Oristano
14 Gennaio 2014
Cari amici,
che la Sardegna sia una
terra ricca di biodiversità e, sopratutto, priva di contaminazioni, è cosa ben
risaputa. Per questo la Sardegna è senza ombra di dubbio un “territorio unico”,
che va preservato e valorizzato. Questo non è solo il mio pensiero ma quello di
uno chef importante, Pierluigi FAIS, che, insieme alla sua
famiglia, dal 2011 gestisce il locale, “Hotel Duomo” e l’annesso ristorante “da Josto al Duomo”, oltre il piccolo
negozio di prodotti enogastronomici annesso all’attività alberghiera e di
ristorazione.
Personalmente conosco
da anni la famiglia Fais (il padre è un caro amico da sempre), che da tempo
opera nel campo della ristorazione, anche se Pierluigi inizialmente non era
certo destinato all’attuale professione. La storia di Pierluigi,
infatti, è per certi versi atipica: pur nato in una famiglia votata alla
ristorazione, l’iniziale scelta di vita era sicuramente un’altra, avendo deciso
di iscriversi alla facoltà di economia. Conseguita la laurea, però, il richiamo
dell’arte di famiglia ritorna impellente: deciso, non tentenna e prende la
decisione di continuare l’attività dei suoi. Il Suo, però, non è un semplice “ritorno in cucina”, come aveva
iniziato a fare da ragazzo nell’attività del padre: gli anni dell’università,
pur non specifici per la professione alberghiera e di ristorazione, lo caricano
di una “marcia in più”, che lo portano a fare lo “chef innovativo”: non a
replicare il passato ma a sperimentare strade nuove, pur nel rispetto e nella
valorizzazione dell’antica tradizione sarda.
Da questo modo “nuovo”,
dirompente, di muoversi in cucina ne discende un fatto nuovo: Pierluigi nel suo
ristorante non è il “solito chef”, così come possiamo trovarlo in tanti
ristoranti sardi, ma qualcosa di molto diverso!
Da Josto al Duomo l’innovativo Pierluigi Fais, insieme ai suoi
collaboratori e familiari (in primis i suoi due compagni d'avventura, Matteo
Russo ed Enrico Fois), cerca di portare avanti un progetto di cucina fortemente
innovativa: etica e ironica insieme. In che modo, direte Voi? Ce lo spiega Lui
stesso in una lunga chiacchierata fatta in un dopo cena, senza fretta.
Sorseggiando un
digestivo, quasi in meditazione, Pierluigi cerca di far capire a chi lo ascolta
il moderno stile della Sua cucina, in particolare le motivazioni che stanno
alla base delle sue ricette.
La Sua è una cucina tesa a far conoscere il nostro
territorio, innovativa si, ma, in primo luogo, rispettosa del glorioso passato;
una innovazione nella tradizione, per quanto possibile etica e ragionata. Il
suo ragionamento è che, partendo dall’utilizzo dei prodotti locali, si può
anche “innovare”, aggiungendo qualche tocco esotico, ma senza dimenticare la
tradizione, anzi traghettando, attraverso l’innovazione, la tradizione passata verso
il futuro. “Per noi valorizzare i prodotti tradizionali – dice Pierluigi - è molto
importante; per fare questo è necessario selezionare i fornitori e gli
artigiani che producono le specialità locali, spesso uniche, come unica è la
Sardegna, terra che bisognerebbe valorizzare sempre di più”.
Il prodotto sardo è un
prodotto che ha mantenuto, più di altre Regioni, delle peculiarità forti,
uniche, e questo crea delle identità praticamente inimitabili. La Sardegna è ancora
una terra “vergine”, incontaminata, dove il cuore pulsante agro-pastorale è
rimasto fedele e ancorato al passato, senza interferenze esterne, senza quel “melting
pot” che spesso ha miscelato e appiattito ricette uniche. “La nostra – continua Pierluigi
- è
anche una cucina ironica: spesso, nel ripescare dal passato, cerchiamo di
"nascondere gli ingredienti", cercando in qualche modo di “disorientare”
il cliente, rendendogli difficile lo scoprire i segreti della nostra cucina”.
Mentre conversa
amabilmente con noi Pierluigi, con un certo sorriso sornione, continua nella
sua riflessione affermando che “negli ultimi tempi stiamo provando a non
spiegare più i piatti ai clienti come succede in tutti i ristoranti di livello:
per me è un piacere grande quando i clienti di un certo livello si accorgono degli
ingredienti usati e che sono stati capaci di dare quel gradito sapore ottenuto.
E’ quasi una sfida divertente a scovare, da soli, gli ingredienti usati. Anche
i tagli di carne o i pesci utilizzati non sono solo quelli ritenuti più
pregiati o costosi, dice l’innovativo chef. Per fare un esempio della pecora
adoperiamo tutte le parti, non solo il filetto. Inoltre, anche il modo “classico”
di cucinare determinati prodotti viene variato: sempre parlando della pecora, anche
se la tradizione vuole che la si cucini sempre bollita, la sua carne ha
tanto da dire anche in mille altre maniere. Lo stesso discorso vale per il
pescato locale: uno dei pesci che preferiamo è ad esempio il muggine”.
La serata da Josto al
Duomo è, ormai, conclusa. Prima di accomiatarci chiediamo a Pierluigi come vede
il panorama ristorativo sardo. Aggrottando le sopracciglia e con un’alzata di
spalle dice che non è certo facile. Innovare una cucina tradizionale, che ha
resistito per secoli, non è facile, anche se si vedono buoni spiragli. Lui,
cari amici, ci ha provato e continua a provarci!
Pierluigi è giovane e
ha idee serie e calzanti. Credo che molti giovani, anche in settori diversi
dalla ristorazione, possano applicare le stesse metodiche con successo. Per i
curiosi l’Hotel Ristorante da Josto al Duomo è in pieno centro storico, a due
passi dalla Cattedrale. Ecco l’indirizzo:
Hotel
Duomo (Hotel a 4 stelle)
Via
Vittorio Emanuele II, 34
09170
Oristano (OR)
Telefono:0783
778061
A domani.
Mario
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