Oristano
28 Gennaio 2015
Cari amici,
le attese erano cariche
di adrenalina da entrambe le parti: la Grecia nella speranza di un “corso nuovo”,
che facesse uscire la nazione da un’austerità assolutamente insopportabile, la
Troika europea fiduciosa in una soluzione morbida, capace di evitare l’uscita
della Grecia dall’U.E., e il mantenimento degli impegni finanziari in atto.
Mancava
solo la verifica politica diretta sul campo, che è arrivata Domenica 25 Gennaio,
con la scontata e inconfutabile vittoria di Syriza. Lo
“schiaffo” che il popolo greco ha dato all’Europa, tributando il
trionfo all’estrema sinistra di Syriza e liquidando un’intera classe dirigente,
colpevole di averlo “affamato” oltre misura, avrà all’interno dell’U.E. ripercussioni
tali che oggi è ancora difficile comprenderne l’intera portata.
La paura, da entrambe
le parti, è tanta e si tocca con mano. Non stupisce, dunque, il fatto che subito
dopo la comunicazione del risultato elettorale si siano riuniti a Bruxelles i
ministri dell’Eurogruppo e i Presidenti di Bce, Commissione e Consiglio europei.
Da questo summit è arrivata una chiarissima apertura nei confronti della nuova
classe politica greca, guidata dal nuovo
Primo Ministro Alexis Tsipras, anche se dalle prime affermazioni appare chiaro
che, a parte la disponibilità a negoziare, non vi sarà nessuna “cancellazione o
dimezzamento” del debito greco, salvo l’allungamento dei tempi di rimborso.
Disponibilità, dunque,
a discutere la “ristrutturazione soft”: un nuovo allungamento delle scadenze,
con magari una nuova riduzione dei tassi di interesse, ma nulla di più. Debbono
restare ferme, senza modifiche neanche minime, tutte le condizioni preesistenti: gli
impegni di ri-pagamento presi e i termini contrattuali, legate al rispetto del programma
di aiuti Ue, in fatto di austerità e riforme. Alle richieste
che il nuovo Premier farà, verrà dato accoglimento solo se queste richieste saranno
ritenute serie e realistiche e quindi non deludenti.
La domanda che la gran
parte dei partner europei si pone è se il nuovo governo greco di Tsipras potrà accettare
questo “compromesso”, questa offerta europea, senza perdere la faccia, tradendo
sotto molti aspetti le molte promesse fatte ai suoi elettori. La strada per un
reciproco accordo appare molto stretta, ma entrambe le parti, Grecia ed Europa,
sono costrette a percorrerla, perché nessuno dei due può permettersi il lusso
di una rottura: sarebbe molto più costosa, sotto tutti gli aspetti, per entrambe
le parti.
A fine febbraio scadrà
il programma di aiuti UE. Se non vi sarà la proroga, la Grecia da sola non sarà
in grado di far fronte alle scadenze del debito, e anche un eventuale ricorso al
mercato libero avrebbe prezzi proibitivi. Come sarebbe ugualmente un suicidio l’uscita
della Grecia dall’euro e dall’Unione, che peraltro l’80% dei greci non vuole, e
questo Tsipras lo sa bene. Anche l’Eurozona sarebbe in serissimo pericolo, in
caso di default del debito, o di una brutale uscita di Atene dall’UE, perché
inevitabilmente tutti gli altri membri sarebbero chiamati a pagarne il conto,
ovviamente salatissimo.
Il problema, cari
amici, non è di facile soluzione, e questo lo sanno sia ad Atene che a
Bruxelles. L’Unione, del resto, non può nemmeno fare alla Grecia troppi sconti
e concessioni, fuori dagli schemi finora seguiti, perché altrimenti
scatenerebbe una corsa contagiosa alle rivendicazioni a catena da parte degli
altri partner. Anche da noi in Italia sbaglia chi spera nell’alibi greco, per
ottenere boccate d’ossigeno in più o addirittura sognare di tirare i remi in
barca: qualsiasi accordo con Atene sarà infatti costruito in modo da evitare
accuse di doppiopesismo che prestino il fianco a simili pretese. A questo si
aggiunge il fatto che, Paesi come la Germania e gli altri
partner Nordici, allergici a qualsiasi forma di eccessiva benevolenza verso gli
Stati Mediterranei, ostacolerebbero in tutti i modi un eventuale ammorbidimento
eccessivo.
Tuttavia, nell’interesse
comune, una soluzione andrà trovata e, sicuramente, se pur limitati, gli spazi
di manovra ci sono. L’importante è che ci sia la volontà politica di usarli
questi spazi, soprattutto se i Leader europei saranno capaci, usando una grande
capacità di leadership, di scoraggiare i mercati internazionali dalla
tentazione di approfittare della situazione venutasi a creare con nuove
speculazioni selvagge.
Anche la Grecia dovrà dimostrare,
con Tsipras, che il cambiamento avvenuto non deve essere considerato una
rottura con l’Europa ma un “modo nuovo” per rifare i conti, un “nuovo patto” che,
facendo dimenticare al popolo greco un’assurda austerità, consenta di
migliorare le condizioni di vita, senza cancellare i pesanti impegni
internazionali. Tsipras ha fatto
grandi promesse al popolo greco e oggi, padrone della situazione, può anche
permettersi qualche concessione in più all’Europa. La rapidità con la quale ha
formato il Suo Governo, che sta per insediarsi, sulla carta depone bene per una nuova Grecia in Europa.
Cari amici, le sorti
della Grecia e di conseguenza dell’Europa, interessano in modo stretto anche il
nostro Paese. Non solo perché in caso di default siamo creditori per molti
milioni di euro, ma anche perché, in caso di sostanziose concessioni fatte alla
Grecia, saremo i primi a poterle, di rimbalzo, utilizzare anche noi. I mercati
al momento non sono in allarme, anzi la ripresa dell’euro dopo la vittoria di
Syriza appare già un termometro eloquente. Anche l’Europa, nonostante il
mastino Merkel, sa che lo scontro frontale non porterebbe benefici a nessuno,
Germania compresa.
Il problema, come al
solito, sta nel manico: se l’Europa, come ho detto altre migliaia di volte,
prima di portare avanti l’Unione Monetaria, avesse portato avanti e concluso l’Unione
Politica, ora certamente non sarebbe a questo punto. Ecco perché oggi se Atene piange, Sparta (ovvero Bruxelles) non ride…
Cia, a domani.
Mario
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