Oristano 23 Ottobre 2014
Cari amici,
se si chiede ad un oristanese, ma anche ad un campidanese
o addirittura ad un sardo (senza escludere molti continentali), se conosce
Benito Urgu la risposta nella gran parte dei casi sarà sicuramente positiva.
Ma se, subito dopo, provi a chiedere: dimmi, per Te “Chi è Benito?”, riceverai una gran numero di risposte tutte
diverse! Sentirai una miriade di definizioni: cantante, attore, comico,
cabarettista, scrittore di testi e musica, intrattenitore, e chissà quante
altre ancora. Sapete il perché di tanta
“varietas” ? Perché Benito è tutto ed il
contrario di tutto, un camaleonte dello spettacolo che muta colore in
continuazione! Definire con precisione il personaggio-Benito non è facile.
Pensate che lo stesso Filippo Martinez (il poliedrico inventore dell’Università
di Aristan), non trovando termine più adatto si è rassegnato a definirlo “Veggente”.
Martinez, riferendosi a Benito, ha detto: “tutte
le etichette che fino ad oggi hanno tentato di definire Benito Urgu
(cabarettista, cantante, comico…), sono parziali, inadeguate e spesso
fuorvianti”. Poi ha aggiunto: “Benito, in realtà, è un veggente; questa,
forse, è la parola che definisce meglio la Sua essenza”. Prima di
aggiungere qualche altra modesta inezia da parte mia, su un personaggio così
straordinario e complesso (è sempre
Martinez a sostenere che “l’Io di Benito è sterminato), rivediamo brevemente,
insieme, la Sua biografia.
Benito Urgu nasce ad Oristano il 12 gennaio 1939.
Curiosamente quell’anno segnò l’inizio della seconda guerra mondiale, dunque Benito è un
figlio della guerra!
Benito nasce da madre e padre bosani, e fin da ragazzo si distingue per lo
spirito goliardico ed il particolare per il Suo acuto senso dell'umorismo. Non è
ancora ventenne quando inizia ad esibirsi come cantante con il gruppo “Gatto
Nero”, che, dopo qualche tempo, cambia nome assumendo quello de “I Nuraghi”. Il
gruppo, oltre che cantare le “canzoni degli altri”, miscela brani di propria
produzione, come “Su twist 'e Giuannica” e “Gambale Twist”. Quest'ultima
canzone raggiungerà alti apici d'ascolto a livello nazionale. Successivamente entra
a far parte del complesso de “I Barrittas”, che avrà maggiore notorietà, anche
a livello nazionale.
La Sua camaleontica esuberanza lo porta a confrontarsi con
il pubblico attraverso la creazione di una miriade di personaggi: è in grado in particolare di “imitare”,
non solo di cantare, recitare, suonare, ballare, scrivere musiche e testi; ama intrattenere
il pubblico “inventando” personaggi incredibili, sempre riferiti però alla “Sardità”
della sua terra, con risultati di straordinaria efficacia.
Il suo "Equilibrio" potremo definirlo imperfetto, mai fermo, perchè spazia nei campi più svariati delle arti. Dai palcoscenici
sardi passa poi a quelli nazionali, collaborando con nomi di tutto rispetto: da
Piero Chiambretti a Toto Cutugno, da Alba Parietti ad Ambra Angiolini, da
Panariello a Nino Frassica e Carlo Conti, per citare solo i nomi più noti.
Il Suo Io straordinariamente grande, “sterminato” come dice Martinez, lo
porta a cimentarsi in tutti i campi che la sua esuberanza gli suggerisce, senza
nulla escludere.
Fra questi anche la fotografia. La Sua, guarda caso, è però un
tipo di fotografia particolare, che colpisce subito e invita a riflettere; arte
fotografica che io mi sento di definire come il risultato di una
'radiografia' a colori dell’interno dell’oggetto fotografato. La sua
rappresentazione è una specie di “viaggio-scoperta” dentro la materia. Benito realizza delle foto-macro di piccole pietre,
dal colore vivo e forte. Osservando uno di questi Suoi lavori ci si rende conto
che non è la semplice riproduzione di un oggetto inanimato, per quanto ricco di
colore e di sfumature, ma un’immagine viva, che contiene un messaggio nuovo, trasmesso
all’osservatore; un segnale che, ancorchè velato, è capace di svelare i suoi
segreti.
Benito nelle sue
bellissime fotografie ha cercato di sviscerare la pietra, di analizzarla
interiormente, in modo che questa potesse, suo tramite, aprirsi anche agli
altri, rendendo manifesto il suo messaggio cosmico; un modo, quello usato dal
Benito-Veggente, per rendere comprensibile anche agli altri il contenuto della materia, passando
dalla semplice apparenza esteriore alla sostanza. Un modo di catapultare all’esterno
e rendere leggibile a tutti, il messaggio primordiale contenuto nelle pietre.
Cari amici, conosco Benito, il nostro poliedrico
camaleonte-veggente sardo, da molti anni: non so più neanche da quanti. Ho potuto
approfondire la Sua conoscenza, giorno dopo giorno, aggiungendo, di volta in
volta, piccole parti del suo grande estro e della sua immensa fantasia. Tuttavia
sarà difficile, per tutti, arrivare a conoscerlo veramente a fondo, perché,
come dice Martinez, essendo Benito un grande “veggente”, le Sue visioni
continueranno a rinnovarsi ed a rinnovare Lui, camaleonticamente, in
continuazione, e noi, forse….non riusciremo mai a conoscerlo del tutto!
Il nostro piacere sarà quello di continuare, come in una
telenovela, a scoprirlo, giorno dopo giorno, aggiungendovi nuove tessere, per
cercare di completare il più possibile il “Puzzle”, che lo rappresenta. Questa
settimana ne abbiamo l’occasione, per migliorare la Sua conoscenza e toccare con mano lo smisurato IO di Benito Urgu; lo possiamo fare andando a vedere la Sua
mostra fotografica che aprirà Sabato 25
Ottobre: inaugurazione alle ore 18,00 alla 13 Arts Gallery, in Via Ciutadella
de Menorca, 13. Resterà aperta tutti i giorni, fino al 2 Novembre dalle 17,00
alle 20,00.
Io ci andrò, e Voi? Grazie, amici, della Vostra sempre
graditissima attenzione.
Mario
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