Oristano
24 Ottobre 2014
Cari amici,
"Le
diseguaglianze nel mondo sono in aumento", lo ha
denunciato anche di recente la Banca Mondiale nel summit del Development
Committee riunitosi a Washington.
Ignazio Visco, il Governatore della Banca
d’Italia, nel Suo intervento ha sottolineato come "le disuguaglianze sono salite a livelli senza precedenti''. Precisando che “esistono troppi squilibri
sociali, non solo tra Paese e Paese, ma all'interno dei singoli Paesi, dove
sono aumentate le diseguaglianze di reddito, e dunque gli squilibri sociali,
con tutte le conseguenze negative del caso sul fronte dello sviluppo, anche
economico”.
Le conseguenze di lungo
periodo” portate dalla Globalizzazione, cari amici, stanno avendo “effetti devastanti"
sia sul fronte economico che in quello sociale di molti Paesi. E' proprio questo
l’ultimo allarme lanciato di recente dalla Banca Mondiale, che rivolge un
appello a tutti i Paesi, sviluppati ed in via di sviluppo, perché agiscano
sempre più insieme nel mettere a punto le giuste politiche. Troppe sono le disuguaglianze
che si sono venute a creare man mano che gli effetti della globalizzazione
trasformavano e mettevano insieme economie all’origine tanto diverse tra loro. "Sono
essenziali un'azione coordinata e un sostegno finanziario per contenere e
mitigare l'impatto diretto e di lungo termine della crisi'', si
legge nel documento finale del Development Committee riunitosi a Washington.
Per meglio comprendere
perché la globalizzazione, anziché portare maggiore equità nel mondo ha
invece fatto crescere
invece le disuguaglianze nell’economia di molti Paesi, ho ritenuto necessario riflettere
con Voi su queste pagine, cercando di dare la mia modesta opinione. Il problema
è molto complesso e, per un miglior approccio al sistema globale, ho deciso di dividere la chiacchierata con Voi in tre
parti. Nella prima, quella di oggi, partendo dal significato di Globalizzazione,
affronterò la fase iniziale del fenomeno: l’avvio della liberalizzazione dei
mercati, le aspettative positive che la sua applicazione avrebbe potuto comportare
nelle economie e i primi effetti negativi; nella seconda metteremo a fuoco i “primi correttivi” messi in atto nelle economie che l’hanno applicata (forse è meglio dire ‘subita’), mentre
nella terza faremo il punto sulla situazione attuale, esaminando i possibili
accorgimenti e/o rimedi possibili per riequilibrare situazioni come la disoccupazione e la mancata crescita. Iniziamo partendo
dal “significato” di Globalizzazione.
Se cerchiamo nel
vocabolario la definizione di Globalizzazione
leggeremo che essa rappresenta un “Fenomeno
di omologazione, di integrazione e di interdipendenza delle economie e dei
mercati internazionali; uniformazione di modalità produttive e di prodotti su
scala mondiale”. Quello rilevato, però, è solo l’aspetto di natura
economica. Il processo di globalizzazione non riguarda asetticamente solo
l’economia dei Paesi coinvolti, ma ha effetti molto più ampi, interessando,
come conseguenza, anche il suo contesto sociale e culturale. La Globalizzazione,
quindi, non è solo un processo di interdipendenze economiche, ma anche socio-culturali,
politiche e tecnologiche, i cui effetti positivi e/o negativi hanno una notevole
rilevanza e interdipendenza a livello planetario, tendendo ad uniformare il
commercio, le culture, i costumi e l’intera vita sociale.
Tornando a focalizzare
la nostra attenzione sul “campo strettamente economico”, la globalizzazione è
un concetto multidimensionale che comprende: la progressiva abolizione negli
Stati delle barriere commerciali, con conseguente aumento dei volumi del
commercio internazionale e la successiva integrazione economica tra i diversi Paesi.
Pur chiaro fin dall’inizio, questo concetto di “unificazione delle economie”, eliminando
le barriere precedenti, aumentando la mobilità internazionale dei capitali attraverso
la rete globale di Internet, in sintesi liberalizzando le ferree regole
protettive esistenti, diverse per i singoli Stati, si riteneva che avrebbe contribuito
a diminuire prima e ad eliminare poi le forti disuguaglianze tra Paesi.
Diversi, però, furono
gli aspetti sottovalutati. Uno di questi, in particolare, quello che la
liberalizzazione, diminuendo il potere di regolamentazione degli Stati
nazionali, lo avrebbe trasferito alle grandi strutture economiche internazionali (Multinazionali), creando “Monopoli
di Potere” per niente democratici, annullando di riflesso la regolamentazione
protettiva che i Governi nazionali avevano messo in atto in precedenza sul
mercato del lavoro. Le conseguenze di questa perdita di potere degli Stati hanno
dimostrato, fin da subito, il loro effetto devastante.
La libertà economica
creata dalla Globalizzazione, il travaso di poteri dagli Stati nazionali alle
Multinazionali, ha comportato una massiccia delocalizzazione dei processi
produttivi (trasferimento delle fabbriche dove le materie prime ed il lavoro
costavano meno); inoltre l’aumento della standardizzazione dei prodotti ha
comportato la perdita di valore delle precedenti “specificità locali”, con
conseguente espulsione del prodotto artigianale, sostituito da quello standard,
nei vari mercati di sbocco. Le conseguenze di tutto questo appaiono
drammatiche: un esercito di disoccupati sempre in crescita, conseguente al
trasferimento delle produzioni nei Paesi con minor costo della mano d’opera, un
pericoloso aumento delle disuguaglianze: i “pochi” ricchi sempre più ricchi e i
“molti” poveri sempre più poveri.
Il processo di
globalizzazione, che ormai dura da tempo e che negli ultimi vent'anni ha avuto
una forte accelerazione, oltre le pericolose variazioni in campo economico, sta
lentamente ed inesorabilmente modificando anche il contesto sociale e
socio-culturale. La perdita economica delle
specificità locali (prodotti di nicchia fagocitati dai prodotti standard) sta portando
ad estinzione, spesso in modo traumatico, anche usi, costumi e tradizioni
millenarie. Conseguenze queste, che, quando il processo di globalizzazione è
stato messo in moto, sfuggivano ai molti sostenitori; quelli che ci ritroviamo oggi
sono gli effetti dell’Onda Lunga, effetti perversi, che, soprattutto
in economia, non si manifestano immediatamente, ma si insinuano lentamente nei
processi, come un esercito di virus, che logorano le strutture nel lungo
periodo.
Cari amici, per oggi
credo che basti: di problemi e di ansie ne abbiamo viste anche troppe! Nella 2^
parte, credo domani, vedremo cosa si sta tentando di fare per mitigare gli
effetti negativi portati dalla globalizzazione e quali proposte sono state messe in campo per cercare di risolvere problemi così difficili e complessi.
Grazie a tutti per
l’attenzione.
Mario
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