore con le relative aziende, vista la funzione svolta in un territorio che già oggi si presenta depauperato e in gran parte abbandonato per disperazione?
Questa volta però, la
ribellione dei pastori è stata ben superiore alle lamentele del passato. Gli
allevatori hanno deciso di attuare una protesta di enorme valore simbolico:
hanno caricato trattori e camion con i bidoni pieni del latte dei loro allevamenti e, con
rumorose proteste, lo hanno sversato per terra, inondando le strade con il
bianco liquido, prodotto con fatica e sudore! Il gesto, per molti forse inaspettato, ha risvegliato molte
coscienze addormentate riportandole alla realtà. Sono pochi quelli che avanzano mugugni o parlano di
esagerazione, in quanto la loro protesta appare più che giustificata.
In tutte le parti dell’Isola,
già da 4/5 giorni le manifestazioni continuano e…fiumi di latte continuano ad
inondare le strade; i picchetti posti davanti agli stabilimenti servono a
impedire la consegna del latte o l’uscita dei prodotti lavorati. Anche diverse aziende hanno capito e si sono fermate, rispettose della loro giusta protesta. In certi Comuni anche le scuole hanno chiuso per solidarietà. Ciò nonostante, però,
la voce decisiva del Governo, non appare ancora in tutta la sua interezza
risolutiva. La mattina dell’11 scorso
anche Oristano, nella sua piazza principale, Piazza Roma, ha visto i pastori
riversare bidoni e bidoni di latte, proprio sulla fontana posta al centro della
piazza; grossi rigagnoli bianchi, man mano che i bidoni venivano vuotati, venivano
inghiottiti dalle griglie della fontana, quasi fossero le bianche lacrime degli allevatori, gonfie di dolore e
di rabbia.
Cari amici, il popolo sardo,
al quale mi onoro di appartenere, è costituito da gente a dir poco dura, cocciuta e orgogliosa, ma
operosa e leale: in poche parole rispettosa e giusta, che non tollera l'arroganza e la prevaricazione.
Se ora i pastori sardi stanno distruggendo
per protesta il frutto del loro duro lavoro, non sono avventati, ma ben consci del grande
sacrificio che li costringe a farlo; il loro è un forte atto d’orgoglio e di coraggio: meglio
morire di fame, che sopravvivere nella miseria, mettendo a repentaglio famiglia e figli. Difficile
per loro accettare che un litro di latte possa costare quanto o addirittura
meno di una bottiglia di acqua minerale o di un caffè al bar! Per questo essi
si aspettano tutto il nostro sostegno, la nostra solidarietà; essi vogliono
coinvolgerci, perché, da sardi come loro, sono convinti di meritare il nostro appoggio, che da parte nostra sia doveroso
condividere il loro grande grido di dolore!
La Sardegna, amici, in
questi giorni è percorsa in lungo e in largo da molti personaggi della politica in
cerca di consensi, la gran parte dei quali millanta un grande futuro per la nostra Isola, anche se sanno bene di non poterlo
garantire. Ai sardi, però, poco importa delle promesse di Conte, dei vari
Ministri e dei molti "big" nazionali e locali che in questa campagna elettorale fanno promesse su promesse! Essi si aspettano risposte concrete, reali, non semplice assistenzialismo; vogliono solo una giusta e onesta remunerazione del loro lavoro che, seppure duro e faticoso, essi continuano a praticare da secoli senza troppi lamenti, mai stati attratti dalle effimere luci della grande città, dove a farla da padrone sono quei "colletti bianchi" che decretano, spesso in modo
a dir poco avventato, il loro futuro, magari gustando quel buon latte che non sanno di quanta fatica è frutto.
Amici, credo sia arrivato il
tempo "dei fatti" e non più quello delle parole!
A domani, amici.
Mario
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