Oristano 12 Aprile 2017
Cari amici,
Chi come me è cattolico praticante conosce bene l’acquasantiera, quel recipiente concavo posto
all’ingresso di ogni Chiesa che viene utilizzato dai fedeli per la
purificazione intingendo le dita nell'acqua benedetta contenuta e facendosi il segno della croce. L'acquasantiera, detta anche con termine improprio "pila per l'acqua santa",
deriva il suo nome probabilmente dal kantharos,
l'ampia vasca collocata al centro dei grandi portici delle domus romane,
utilizzata per le abluzioni e che, successivamente, ritroviamo nelle
basiliche paleocristiane, dove veniva usata con la medesima funzione dai
fedeli.
Le acquasantiere
delle Chiese dei primi secoli del Cristianesimo erano abbastanza semplici: realizzate in marmo o pietra a
forma di modesta conca, erano normalmente sorrette da una colonna portante
oppure incassate a mensola sulla parete.
Nella nostra Isola uno dei più antichi edifici cristiani dell’oristanese, la Chiesa di San Giovanni di Sinis, sede fino all’XI secolo del Vescovo Metropolita di Tharros (sede importante che sovraintendeva anche alle sedi vescovili di Santa Giusta, Terralba e Useli), porta ancora al suo interno un'acquasantiera in arenaria con un pesce scolpito al centro della piccola vasca.
Nei secoli successivi (a partire dall'età gotica) le acquasantiere iniziarono ad assumere forme più eleganti, spesso ornate da figure, continuando in una costante evoluzione che ebbe il maggior risalto nel XVII e XVIII secolo, con l'affermazione del barocco e del rococò.
Nella nostra Isola uno dei più antichi edifici cristiani dell’oristanese, la Chiesa di San Giovanni di Sinis, sede fino all’XI secolo del Vescovo Metropolita di Tharros (sede importante che sovraintendeva anche alle sedi vescovili di Santa Giusta, Terralba e Useli), porta ancora al suo interno un'acquasantiera in arenaria con un pesce scolpito al centro della piccola vasca.
Nei secoli successivi (a partire dall'età gotica) le acquasantiere iniziarono ad assumere forme più eleganti, spesso ornate da figure, continuando in una costante evoluzione che ebbe il maggior risalto nel XVII e XVIII secolo, con l'affermazione del barocco e del rococò.
I tempi, come ben
sappiamo, cambiano e l’evoluzione non si ferma mai! È avvenuto (e forse avverrà
ancora in futuro) anche per l’acquasantiera e le sue modalità d’uso. In questo Terzo Millennio, nel quale la rottura con gli schemi del passato sembra diventata regola, anche per questo strumento sembra arrivata una trasformazione epocale; si, un'innovazione che appare come un cambiamento “rivoluzionario”, ancorché ritenuto assolutamente
necessario. Il drastico cambiamento, risulta messo in atto per motivi validissimi: quello di
salvaguardare la salute dei fedeli. A Chieti, luogo da dove è partito il primo rivoluzionario cambiamento, nella cappella dell'ospedale l’acqua benedetta, prima dispensata
dalla solita acquasantiera, viene ora fornita da un dispenser in metallo. L’innovazione,
apportata dal nuovo cappellano, ha uno scopo ampiamente giustificabile: evitare il possibile
“contagio” con virus e batteri degli ammalati che l’introduzione di tante mani
nell’acqua avrebbe potuto comportare. L’obiettivo, dunque, è stato quello di voler
conciliare le esigenze di igiene, fondamentali in una struttura sanitaria, con
quelle delle funzioni religiose. L'iniziativa è di Padre Renato Salvatore,
camilliano approdato da 6 mesi al 'SS. Annunziata' della città abruzzese, che
ha 'archiviato' la classica e antica vaschetta marmorea: suggestiva ma anche possibile
ricettacolo di pericoloso germi.
Così spiega il
sacerdote la sua iniziativa: "Nella pulizia della vasca in tante
occasioni ho riscontrato una patina sul fondo, dove facilmente possono
svilupparsi microrganismi dannosi per la salute. Un rischio a cui non possono
essere esposti quanti frequentano un ospedale: che siano degenti, visitatori o
pazienti esterni, potenziali moltiplicatori di infezioni che, invece, possono
essere evitate facendo ricorso a un più igienico dispenser. Certo il nuovo
strumento religioso appare un po’ poco consono agli antichi riti della Chiesa,
sicuramente anche privo di qualunque valore artistico o di pregio, ma in grado
di garantire ugualmente la funzione fondamentale di mettere a disposizione dei
fedeli l'acqua benedetta, un sacramentale importante nel gesto del segno di
croce per implorare la grazia divina".
A parziale 'riparazione' del mancato utilizzo della vecchia acquasantiera, quest'ultima potrà ancora svolgere un'utile funzione: con il dispenser collocato al di sopra dell'acquasantiera, quest'ultima potrà raccogliere le gocce che inevitabilmente sarebbero cadute a terra durante l'uso. Insomma, un modo per conciliare il vecchio con il nuovo, e, sopratutto, per cercare di turbare il meno possibile chi, infastidito dall’innovazione, avrebbe rifiutato in toto la modifica. La vecchia acquasantiera,
inoltre, resterà come “simbolo significativo”: a segnalare in quel punto la
presenza dell'acqua benedetta, parte di quel millenario e significativo rito
purificatorio.
Secondo il simpatico e
moderno cappellano, che con l’iniziativa ha cercato di conciliare salvezza (spirito)
e salute fisica (corpo), il dispenser deve essere visto e valutato come un
gesto di vera attenzione e rispetto per le persone. Si, come lo sono state
altre innovazioni apportate di recente ai sacri riti; per esempio l’introduzione
in molte Chiese dell’animatore liturgico, quel dispositivo elettronico
che diffonde un sottofondo di musica sacra per tutto il giorno, e accompagna degnamente
le celebrazioni liturgiche con canti e cori appropriati. La tecnologia,
insomma, può conciliarsi perfettamente con la liturgia.
Cari amici,
personalmente sono ben favorevole all’iniziativa di Padre Renato Salvatore, perché
l’innovazione, quando è concepita come in questo caso per motivi validissimi,
non è fatta per turbare i millenari rituali che il Cristianesimo si porta
appresso da millenni, ma serve semplicemente per venire incontro alle giuste esigenze
di salute dei fedeli.
Credo che la Chiesa questo principio lo abbia sempre condiviso e accettato, accogliendo, tempo per tempo, le modifiche in positivo. La relazione del popolo di Dio con il Divino deve costantemente conciliare umanità e spiritualità: col trascorrere del tempo, essa vivrà le innovazioni e si adeguerà, adottando di volta in volta i nuovi strumenti che la tecnologia continuerà a mettergli a disposizione.
Credo che la Chiesa questo principio lo abbia sempre condiviso e accettato, accogliendo, tempo per tempo, le modifiche in positivo. La relazione del popolo di Dio con il Divino deve costantemente conciliare umanità e spiritualità: col trascorrere del tempo, essa vivrà le innovazioni e si adeguerà, adottando di volta in volta i nuovi strumenti che la tecnologia continuerà a mettergli a disposizione.
È la spiritualità insita
nell’uomo che mai deve cambiare il giusto rapporto con Dio: cambi pure la forma,
purché la sostanza resti immutata.
A domani cari amici.
Mario
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