lunedì, ottobre 09, 2017

LA CATENA VIRTUOSA DELLE TRE “R”: RIDURRE, RIUTILIZZARE, RICICLARE. PER SALVARE IL MONDO QUESTA CATENA È INDISPENSABILE.



Oristano  9 Ottobre 2017
Cari amici,
Siamo diventati la società degli sprechi: non per niente viene definita la “SOCIETA’ USA E GETTA”. È arrivato, però, il momento di cambiare e, soprattutto, è indispensabile farlo velocemente, se vogliamo salvare il mondo da un inquinamento che lo sta trasformando in una pattumiera. Le parole d’ordine, già da tempo coniate e diffuse, sono tre: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Per comprendere la gravità del problema ci basti un solo esempio: la plastica sta soffocando il mare: in media 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei mari di tutto il mondo. Nell’Oceano Pacifico si è formata un’immensa isola fatta di plastica galleggiante che inquina in modo pericolosissimo il mare e la vita che si svolge al suo interno.
Produciamo sempre più plastica usa e getta, molta più del necessario, e riciclarla non basta. L'80% dell'inquinamento marino è costituito da plastica. Questo per quanto riguarda la plastica, e per il resto? Proviamo a parlare allora delle lattine di alluminio, per esempio. Negli USA, tra il 1999 e il 2.000 si è gettato nell’immondezza un tal numero di lattine di alluminio che, se recuperate, si sarebbero potuti rimpiazzare 316.000 Boeing 737 ovvero 25 volte l’intera flotta aerea civile mondiale. Oltretutto, pensate, il riciclo dell’alluminio permette di risparmiare fino al 95% dell’energia elettrica necessaria alla sua produzione.
Tutto questo ci fa riflettere non poco sulla stupidità umana e su quante risorse buttiamo via: le potenzialità economiche e di risparmio del riciclo dei materiali sono davvero considerevoli. Verrebbe da chiedersi: quanta energia si può risparmiare e quanto materiale può essere riutilizzato usando anche semplici sistemi di recupero, senza rinunciare alle nostre abitudini? Molto, davvero molto! Solo che il nostro impegno dovrebbe essere premiato.
Una seria politica del riciclaggio potrebbe essere quella di prevedere maggiori sgravi fiscali per le aziende che utilizzano nei propri cicli produttivi materiale riciclato e nel contempo incrementare gli incentivi per coloro che rilavorano materiali riciclabili. Di idee se ne potrebbero mettere tante sul tappeto, ma spesso prevale l’indifferenza. È necessario, pertanto, che in ogni Stato si creino le condizioni giuste per un serio riciclo, evitando i pericolosi sprechi dell’usa e getta.
Una tra le prime azioni certamente da mettere in atto è quella di imporre ai comuni una raccolta differenziata ancora più capillare, penalizzando economicamente quei Comuni che non raggiungono i risultati richiesti. Lo abbiamo potuto constatare dalle ripetute, gravi situazioni di degrado verificatesi anche di recente in centri come Roma e Napoli, che hanno portato l’Italia alla negativa ribalta internazionale. E non è tutto.
“Il riutilizzo”, una delle R di questa catena virtuosa, si posiziona addirittura prima della R del riciclo. Riutilizzo inteso nel senso di “dare una nuova vita” ad un oggetto destinato alla discarica. In parole semplici bisognerebbe ritornare un po’ al passato, quando per il guasto di un qualsiasi oggetto avveniva la riparazione non la sostituzione. Oggi, è triste dirlo, i veri nemici del riutilizzo degli oggetti usati ma in buon stato sono “l’obsolescenza programmata”, messa in atto volutamente dai fabbricanti.
Questo marchingegno, sapientemente utilizzato, è un elemento importante del sistema economico basato sull’usa e getta, quasi che le risorse del mondo fossero inesauribili. Si costruiscono pertanto oggetti per qualsiasi uso, programmati per rompersi dopo un preciso periodo di utilizzo, creando in questo modo la necessità di nuovi acquisti, stante il fatto che la loro possibile riparazione sarebbe assolutamente anti-economica. Chi di noi non si è trovato nella situazione di dover rottamare un oggetto poiché aggiustarlo sarebbe stato troppo costoso o perché del componente “rotto” non esisteva il ricambio? Tutto questo, oltre tutto, ha fatto scomparire attività artigianali importanti che prima si occupavano di questi interventi.
La società dello spreco (questo il termine più consono al posto di usa e getta), inoltre, con la messa sul mercato delle “finte novità”, che sono solo apparenza e non sostanza, intendono solo incentivare il cambio. Inoltre, l’abitudine ormai fatta a rincorrere l’ultima novità lanciata dalla moda, ci impedisce di continuare ad utilizzare quello che abbiamo (perfettamente funzionante) per non sembrare arretrati, per dimostrare di essere sempre all’avanguardia. Ci basti pensare a prodotti come i telefonini, i computer, o la TV di ultima generazione.
I termini come “riutilizzo”, “di seconda mano” o di “usato” sono sempre più ignorati, evitati, quasi volessimo addirittura cancellarli dal vocabolario, in quanto riferiti alla vita del passato, collegate a situazioni di arretratezza, povertà o incapacità di stare al passo con la modernità.
In realtà, cari amici, saranno guai seri se continuiamo su questa strada, se non ripristiniamo quanto prima la catena delle TRE ERRE. Riutilizzare non è solo uno dei sistemi più immediati per risparmiare denaro, per ridurre l’inquinamento e per rendere il mondo più vivibile e pulito, ma è ben altro. Usare più a lungo qualcosa che ci appartiene, che fa parte da tempo della nostra vita, significa anche alimentare il nostro senso romantico per le cose che ci appartengono e che da tempo ci fanno compagnia. Allungare la vita ad un oggetto è farlo ancora partecipe della nostra vita, mantenere un legame affettivo importante, che ci appaga e ci dà sicurezza.
Si amici, si può voler bene anche alle cose, in particolare se con questo nostro amore contribuiamo anche a tenere il mondo più pulito, vivibile, in modo da poterlo consegnare in buone condizioni alle generazioni future.
A domani.
Mario

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