Oristano
21 Gennaio 2015
Cari amici,
le così dette “cure
parentali”, da sempre esistenti non solo nella razza umana ma
applicate anche da tutte le specie animali, sembrano essersi, almeno per la specie
umana, in qualche modo incredibilmente inceppate. La cronaca quotidiana parla
sempre più spesso di madri che lasciano i figli minori in auto per divertirsi,
di famiglie assolutamente refrattarie a curarsi anche in minima parte dei propri
figli, e di dialogo ormai perduto, assolutamente inesistente, tra giovani,
famiglie e corpo insegnante nella scuola.
Da che mondo è mondo,
la storia ci insegna che la conoscenza viene trasmessa alle nuove generazioni
attraverso una catena congiunta fatta di genitori e maestri; per uscire dall’ignoranza
è naturale che ciò avvenga: è quasi una legge fisica e morale. Il bambino
ascolta il padre e impara, l’allievo ascolta il maestro e apprende. Certo anche
in passato questi passaggi obbligati generazionali possono essere stati non facili:
può essere accaduto che a volte lo scorrimento non sia stato facile, che ci
possano essere state delle ruvide resistenze, perché ogni trasformazione, ogni
apprendimento, contiene una certa quantità di fatica, e spesso il giovane
allievo non è propenso ad affrontarla.
Guai, però, se questo “trapasso
di conoscenza” non avviene: se l’esponente della nuova generazione rifiuta l’acquisizione
della conoscenza, tutta la catena di trasmissione salta miseramente. Ed è
quanto oggi sta accadendo sempre più spesso. Il carisma e l’autorevolezza della
famiglia, così come quella degli insegnanti non viene riconosciuta dagli
allievi, che sembrano rifiutare questo “travaso di sapere”, spezzando così quella
catena millenaria di dialogo culturale tra generazioni. E’, questo rifiuto
giovanile, la negazione della cultura precedente, un fermo rifiuto di
omologazione, una presa di posizione che non accetta che la cultura si tramandi
e si rinnovi.
Chi ha figli in età
adolescenziale tocca quotidianamente con mano quanto tutto questo sia ogni
giorno più reale. Ogni anno il lavoro dei docenti si fa sempre più difficile,
perché la fiducia nei loro confronti da parte dei giovani è diminuita fino ad
arrivare pericolosamente allo zero. Certo, come detto prima, le colpe non
stanno solo dal lato giovanile, in quanto il disgregarsi della famiglia ha
contribuito e non poco al raggiungimento di una siffatta situazione. Facile raccogliere
le confessioni amare di tanti insegnanti, di scuole di ogni ordine e grado, che,
pur preparati e disponibili, vedono vanificare i loro sforzi per il rifiuto
posto dai giovani allievi ad apprendere nel modo più corretto. Dopo anni e anni
di studio è per loro una delusione di grande amarezza.
Essi sono consci di
entrare quotidianamente in aula e “parlare al vento”, tanto che molti
insegnanti soffrono terribilmente di questo “rifiuto ad apprendere” da parte dei loro studenti, che sembrano avere la testa
altrove, distratti o addirittura frastornati dai nuovi “strumenti di comunicazione”
che li accompagnano, come tablet e telefonini vari. I loro sforzi, i loro
richiami, restano lettera morta: anche quando il professore tratta argomenti
semplici, dove basta un minimo di concentrazione, manca agli studenti quel
minimo di attenzione viva, necessaria anche solo per qualche decina di minuti,
ma purtroppo non c’è niente da fare, si predica nel deserto!
Tutto questo è la
negazione totale della cultura, che non vede, al momento, possibili vie di
sbocco. E se il professore alza la voce indignato davanti al mare magnum della distrazione, non
ottiene granché. Non si ricrea, come un tempo, il silenzio indispensabile per
ascoltare e comprendere. Il brusio permane, le schiene si girano,
l’indifferenza regna. La cosa più triste è che proprio i ragazzi meno agiati, quelli
che più degli altri potrebbero ricavare importanti benefici dallo
studio, hanno invece un comportamento di totale menefreghismo. Sembra che per loro sia
diventato impossibile ritrovare la quiete necessaria per studiare e l’onestà di
riconoscere che quell’uomo o quella donna, che in aula cerca di dare loro il giusto
bagaglio culturale per il futuro, non meriti il loro rispetto ed il loro
ringraziamento.
Cari amici, l’amara
realtà è che quella “catena di
trasmissione culturale”, che per secoli ha funzionato a dovere, si è terribilmente spezzata. La precedente
cultura tradizionale, quel ponderoso bagaglio accumulato nei secoli, viene inteso solo come un mucchio di foglie
secche, qualcosa di superfluo, una inutile zavorra da abbandonare. Il tempo
passa, ma nulla cambia in meglio! Sono anni che ormai va avanti così, e la
pattuglia degli studenti saggi, quelli che dimostrano un pizzico di interesse, sono
sempre più una sparuta minoranza. Difficile per i docenti rassegnarsi, anche se
qualche volta illudersi che le cose possano ancora cambiare, serve per
continuare a sperare.
Chissà, in un mondo
ormai così diverso, se possiamo ancora concretamente sperare in un miracolo!
Ciao, a domani.
Mario
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