Oristano 29 Aprile 2017
I corsi e i ricorsi
della storia ci sono sempre stati e, nel bene e nel male, dobbiamo
considerarli una realtà da accettare. L’uomo fin dalle sue origini ha cercato di
rappresentare visivamente le sue emozioni; lo ha fatto raffigurandole inizialmente sulla roccia con delle immagini,
molto tempo prima della scoperta della scrittura. Ne sono un esempio eclatante le
pitture rupestri fatte dai nostri antenati, le più antiche delle quali pare siano
state realizzate oltre 30 mila anni fa.
Lo stesso Picasso, uno dei grandi della
pittura mondiale, ebbe a dire, dopo aver visto quelle magnifiche delle famose
grotte di Altamira, che tutto quello che era stato realizzato dopo era solo decadenza. Come dare torto, allora, al
grande pittore (innamorato più della rappresentazione pittorica che di quella scritta), per quello che sta succedendo oggi, con l’anomalo ritorno, da parte delle nuove generazioni, alla rappresentazione grafica delle emozioni attraverso le immagini (emoticons), anziché descriverle
con le parole?
Certo, osservando la
bravura dei nostri antenati, vissuti decine di migliaia di anni fa, non possiamo che restarne
davvero impressionati: nella grotta di Magura, nel nord ovest della Bulgaria, sono
visibili pitture (realizzate con guano di pipistrello) risalenti a 4000-8000
anni fa, che raffigurano scene di caccia e di danza realizzate con eccellente
capacità; in Patagonia, nella Cueva de las Manos ("la caverna delle
mani") si può ammirare una rappresentazione straordinariamente attuale: raffigura delle
mani che si muovono in aria all’unisono, variamente colorate! Si pensa che
siano state realizzate a "stencil", cioè spruzzando del pigmento
colorato sul palmo della mano che, una volta poggiata aperta sulla parete, lasciava l’impronta
che noi oggi possiamo ammirare. E pensare che sono disegni databili tra i 9.500
e i 13.000 anni fa!
Ebbene, cari amici, la
modernità dei giovani del Terzo Millennio ci sta riportando indietro nel tempo: con la
ripresa della rappresentazione delle nostre emozioni non più attraverso l’utilizzo del
linguaggio ma riprendendo l’antica usanza di usare le immagini. Certo, anche il
ri-utilizzo degli strumenti del
passato non può avvenire esattamente nello stesso modo, ma attraverso l’uso dei
nuovi mezzi disponibili, anche se, concettualmente, in realtà il fatto è da
considerarsi un vero e proprio ritorno alle origini. Oggi le emoticon
imperversano sempre più in lungo e in largo sui nuovi mezzi di comunicazione,
con preferenza sui social, sopratutto per il fatto che i giovani, con i moderni telefonini
sempre in mano, si scambiano istantaneamente messaggi di ogni tipo.
Anche in passato, a ben
pensare, furono fatti dei tentativi di sostituire le parole con i disegnini.
Uno dei nostri ‘grandi pensatori’, Giacomo Leopardi, non vedeva di buon occhio le
emoticon del suo tempo. Di fronte ai vari tentativi di rappresentazione grafica
delle emozioni così sentenziava: "Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di
punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la
scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma
rappresentare, e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo
dipingere e significare con i segni, come fanno i cinesi...".
Parole sante le sue, e oggi la cosa si ripete in modo ben più forte e concreto!
Parole sante le sue, e oggi la cosa si ripete in modo ben più forte e concreto!
Oggi le ‘emoticon’ o emoji che dir si voglia, sono
diventate parte integrante del linguaggio quotidiano di ogni Paese e di ogni cultura.
Lentamente ma inesorabilmente esse stanno soppiantando la scrittura, trasformate
in uno strumento ritenuto veloce ed essenziale per rappresentare in un attimo
quell’emozione difficile da descrivere con le parole. Francesca Chiusaroli,
coordinatrice del LaFoS –
Laboratorio di Fonetica e Scrittura dell’Università di Macerata, in una recente
intervista ha dichiarato che «emoticon ed emoji esprimono connotazioni e
stati d’animo e in tal senso sono fondamentali innanzitutto per la
disambiguazione di intonazioni tipiche del parlato, che naturalmente si perdono
nella dimensione del cosiddetto ‘parlato digitato’, nelle cosiddette ‘scritture
brevi’ digitali».
Con l’incessante
sviluppo dei nuovi cellulari, ormai veri e propri computer a tutti gli effetti,
per i giovani sostituire le parole con gli Emoji o le emoticon è diventato un
vero gioco da bambini. Per esempio, una delle novità più interessanti di iOS 10, almeno dal punto di vista degli
utenti, è la nuova versione dell'app Messaggi: da piatta, austera e
minimalista, è diventata improvvisamente ricca di effetti speciali: Emoji
animate e molto altro; Apple ha già lanciato i suoi primi sticker pack per
iMessage; sono i pacchetti di Emoji con la mela dedicati alla nuova versione di
iMessage in iOS 10. Pensate che con iOS 10 non è più necessario scartabellare
centinaia di Emoji per trovare le più adatte: basta scrivere un messaggio e
sarà poi il sistema stesso a suggerire le faccine da inserire con uno scaltro
meccanismo di sostituzione intelligente.
Cari amici, come per il
linguaggio della scrittura anche il linguaggio figurato delle ‘faccine’ non è statico ma aggiornato in continuazione.
Ogni anno di faccine ne vengono lanciate di nuove, dopo aver ottenuto l'approvazione da
parte del Unicode Consortium,
l’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di mantenere un sistema
comune standard per la scrittura dei caratteri sui sistemi informatici. «Non
è un linguaggio, ma è plausibile che si possa trasformare in qualcosa di
simile», ha dichiarato il Presidente dell'Unicode Consortium Mark
Davis. Perché diventi tale, però, è necessario che le immagini assumano concordemente
un significato universale, cosa che non sempre accade.
Che dire, amici, personalmente
sono abbastanza perplesso: secondo Voi è un ritorno al passato o un ritorno al
futuro?
Difficile dirlo, se pensiamo che i grandi personaggi come Picasso e Leopardi sul linguaggio figurato non la pensavano allo stesso modo! Chi vivrà vedrà…
Difficile dirlo, se pensiamo che i grandi personaggi come Picasso e Leopardi sul linguaggio figurato non la pensavano allo stesso modo! Chi vivrà vedrà…
Grazie, amici, a domani.
Mario
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