Oristano
20 Ottobre 2017
Cari amici,
È un’emorragia
continua, come una ferita aperta che continua a sanguinare. Le statistiche
impietose lo evidenziano in modo fermo e indiscutibile, come ha rilevato la
recente indagine condotta dalla Fondazione Migrantes
della CEI: oltre 5 milioni d’italiani si sono trasferiti in Europa e nel mondo,
con un aumento del 3,3 per cento in un solo anno di giovani con la valigia.
L’8,2 per cento degli italiani, ormai, vive fuori dai confini nazionali.
Quella effettuata è l’istantanea
di un Paese che cambia, dove in particolare sono i giovani ad abbandonare la
terra che li ha visti nascere per andare altrove; sono radici che si spezzano,
paesi interi che si svuotano. È un pane amaro quello che essi vanno a mangiare
all’estero: il loro è un urlo di dolore, un’invocazione che in sostanza chiede
alla politica un rinnovamento, un intervento organico per bloccare un’emorragia
che sembra non fermarsi mai. Ma vediamo insieme l’indagine nel suo complesso,
che vede giovani e anziani, forze nuove e disperati di una certa età, uomini e
donne: tutti in cerca di una nuova speranza.
I giovani che partono sono
quasi la metà. Dai dati emerge che il
62,4% sono celibi/nubili e il 31,4% coniugati/e. Oltre il 39% di chi ha
lasciato l'Italia per andare all'estero nell'ultimo anno ha un'età compresa tra
i 18 e i 34 anni (oltre 9 mila in più rispetto all'anno precedente, +23,3%); un
quarto ha tra i 35 e i 49 anni (quasi +3.500 in un anno, +12,5%). Le partenze
non sono individuali ma di "famiglia".
La fuga all’estero dei
giovani, spesso appunto con le loro famiglie, al 1° Gennaio 2017 era evidenziata
dal fatto che gli italiani residenti fuori dai confini nazionali e iscritti
all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) sono pari a 4.973.942,
l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. Gli
italiani che sono partiti si sono sparsi per il mondo: raggiungendo 194
destinazioni. La Lombardia si conferma, con 23mila espatriati, la prima regione
da cui si parte, seguita da Veneto (11mila circa), Sicilia, Lazio e Piemonte.
Dove ci si reca soprattutto?
Oltre la metà dei cittadini italiani (2.684.325 milioni) risiede in Europa
(54,0%), nell’UE a 15 (1.984.461 milioni, il 39,9%), mentre 2.010.984 milioni
vivono in America (40,4%), soprattutto in quella centro-meridionale (32,5%). A
seguire l’Oceania (147.930 mila residenti, il 3%), l’Africa (65.696, l’1,3%) e
l’Asia (65.003, l’1,3%). I primi tre Paesi con le comunità più numerose sono
l’Argentina (804.260), la Germania (723.846) e la Svizzera (606.578); il Regno
Unito, in valore assoluto, si distingue per la variazione più consistente
(+27.602 iscrizioni nell’ultimo anno).
Le donne residenti
fuori dei confini nazionali sono 2.391.218, il 48,1% del totale a livello
nazionale (quasi +79.000 unità rispetto al 2016). Le regioni italiane con il
numero più consistente di donne emigrate sono, nell’ordine, la Sicilia (oltre
350 mila), la Campania (oltre 231 mila), il Lazio (oltre 215mila) e la
Lombardia (oltre 213 mila). Spesso la
migrazione, come accennato, non è individuale ma di “famiglia”, intendendo sia il nucleo più
ristretto, ovvero quello che comprende i minori (oltre il 20%, di cui il 12,9%
ha meno di 10 anni) sia la famiglia allargata, in cui i genitori – ormai over
65 – diventano “accompagnatori e sostenitori” del progetto migratorio dei figli
(il 5,2% del totale). A questi si aggiunge il 9,7% di chi ha tra i 50 e i 64
anni, ovvero i tanti “disoccupati senza speranza”.
Quanto al titolo di
studio, nel 27,9% dei casi chi si trasferisce all’estero ha un diploma di
scuola superiore, con una leggera prevalenza degli uomini (il 28,2% contro il
27,6% delle donne). La migrazione femminile si caratterizza per uno svantaggio
maggiore, in termini d’istruzione, al crescere dell’età, tanto che le
ultrasessantacinquenni sono nel 20% dei casi senza titolo di studio o con la
sola licenza elementare (il 14,4% per gli uomini). Circa i pensionati che emigrano, sono calcolati in 380 mila: tante sono
le pensioni pagate all’ estero, il 2,2 % del totale; aumentano quelle versate
in America centrale e Asia, per effetto dei cittadini stranieri che, dopo aver
lavorato in Italia, tornano a trascorrere la vecchiaia in patria.
Cari amici, gli impietosi
dati statistici prima evidenziati, dimostrano la precaria situazione della
nostra nazione, dove i giovani sono la parte maggiormente perdente, una
generazione che si considera senza futuro. La politica, però, sembra assente,
quasi rassegnata, come se non fosse possibile intervenire…
Sarà proprio così? Io
penso, invece, che manchi la volontà di farlo, chei rimedi potrebbero e dovrebbero essere trovati.
A domani.
Mario
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