Oristano
3 Ottobre 2014
Cari amici,
i sentieri delle nostre
campagne sono quasi sempre bordati da aggrovigliate siepi arbustive, necessarie
soprattutto per delimitare le proprietà; qui il soggetto dominante, che la fa praticamente
da padrone, è quasi sempre il rovo. Questo arbusto, terribilmente spinoso,
considerato per lungo tempo una semplice pianta infestante, è risultato invece uno
“scrigno benefico”, carico di molti elementi, utilissimi sia all’uomo che agli
animali che se ne cibano. Vediamo di conoscere meglio le sue molteplici virtù.
Il
rovo (Rubus ulmifolius Schott, 1818) è un arbusto perenne
appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Pianta a portamento sarmentoso,
produce molti fusti aerei a sezione pentagonale, lunghi fino a 6 metri ed anche
più, provvisti di spine arcuate. È una pianta semi caducifoglia, in quanto
molte foglie permangono anche durante l'inverno. Queste, di colore verde scuro,
con margine seghettato, hanno la pagina superiore glabra e quella inferiore
tomentosa, con fitti peli bianchi. I fiori, di colore bianco o rosa, sono
composti da cinque petali e cinque sepali. Sono raggruppati in racemi, a
formare infiorescenze di forma oblunga o piramidale. Il colore dei petali varia
da esemplare a esemplare con dimensioni comprese tra i 10 e 15 mm. La fioritura
compare al principio dell'estate.
La pianta produce un
frutto commestibile composto da numerose piccole drupe, verdi al principio, poi
rosse e infine nerastre a maturità che prendono il nome di More. In Italia il
frutto è maturo tra Agosto e Settembre ed il gusto è variabile: da dolce ad acidulo.
Il rovo è diffuso in quasi tutta l'Europa, il Nord Africa ed il sud dell'Asia;
la pianta è stata successivamente introdotta anche in America e Oceania. La
riproduzione è sessuale attraverso i semi contenuti nelle drupe, ma anche
vegetativa attraverso l'interramento di rami che danno origine ad una nuova pianta.
È considerata una infestante in quanto tende a diffondersi rapidamente e si
eradica con difficoltà. Poiché è una pianta eliofila, tollera poco l'ombra
degli altri alberi, pertanto vegeta bene ai margini dei boschi e lungo i
sentieri, nelle siepi e nelle macchie.
Della pianta non si
utilizzano soli i frutti ma anche le radici, le foglie e i giovani germogli. Oltre
alle more, infatti, anche le foglie, la corteccia e le radici possono essere
utilizzate in erboristeria, in virtù delle loro spiccate proprietà
terapeutiche. Sin dai tempi antichi si consigliava, e si consiglia tuttora, di
masticare le foglie di mora qualora si soffra di gengive deboli e sanguinanti. Ottimo
risulta il decotto, che, oltre che preparato in casa, si può facilmente trovare
nelle nostre erboristerie. Le foglie vengono spesso utilizzate in impacchi e
tisane che leniscono i dolori derivanti dalle ulcere gastriche o della pelle,
come quelle derivate dai geloni alle mani ed ai piedi. Non va inoltre dimenticato
anche il potere astringente della pianta, efficace in caso di problemi
gastroenterici!
Nell'uso popolare, i
giovani germogli, raccolti in primavera, sono ottimi lessati brevemente e
consumati con olio, sale e limone al pari di molte altre erbe selvatiche. I
germogli primaverili, colti quando il sole è alto, lavati e lasciati a macerare
in una brocca di acqua fredda tutta la notte, danno una deliziosa e aromatica
acqua depurativa, tradizionalmente usata per favorire le funzioni intestinali e
depurare l'organismo dalle tossine accumulate durante l'inverno. In cucina i frutti
possono essere usati al naturale e come guarnizione di dolci, yogurt e gelati,
oppure nella confezione di marmellate, gelatine, sciroppi, vino e acquavite
(ratafià). Ottimo anche il liquore ricavato dall’infusione delle bacche in
alcool.
Le more presentano un
contenuto nutrizionale significativo in termini di fibra alimentare, materie
grasse, vitamina A, B9, K e C, acidi organici (citrico, malico, tartarico,
folico), calcio, potassio, manganese, pectine, antocianosidi. I numerosi e
grandi semi, contenuti nei frutti, non sempre apprezzati dai consumatori,
contengono grandi quantità di acidi grassi omega-3 (acido alfalinolenico) e
omega-6 (acido linoleico), proteine, fibra alimentare, carotenoidi,
ellagitannini e acido ellagico. Dalla parte aerea della
pianta sono stati isolati 3 nuovi antroni: rubantrone A, B e C. Il rubantrone A
ha mostrato di possedere attività antimicrobica verso lo Staphylococcus aureus.
Come
tutti gli altri frutti di bosco, le more sono conosciute anche col nome di
"frutti rossi" e solo ultimamente si è scoperto che contengono una
grande quantità di sostanze con proprietà antiossidanti.
La presenza nei frutti
delle antocianine (i pigmenti che danno la colorazione ai frutti di bosco) e
dei flavonoidi, questi ultimi in grado di inibire la crescita delle cellule
tumorali, dimostrano la grande bontà dei frutti di questa pianta. Uno studio condotto
nell'Ohio e pubblicato sulla rivista Cancer Prevention Research del Gennaio
2009, ha confermato l'attività antitumorale delle antocianine e dei flavonoidi.
Oltre a questo importante aspetto le more, oltre le proprietà depurative,
diuretiche, antireumatiche e dissetanti, aiutano anche a combattere le malattie
cardiovascolari mantenendo pulite ed elastiche le arterie, poiché
contribuiscono ad eliminare il colesterolo "cattivo" dal sangue.
Anche senza tener conto
di tutte queste benefiche proprietà, le more risultano ben utilizzate in cucina
come alimento: oltre che fresche possono essere consumate, come detto, preparate come
gustosa marmellata, oppure nella confezione di dolci o liquori. Non voglio
dilungarmi oltre: prima di chiudere ecco due brevi ricette, una per la
confezione della confettura di more e l’altra per preparare un buon liquore
profumato, da servire a fine pasto ghiacciato o versato su un paio di cubetti
di ghiaccio o sul gelato.
Ricetta
per confettura di more:
Ingredienti:
1 Kg. di more, 400 gr, zucchero, 1 limone spremuto.
Dopo averle lavate,
mettere le more in una pentola con lo zucchero ed il succo del limone. Cuocere
a fuoco basso mescolando spesso per circa 50 minuti.
Continuare a mescolare
ed eventualmente schiumare la confettura con una schiumarola. Per verificare la
cottura versarne un cucchiaino su un piatto, lasciare intiepidire e se
inclinando il piattino la confettura non cola, è pronta. Sterilizzare dei
vasetti di vetro, versarvi la marmellata, chiudere e capovolgere e lasciare
raffreddare. Se si vogliono evitare quei fastidiosi semini che fanno parte del
frutto, prima di versarla nei vasetti passarla usando il passa-verdure.
Oplà, il gioco è fatto!
Sentirete che bontà!
Ricetta
per liquore di more.
Ingredienti:
500
grammi di more di rovo, 1 litro di alcool per liquori, 400 grammi di zucchero,
mezzo litro d’acqua.
Lavare accuratamente le
more e poi farle sgocciolare. Prendere un contenitore di vetro capiente a
chiusura ermetica e mettere le more intere con l’alcool. Tenere in luogo fresco
e asciutto per una ventina di giorni, agitando di tanto in tanto. Passati i venti
giorni preparare uno sciroppo sciogliendo lo zucchero nell’acqua dentro un
pentolino. Far bollire il composto per alcuni minuti e spegnere, lasciando ben
raffreddare (mai aggiungere liquido caldo all’alcool che evaporerebbe).
Nel frattempo togliere
le more dall’alcool e scolarle per bene. Filtrare il liquido alcolico e
aggiungerlo allo sciroppo raffreddato, mescolando per bene. Imbottigliare e tenere
a riposo per un mese circa. Se il prodotto risultasse troppo alcolico
correggere con l’aggiunta di un po’ d’acqua.
Cari amici, le more
sono una delle tante delizie che io oso definire “Bontà di Sardegna”! Esse
meriterebbero da parte nostra migliore attenzione! Potrebbero davvero contribuire a rafforzare,
insieme a tanti altri genuini prodotti sardi, i nostri “punti di forza” agro-alimentari,
facendo uscire l’Isola da quel limbo millenario di isolamento e di sudditanza!
Ciao a tutti.
Mario
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