Oristano
23 febbraio 2019
Cari amici,
Dare pari dignità
ad entrambi i sessi, riconoscere alla donna gli stessi diritti in capo all'uomo, non è mai stato facile, nella consolidata convinzione maschile di essere superiore! Per secoli il predominio
dell’uomo sulla donna è stato non solo preminente ma anche prevaricante,
relegando la donna ad un ruolo non solo subordinato ma ancor più di totale
sudditanza. La battaglia per cercare di raggiungere la parità è
stata lunga: le donne hanno combattuto spesso aspramente per raggiungere parità come il diritto di voto, per
cercare di scalare, tappa dietro tappa, difficili mete, senza
però arrivare alla all'agognata parità.
Una delle problematiche sul tappeto oggi è quella dell'attribuzione del cognome ai figli. Nel caso specifico, su quale cognome dare alla prole della coppia, comsiderato che per secoli il monopolio è stato maschile, con
la trasmissione ai figli del solo cognome del padre, si continua a combattere. Dopo la
“concessione” di poter aggiungere al cognome paterno quello della madre,
attribuendo ai figli un doppio cognome, la lotta continua, nell'intento di un'ulteriore modifica che sancisca la parità. Dopo le diverse
sentenze emesse sia dalla nostra Corte Costituzionale che dalla Corte Europea
di Strasburgo (che ha condannato l'Italia per la mai abolita consuetudine di
dare ai figli il solo cognome paterno), arriva ora in Parlamento una nuova
proposta di legge che dovrebbe porre rimedio alla disuguaglianza.
Un disegno di legge, presentato
il 28 gennaio scorso al Senato dalla senatrice Alessandra Maiorino del
Movimento 5 Stelle (con l’avallo della firma anche del collega Emanuele Dessì), vuole istituire la possibilità di trasmettere il proprio cognome ai figli anche alla madre. La
proposta, che titola “Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai
figli', intende “normalizzare” la situazione italiana parificandola a quella
degli altri Paesi dell’UE, riconoscendo nel contempo “pari dignità alle donne
nell'ambito del rapporto coniugale e familiare”, come si può rilevare dalla
lettura della relazione illustrativa del DDL.
Secondo i firmatari della
proposta "assegnare al figlio il cognome paterno costituisce un retaggio
culturale ormai non più in linea con le mutevoli trasformazioni subite negli
anni dall'attuale tessuto sociale". "L'obiettivo - spiega Maiorino
all'Adnkronos - è cancellare questo automatismo normativo. Il disegno di legge
prevede infatti che sia la coppia a scegliere, di comune accordo, quale dei due
cognomi tramandare". "Si tratta - prosegue la senatrice - di una
proposta reiterata in diverse forme dal '79 ma che non ha mai trovato un
approdo concreto. Ho quindi deciso di raccogliere questa esigenza, che a
qualcuno può sembrare velleitaria ma che in realtà ripara un'ingiustizia".
Finalmente anche le madri,
una volta trasformato in legge il decreto, potranno dare il proprio cognome ai
figli, come del resto già avviene in molti altri Paesi importanti come gli
Stati Uniti d’America. La senatrice Maiorino, nel commentare le motivazioni
della proposta di legge presentata ha ribadito che è tempo di “fatti concreti”,
considerato che l’annoso problema è sul tappeto fin dal 1979! La Maiorino ha ricordato
anche che su questo tema nel 2016 è intervenuta anche la Consulta, dichiarando
incostituzionale la norma «che prevede l'automatica attribuzione del cognome
paterno al figlio legittimo».
In punta di diritto, nel disegno di legge in parola, si
sostiene che «l'assegnazione automatica» del
cognome paterno ai figli «viola l'articolo 2 della Costituzione in quanto
comprime il diritto del singolo individuo all'identità personale» e si pone «in
contrasto» anche con gli articoli 3 e 29 della Costituzione, «poiché si lede il
diritto di uguaglianza e pari dignità dei genitori nei confronti dei figli e
tra i coniugi medesimi». A maggiore conferma, anche la «Convenzione
sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna
(adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata dall'Italia con legge 14
marzo 1985 n. 132)» impegna «gli Stati aderenti a prendere tutte le misure
adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna, in tutte le
questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare,
ad assicurare, in condizioni di parità di genere, gli stessi diritti personali
al marito e alla moglie», compresa dunque anche la scelta del cognome.
Con questi presupposti è
ipotizzabile che finalmente la norma possa passare senza i classici
bizantinismi della politica, che trovano sempre un appiglio quando certe cose non
si vogliono portare avanti o risolvere. Una volta approvata la legge, saranno i
coniugi, di comune accordo tra di loro, a stabilire con quale cognome il nuovo
nata verrà registrato all’anagrafe e l'Ufficiale dello Stato civile dovrà
accogliere la richiesta formulata dai genitori sia che si tratti del cognome
dell’uno o dell’altro coniuge, oppure anche entrambi (doppio cognome), sia con
riferimento ai figli nati in costanza di matrimonio oppure anche fuori dal
matrimonio, così come nel caso di adozione.
Nel caso eventuale che
manchi l’accordo tra i coniugi (cosa possibile anche se non auspicabile), il
figlio sarà registrato con «i cognomi di entrambi i genitori in ordine
alfabetico». E al compimento del diciottesimo anno di età – spiega sempre la
senatrice Maiorino - «il figlio potrà eventualmente scegliere quale tenere».
Amici, anche questo mi
sembra un passo avanti nella strada della parità tra i coniugi.
A domani.
Mario
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