Oristano
18 Gennaio 2015
Cari amici,
Credo che a tutti sia
successo almeno una volta: ci troviamo in una città dove non siamo mai stati e,
passando in una strada, un vicolo, una piazza, quel luogo ci sembra all’improvviso
“familiare”, da noi già conosciuto! Il fenomeno, che molti sperimentano spesso
con grande ansia e preoccupazione, nessuno riesce a spiegarlo in modo
convincente. Il déjà vu,
letteralmente “già visto”, è una sensazione stranissima, affascinante e
inquietante allo stesso tempo, perché riflettendo razionalmente, convinti di
non essere mai stati in quel determinato posto, esso tuttavia esso ci sembra già
noto, come se lo avessimo già frequentato, magari in un’altra vita!
Il termine déjà vu, coniato dallo psicologo
francese Émile Boirac nel 1896, nasconde un vero e proprio “mistero scientifico
e psicologico”, che coinvolge medicina, scienza e arte, ma che per ora resta
senza una “risposta certa” sull’origine del fenomeno. Eppure alle persone a cui
è capitato di viverlo il fenomeno sembra proprio una specie di “ricerca del ricordo
perduto”, perché esso sembra far parte di noi, perché per quanto ci sforziamo quel
ricordo esiste nella nostra mente, anche se essa sembra non volercelo restituire
in chiaro. Il fenomeno non è da considerarsi raro, perché la sua diffusione risulta
abbastanza diffusa. Secondo Alan S. Brown, psicologo ricercatore alla Southern
Methodist University di Dallas, il 60% della popolazione ha sperimentato il
déjà vu almeno una volta nella vita.
Gli studi che per anni
hanno cercato di approfondire il fenomeno, accreditano diverse teorie, quattro
quelle più importanti:
-la
“teoria neurologica”, secondo cui il déjà vu è una specie di
sovrapposizione di mappe neurologiche di immagini simili, generata da un
attacco di epilessia di brevissima durata o dal rallentamento delle attività
dei neuroni;
-la
teoria del “processamento duale”, secondo cui il
cervello attiva due canali, uno per il recupero del ricordo e l’altro per il
senso di familiarità: a volte il primo si blocca e questo genera il déjà vu;
-la
“teoria attenzionale”, che viene spiegata come una
interruzione della nostra attenzione, a cui seguirebbe un ri-processamento (teoria
basata sull’analisi dei due emisferi del cervello: come se uno acquisisse
l’immagine del luogo senza che l’altro se ne accorga e nel momento in cui i
dati si sovrappongono, scattasse il senso del già visto che non appartiene al
passato ma al presente stesso);
-le
“teorie mnestiche”, secondo cui ci sarebbe un vero ricordo
che però, a causa di un errore della memoria, non riesce a focalizzare l’intero
contesto. Lo stesso Brown, uno dei maggiori studiosi del fenomeno, nel suo
libro The Déjà Vu Experience: Essays in
Cognitive Psychology, riporta trenta possibili cause del déjà vu,
dividendole secondo queste quattro categorie. A suo avviso le cause possono
essere molteplici e sovrapponibili.
Gli studi più recenti
accreditano, invece, altre ipotesi. Una ricerca portata
avanti dai ricercatori del Cnr di
Catanzaro e dell'università Magna Graecia sostengono che il dejà vu nel
soggetto sano è in realtà un “fenomeno
di alterata sensorialità dello stimolo percepito, più che un ricordo
alterato". Una scoperta importante, quella dei
ricercatori del Cnr, che getta nuova luce su quegli istanti in cui il tempo
sembra sospendersi e richiamare alla mente un ricordo dal passato. In realtà
gli studiosi, la cui ricerca è pubblicata su Cortex, spiegano che quella scena
o quella situazione che a noi sembra già nota, altro non è che “un fenomeno di distorsione
sensoriale dello stimolo percepito”.
Come ricorda uno dei
ricercatori, Antonio Cerasa, “Noi pensiamo di aver già visto quel posto,
ma in realtà è la sensazione che abbiamo provato nel vederlo che ci richiama
uno stimolo mnestico precedentemente associato". Insomma, un
inganno percettivo che tra l'altro è condiviso sia da persone sane che da pazienti
con problemi neurologici come l'epilessia. Proprio l'analisi delle aree
cerebrali di alcuni pazienti epilettici investiti da questo fenomeno ha permesso
di stabilire che il déjà-vu “accende” corteccia visiva e ippocampo, aree
coinvolte nell'elaborazione di visione e memoria, che insieme formano questa
eccezionale fusione tra attualità e passato.
Cari amici, per quanto
difficile da comprendere il fenomeno pare proprio debba attribuirsi ad un “errore
di memoria”: il ripescaggio di un elemento, senza che sia accessibile il
contesto complessivo. È un po’ quello che capita quando siamo sicuri di
riconoscere una persona e non riusciamo a ricordare assolutamente chi sia e
dove l’abbiamo vista o conosciuta prima!
Insomma, come dire che nulla è perfetto e che anche il nostro
cervello, questo potente super-computer che ci accompagna fin dal nostro concepimento,
può anch’esso ogni tanto dare i numeri! Da tener presente che tutte le
sperimentazioni e gli studi seri finora portati avanti escludono qualsiasi “implicazione paranormale” nel déjà vu.
Eppure, io che il dejà vu l’ho provato, posso dirVi che l’emozione che si prova
è qualcosa di straordinariamente complesso che anche la scienza ha difficoltà a
spiegare totalmente…
Ciao amici, a domani.
Mario
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