Oristano, 1 Gennaio
2014
Cari amici,
da circa nove ore (sono
le 9,16) è iniziato il nuovo anno. E’ un modo convenzionale, quello di misurare
il tempo, che nei secoli è cambiato non poche volte. Non tutti, tra l’altro,
nel mondo seguono la stessa regola convenzionale adottata, essendoci alcune popolazioni
con altri metodi di misurazione del tempo. Il più diffuso metodo di calcolo è
il “Calendario Gregoriano”, ormai in
uso ai fini civili in tutto il mondo, che prevede come inizio il 1 Gennaio,
giorno che, nella larghissima maggioranza degli Stati è un giorno di festa. Per
le popolazioni che seguono il calendario giuliano, ad esempio in alcune chiese
ortodosse, a fini strettamente religiosi, l'inizio dell'anno viene celebrato
nel giorno corrispondente al 14 gennaio gregoriano.
La consuetudine di
festeggiare il capodanno si fa risalire ai romani ed alle feste che si
svolgevano per festeggiare il dio Giano.
Giano
(in latino, Ianus) era il “dio degli
inizi”, materiali e immateriali, ed una delle divinità più antiche e più
importanti della religione romana, latina e italica. Giano di solito è
raffigurato con due volti, poiché il dio aveva la capacità di guardare sia il
passato che il futuro. I popoli antichi che lo veneravano consideravano il dio “l’artefice del movimento”. Macrobio e
Cicerone sostenevano che Giano interpretava il verbo ” ire”, "andare", perché secondo Macrobio il
mondo andava sempre, muovendosi in cerchio e, partendo da sé stesso, a sé
stesso ritornava. Gli studiosi moderni hanno confermato questa relazione del
dio con il movimento, stabilendo una derivazione dal termine “ianua”,
"porta", con il significato di "passaggio"; in passato tuttavia
non sono mancate delle ipotesi alternative, come quella che voleva il nome
derivato da una più antica forma “Dianus”, da mettere in relazione con la dea
Diana, e quindi derivato anch'esso dalla stessa radice del termine latino dies,
"giorno", ad indicare il trascorrere dei giorni.
Il culto che i romani
attribuivano al dio Giano aveva radici più antiche, sicuramente risalenti ad
un'epoca arcaica, in cui i culti dei popoli italici erano legati ai cicli
naturali della raccolta e della semina. Il console romano Marco Valerio
Messalla Rufo scrive nel libro sugli Auspici, che “Giano è colui che plasma e
governa ogni cosa e che unì, circondandole con il cielo, l'essenza dell'acqua e
della terra, pesante e tendente a scendere in basso, e quella del fuoco e
dell'aria, leggera e tendente a sfuggire verso l'alto, e che fu l'immane forza
del cielo a tenere legate le due forze contrastanti”. Giano presiede,
infatti, a tutti gli inizi e ai passaggi: tutte le soglie, materiali e
immateriali, come le soglie delle case, le porte, i passaggi coperti e quelli
sovrastati da un arco, sono sotto la sua protezione; ma anche gli inizi di una
nuova impresa, della vita umana, della vita economica, del tempo storico e di
quello mitico, della religione, degli dei stessi, del mondo, dell'umanità, della
civiltà e delle istituzioni: su tutto lui vigila e stende il suo mantello
protettivo.
L’imperatore romano
Numa Pompilio, nella sua riforma del calendario romano, dedicò a Giano il primo
mese successivo al solstizio d'inverno, gennaio, che con la riforma giuliana
del 46 a.C. passò ad essere il primo dell'anno. La rappresentazione di Giano nella forma bifronte, come prima detto, e da cui l'appellattivo di Giano bifronte, era connessa all'area di
influenza divina che gli era delegata e che, in epoca classica, fece assumere a Giano la figura di custode e protettore delle
porte (ianuae), dei passaggi (iani) e dei ponti: nei quali il dio custodiva
l'entrata e l'uscita, portando in mano, come i portinai (gli ianitores), una
chiave e un bastone; le sue due facce vegliavano nelle due direzioni: custodivano
l’entrata e l’uscita, il presente ed il futuro. Anche in quest'epoca classica
Giano, comunque, continuò a rappresentare il custode di ogni forma di passaggio
e mutamento, protettore di tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine. Nei
secoli successivi, caduto l’impero romano, il mito di Giano perse la sua
importanza.
Nel VII secolo i pagani
delle Fiandre, seguaci dei druidi, festeggiavano il passaggio al nuovo anno in
modo carnevalesco, con feste, orge, scherzi e banchetti pantagruelici; tale
culto pagano venne deplorato da Sant'Eligio (morto nel 659 o nel 660), che
redarguì il popolo delle Fiandre dicendo loro: "A Capodanno nessuno faccia
empie ridicolaggini quali l'andare mascherati da giovenche o da cervi, o fare
scherzi e giochi, e non stia a tavola tutta la notte né segua l'usanza di doni
augurali o di libagioni eccessive. Nessun cristiano creda in quelle donne che
fanno i sortilegi con il fuoco, né sieda in un canto, perché è opera
diabolica".
Nel Medioevo molti dei
Paesi europei che pur avevano adottato il calendario giuliano, mantenevano,
però, un'ampia varietà di date per indicare il momento iniziale dell'anno. Per
esempio dal XII secolo e fino al 1752 in Inghilterra e in Irlanda il capodanno
si celebrava il 25 marzo, giorno dell'Incarnazione, data questa usata a lungo
anche a Pisa e Firenze, mentre in Spagna fino all'inizio del Seicento il cambio
dell'anno avveniva il 25 dicembre, giorno della Natività. In Francia fino al
1564 il Capodanno veniva festeggiato nella domenica di Resurrezione (chiamato anche
stile della Pasqua), a Venezia (fino alla sua caduta, avvenuta nel 1797) era il
1º marzo, mentre in Puglia, in Calabria e in Sardegna lo si festeggiava
seguendo lo stile bizantino, che stabiliva l’inizio dell’anno al 1º di Settembre,
tant'è vero che in sardo, come ben
sappiamo, Settembre si dice “Capudanni”,
dal latino Caput anni.
Questi comportamenti
diversi nella data d’inizio del nuovo anno, che specialmente nel Sacro Romano
Impero variavano spesso da città a città, continuarono anche dopo l'adozione
del calendario gregoriano. Solo nel 1691papa Innocenzo XII emendò il calendario
del suo predecessore stabilendo che l'anno dovesse cominciare uniformemente il
1º di Gennaio. L'adozione universale del calendario gregoriano fece sì che il
1º gennaio fosse per tutti l’inizio del nuovo anno.
Nel corso dei secoli non sono
mancate, però, “riforme politiche del calendario”, più o meno lunga durata. Una
delle più intrusive, che cercava di riformare il calendario su basi
astronomiche e razionali, fu quella adottata in Francia durante la Prima
Repubblica, il c.d. Calendario Repubblicano, abbandonato poi durante il Primo
Impero. In Italia, durante il periodo fascista, il regime istituì il 28
ottobre, anniversario della marcia su Roma, come proprio capodanno, associato a
una numerazione degli anni parallela a quella tradizionale contando come "Anno I dell'Era Fascista" il
periodo tra il 28 ottobre 1922 e il 27 ottobre 1923, e gli altri a seguire.
Questa modalità, utilizzata nel Regno d'Italia durante tutto il ventennio
fascista, fu continuata dalla Repubblica Sociale Italiana, e abbandonata con la
caduta di quest'ultima il 25 aprile 1945.
Il passaggio da vecchio
al nuovo anno è l’occasione per celebrare, la notte tra il 31 dicembre e il 1º
gennaio, con grandi festeggiamenti, trai quali il più importante è certamente il
veglione di Capodanno. In occasione di questa celebrazione, in quasi tutte le
città del mondo si sparano i tradizionali fuochi artificiali, accompagnati da
musica, dalla più classica e concertistica a quella moderna, solitamente
accompagnata da balli e abbondanti brindisi augurali. La tradizione italiana per
il “cambio dell’anno”, per passaggio dal vecchio al nuovo, prevede una serie di
rituali scaramantici, da effettuarsi la notte del passaggio dal 31 Dicembre al
1 Gennaio.
Fra i riti più importanti quello di vestire biancheria intima di
colore rosso, di mangiare un piatto di lenticchie, come auspicio di ricchezza,
e quella di baciarsi sotto il vischio in segno di buon auspicio. In
Spagna c'è, invece, la tradizione di mangiare alla mezzanotte dodici chicchi
d'uva, uno per ogni rintocco dei dodici scoccati da un orologio (il principale
è quello di Puerta del Sol a Madrid). In Russia, dopo il dodicesimo rintocco,
si apre la porta per far entrare l'anno nuovo. In Ecuador e in Perù si collocano
fuori dalla propria abitazione dei manichini di cartapesta (a volte con le
sembianze di personaggi famosi, calciatori, etc.), riempiti di petardi, così da
bruciare ed esplodere ai rintocchi della mezzanotte. In Giappone, prima della
mezzanotte, le famiglie si recano nei templi per bere sakè e ascoltare i 108
colpi di gong che annunciano l'arrivo di un nuovo anno (si ritiene infatti che 108
sia il numero dei peccati che una persona commette in un anno e che in tal modo
ci si purifichi). Universale l’usanza, praticata in tutto il mondo, di scambiarsi doni per il passaggio dal vecchio al nuovo anno.
Cari amici, anche noi
qui ad Oristano abbiamo organizzato dei festeggiamenti per “cacciare via” l’anno
vecchio, il 2013, che non è stato molto munifico nei confronti di noi Italiani
e di noi sardi in particolare. La piaga dell’assenza del lavoro, quel cancro
che divora le possibilità di occupazione dei tanti giovani dell’isola che
disperatamente cercano un lavoro, si è addirittura aggravata. Le tasse
continuano di impoverire i già magri redditi delle classi sociali più modeste
che faticano ad arrivare a fine mese, mentre le classi “privilegiate”,
incuranti dei mali che affliggono fasce sempre più larghe della popolazione,
cercano disperatamente di mantenere anacronistici privilegi di natura feudale.
In questo pericoloso
contesto sociale, dove anche una piccola scintilla può causare un grande
incendio, si apre questo nuovo anno, denso di incognite, ma anche pieno di
speranza. La speranza, questa ultima dea che mai ci deve abbandonare, ci vedrà
protagonisti di decisioni inderogabili, per poter dare al nostro Paese quella
svolta necessaria ad uscire dal guado. Riforma della legge elettorale, lavoro,
in particolare per i giovani, contenimento del debito pubblico e riforme costituzionali,
con drastico ridimensionamento delle spese e del numero dei parlamentari,
dovranno essere i problemi da affrontare con decisione e cercare di risolvere
nel modo migliore. Nel 2014 siamo chiamati tutti, di qualsiasi area politica di
appartenenza, a impegnarci seriamente, nel “vero
interesse comune e non di parte”, perché la nostra Italia e gli italiani possano
continuare, tutti, a rappresentare degnamente nel mondo l’eccellenza di una
nazione e di un popolo unici al mondo.
Grazie
a tutti Voi con i miei migliori auguri!
Mario
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