Oristano 11 Aprile 2017
Cari amici,
Chi l’avrebbe mai detto
che dal veleno del temibilissimo ragno australiano, considerato forse il più velenoso al mondo (l’Atrax robustus, il così
detto ragno dalla ragnatela a imbuto), potrebbe arrivare un farmaco
straordinario, capace di combattere addirittura l’ictus? Una proteina estratta da questo
ragno, infatti, parrebbe in grado in caso dell’insorgenza di un ictus di contrastare le
paralisi causate dal sopravvenire improvviso di questo male, dando al
malcapitato la possibilità di sopravvivere e arrivare in ospedale per ricevere le prime
cure. Il farmaco ricavato da questo potente veleno bloccherebbe
temporaneamente le immediate necrosi conseguenti, concedendo al malcapitato circa 8 ore di tempo per i necessari interventi terapeutici,
limitando in questo modo i noti danni al cervello e le conseguenti, immancabili disabilità
permanenti.
La scoperta di questo possibile aantidoto è stata
fatta dai ricercatori australiani dell'Università australiana di Monash in
collaborazione con colleghi dell'Università del Queensland, che poi l’hanno
resa pubblica sulla rivista Proceedings
of the National Academy of Sciences (Pnas).
L’interessante studio che portato alla scoperta del nuovo farmaco, è stata
seguita in particolare dal Prof. Glenn King dell’University of Queensland, ed i
risultati pubblicati sono il frutto di uno studio-ricerca basato sui ratti.
Il potente veleno individuato dai ricercatori appartiene al ragno Atrax robustus (O. P.-Cambridge, 1877), detto anche "ragno della
ragnatela ad imbuto di Sydney” in quanto diffuso nella zona di Sydney (in
inglese Sydney funnelweb spider), un ragno molto velenoso della famiglia delle
Hexathelidae (sottordine delle Mygalomorphae). La specie è una delle tre del
genere Atrax, presente solo in Australia. Assieme ai generi Hadronyche (che
conta 31 specie) e Illawarra costituisce la sottofamiglia Atracinae. L’Atrax
robustus come detto è noto per essere uno dei ragni più aggressivi e velenosi
al mondo, essendo tra le 40 specie della famiglia delle Hexathelidae l'unica,
assieme alla Hadronyche formidabilis, il cui morso risulta fatale per l'uomo.
"Crediamo di aver per
la prima volta trovato un modo di minimizzare gli effetti del danno cerebrale
dell'ictus", ha spiegato ai tanti che lo
intervistano il professor King. L'ictus è responsabile di sei milioni di
decessi all'anno nel mondo, ha detto lo scienziato, e lascia annualmente 5 milioni di pazienti
con disabilità permanenti. Gli esperti che hanno isolato e testato sui topi,
estrapolandola dal veleno del ragno, la molecola 'Hi1a', hanno appurato che essa produce livelli eccezionali di
protezione dal danno cerebrale, funzionando fino a otto ore dall'inizio
dell'ictus e quindi lasciando un ampio margine di tempo per i successivi interventi.
La molecola 'Hi1a' riesce a spegnere, seppur temporaneamente, delle sostanze
che favoriscono la morte dei neuroni in caso di ictus. Gli scienziati sperano
di arrivare presto a delle sperimentazioni cliniche sui pazienti umani.
La proteina per ora è
stata testata positivamente sui ratti, facendo comunque presumere che
potrebbe funzionare anche sull'uomo. La sostanza isolata risulta in grado di proteggere efficacemente,
se somministrata subito, il cervello dagli irreversibili danni cerebrali
causati dall'ictus. Per studiare al meglio questa preziosa molecola, i
ricercatori hanno esplorato le spiagge dell'isola di Fraser per stanare alcuni
esemplari di Hadronyche infensa, parente stretto del letale ragno dei cunicoli,
e una volta portati in laboratorio, gli esemplari sono stati letteralmente
munti per estrarre le potenti neurotossine secrete dalle ghiandole velenifere.
La scoperta dell’importante
molecola, isolata dalle neurotossine, ha immediatamente attirato l'attenzione
dei biologi per via della struttura, molto simile a quella di PcTx1, una proteina già nota per la sua
azione protettiva sui neuroni. Una somiglianza tanto pronunciata da convincere
i ricercatori a sintetizzarla e purificarla, per testarne gli effetti sui
ratti.
Trattando i topi da laboratorio i ricercatori si sono resi conto che, a due ore dall'ictus, i ratti a cui era stato somministrato l’Hi1a mostravano una lesione cerebrale inferiore dell'80% rispetto a quelli non trattati. Il composto risultava efficace anche otto ore dopo l'ictus, riducendo la quantità di danno cerebrale di circa il 65% rispetto agli animali non trattati.
Trattando i topi da laboratorio i ricercatori si sono resi conto che, a due ore dall'ictus, i ratti a cui era stato somministrato l’Hi1a mostravano una lesione cerebrale inferiore dell'80% rispetto a quelli non trattati. Il composto risultava efficace anche otto ore dopo l'ictus, riducendo la quantità di danno cerebrale di circa il 65% rispetto agli animali non trattati.
Cari amici, sicuramente
questa scoperta risulterà di grandissima importanza anche per l’uomo, anche se è
ancora presto per dirlo: ma i ricercatori sono convinti che in futuro potrà
essere positivamente utilizzata anche nelle terapie umane. "Questa scoperta, in
assoluto la prima del suo genere, ci potrebbe aiutare in futuro a trattare i
pazienti che sopravvivono all'ictus ischemico, limitando i danni cerebrali e la
disabilità causata da questo terribile evento. - ha spiegato il
professor King - L'efficacia di otto ore
dall'ictus rappresenta un buon intervallo entro il quale intervenire".
La scienza come ben
sappiamo avanza sempre e, ne sono convinto, altri mali potranno essere
debellati con la ricerca. Nella nostra povera e disastrata Italia, purtroppo, i
fondi per la ricerca sono invece in constante diminuzione e l’imperativo
“Meglio prevenire che curare” appare sempre più un’utopia. Dovremmo davvero
riflettere seriamente quanto alla costante sottrazione degli indispensabili fondi da destinare alla ricerca…
A domani, cari amici
che mi leggete.
Mario
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