Oristano
8 Ottobre 2017
Cari
amici,
Meditavo dentro di me,
da cristiano, il particolare momento di sofferenza patito da Papa Francesco per
le assurde accuse che un gruppo di acculturati cristiani conservatori Gli hanno
lanciato con forza, dopo la pubblicazione della “Amoris Laetitia”. Una lettera
di contestazione corposa, quella inviata al Papa, composta da ben 25 pagine e
firmata da 40 sacerdoti e studiosi laici cattolici, recapitata a Papa Francesco
l'11 di Agosto. Il contenuto di questa lettera successivamente è stato avallato
da altre firme, anche importanti. Pur seguendo con attenzione questa triste vicenda,
mai mi avrebbe sfiorato l’idea di scrivere pubblicamente sull’argomento, non
solo per la sua delicatezza ma soprattutto per la mia scarsa preparazione in
campo teologico che non è proprio alla mia portata.
Domenica 1 Ottobre,
però, partecipando alla S. Messa celebrata in Cattedrale da Don Paolo Baroli, dopo
aver ascoltato con attenzione la Sua Omelia, mi sono convinto a esternare, per
quanto da profano, la mia opinione sulla vicenda. A colpirmi sono state in
particolare le parole di Paolo che, nel commentare il Vangelo, incentrato sulla
parabola dell’uomo che manda i suoi 2 figli a lavorare nella vigna (uno dei
quali dice no e poi invece va e l’altro che dopo il sì al padre fa tutto il
contrario), ha colto l’occasione per ribadire la grande validità del concetto
espresso da Gesù in questa parabola: che l’accettazione formale non serve,
risulta inutile, conta invece la concreta, sostanziale accettazione.
Gesù durante la Sua
vita terrena condannò con grande forza i Farisei di allora, setta che aveva il
predominio nella vita religiosa e civile giudaica, che si distingueva dagli
altri per un forte rigorismo etico e uno scrupoloso formalismo nell'osservanza
della legge e della tradizione. Paolo nell’Omelia ha paragonato ai Farisei di
ieri quelli di oggi, quelli che, con lo stesso “metro formale” di giudizio,
accusano Papa Francesco, reo a loro avviso di aver commesso nella stesura di
“Amoris Laetitia”, ben 7 eresie. Personaggi, i Farisei di oggi, che improntano il loro pensiero e le loro azioni ad un rigoroso ma
vacuo formalismo.
Tornando alla lettera
inviata al Santo Padre in Agosto, considerato che nessuna risposta è loro pervenuta,
gli estensori hanno deciso di renderla pubblica alla fine di Settembre. I
tradizionalisti mittenti forse attendevano dal Papa una "correzione",
circa le novità (per loro eresie) introdotte sul matrimonio nella Amoris
Laetitia, ma così non è stato. La lettera priva di risposta è stata dunque
divulgata (in un sito aperto ad hoc, e che ha un titolo in latino: Correctio
filialis de haeresibus propagatis, che letteralmente significa ‘Correzione
filiale in ragione della propagazione di eresie’).
La mia ignoranza
teologica non mi consente certo di dissertare sui sette i punti contestati, sui
quali non posso e non voglio assolutamente esprimermi. Dico solo che l’autorità
del Papa, successore di Pietro e capo della Chiesa, persona illuminata dalla
Spirito Santo e alla quale si deve assoluta obbedienza, non può e non deve essere
messa in discussione. I Farisei di ieri non riconobbero né Giovanni né Gesù,
così come quelli di oggi non riconoscono l'autorità di Papa Francesco.
Dopo la pubblicazione
sui Media della lettera di accuse al Papa, non sono mancate da parte di
importanti esponenti del Vaticano, reazioni anche molto dure e critiche sul suo
contenuto. Uno su tutti l’Arcivescovo Bruno Forte. Certamente Papa Francesco,
pur addolorato e frastornato dal forte impatto mediatico che la vicenda ha avuto
in tutto il mondo (considerata la rapidità di diffusione creata da Internet),
continuerà senza timore sulla strada intrapresa: amareggiato, sofferente, ma
certo non intimidito.
Altri Papi prima di Lui
subirono dolorosi processi mediatici simili, a partire da Papa Giovanni Paolo
II, oggi Santo, contestato circa le Sue affermazioni sull'ecumenismo (cioè sui fratelli
separati che vengono definiti fratelli e non più «figli del diavolo»), sulla
possibilità di definire “cristiani” anche i non cattolici, sulla salvezza
possibile anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa, sulla salvezza
dei bambini morti senza il battesimo, sulla possibilità del martirio cristiano
al di fuori della Chiesa cattolica e, infine, sulla definizione degli ebrei
come «nostri fratelli». I Farisei nel mondo, purtroppo, non mancavano ieri e
non mancano oggi.
Io sto con Papa
Francesco. Il nostro compito di cristiani è certamente quello di pregare per Lui
e per la Chiesa, perennemente insidiata da Farisei e Pubblicani. Preghiamo
tutti, ogni giorno, perché i Farisei di oggi non l’abbiano vinta, come non
l’hanno avuta vinta quelli di ieri.
A domani.
Mario
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