Oristano 16 Gennaio
2014
Cari amici,
nel leggere questi
giorni scorsi l’elenco dei candidati alle prossime elezioni regionali ho
pensato che chiunque vinca questa competizione poco o nulla cambierà. Me lo
fanno pensare l’apatia della gente, i volti delle persone che incontro per
strada, il mancato fermento che normalmente anima i periodi importanti, come
quelli elettorali, nei quali si prepara “una scelta difficile” per il futuro
nostro e dei nostri figli. Tutta questa sonnolenza ha per me un significato
tristissimo: sembra che di quello che sarà, dopo l’esito del voto, non importi
proprio niente a nessuno! Eppure di cose terribili in Sardegna ne sono successe
in quest’ultima legislatura! Basterebbe contare i tanti giovani senza lavoro e
senza speranza, lo stratosferico aumento della cassa integrazione, la miriade
di aziende che hanno chiuso i battenti, il commercio che vede assottigliarsi
anche la spesa per i beni primari, il crescente numero di famiglie che non
riesce a vivere dignitosamente e necessita di qualche sostegno per arrivare a
fine mese.
La rassegnazione, che
sembra quasi un gas letale, ammorba l’aria di quest’isola abbandonata, regione da
sempre considerata “colonia” e mai dignitosamente assurta allo stesso rango
delle altre regioni italiane; nei sardi è scomparsa anche la speranza di
migliorare e di migliorarsi, mentre continuano a recitare il ruolo servile di
lontana memoria. Furono i nostri conquistatori a definirci con il noto
appellativo “pocos, locos y mal unidos”, considerato il nostro modo remissivo e
individualista di proporci agli altri, cosa questa che, considerata l’apatia ed
il disinteresse che vedo in giro, mi conferma che, purtroppo, nulla è cambiato!
Gli schieramenti che si
cimentano per il controllo del “potere” regionale si affannano a fare calcoli e
sondaggi, previsioni e ipotesi di strategie vincenti, tutto a tavolino, senza
sentire la gente, senza dialogare, senza ascoltare dalla viva voce dei sardi le
priorità e le necessità più impellenti che ci assillano.
La giunta uscente di
Cappellacci, attraverso “l’uovo di colombo” della Zona Franca, sembra aver
trovato la lampada di Aladino, capace di risolvere in un sol colpo tutti i
nostri problemi: quella miriade di terribili situazioni pregresse che partono
dalla nostra conclamata insularità: costi eccessivi nella produzione energetica
e nei trasporti, difficoltà a produrre un gettito fiscale autosufficiente a
causa di un numero di residenti troppo basso, impossibilità economica a sopportare i tagli dello stato
centrale, oltre le conseguenze della mancata riconversione della selvaggia
industrializzazione degli anni ’70, che ha lasciato sull’isola solo macerie. Eppure
non si pensa ai tanti errori fatti, a partire da una mancata seria programmazione
turistica, forse l’unica “industria del sole e del mare”, in grado di
compensare lo svantaggio della nostra naturale insularità. Valorizzare le
risorse che abbiamo, alcune sotto certi aspetti uniche e straordinarie, questo
dovrebbe essere il punto focale della nostra azione politica, non assecondare i
falsi profeti che continuano a vedere la Sardegna come una colonia da sfruttare
al loro servizio!
Lo schieramento
avversario, quello del Partito Democratico, come abbiamo potuto vedere, più che
agguerrito verso l’avversario, sembra ancora più scomposto e disunito all’interno,
forse a confermare il collaudato aggettivo con cui noi sardi fummo definiti già
nel lontano passato: “mal unidos”. Dopo
la forzata rinuncia della Barracciu, la ricompattazione della compagine del
partito su Pigliaru sembra più formale che sostanziale. Anche gli altri partiti
non stanno meglio.
Curioso, addirittura, il comportamento del neo Movimento 5
Stelle, che dopo un lungo tiro alla fune tra le due anime sarde del movimento,
ha gettato la spugna, rinunciando a presentarsi alle elezioni! Insignificanti
gli altri movimenti della galassia dei piccoli partiti che ruotano intorno ai
grandi, con tentativi di apparentamento che, più che raggiungere accordi sui programmi, cercano di ottenere una
santa alleanza per le poltrone da occupare.
L’unica seria novità di
queste elezioni è costituita dalla “discesa in campo” di Michela Murgia, intelligente donna campidanese (è di Cabras) che,
con il suo nuovo movimento “Sardegna
Possibile”, cerca di scuotere i sardi da quell’apatia che si portano
appresso da secoli. Qualcuno la definisce, sbagliando, una venditrice di sogni,
mentre io sono convinto che sono stati proprio gli altri, quelli che ci hanno
governato, ad averci venduto in questi anni solo una montagna di sogni, che, come
nebbia al sole, si sono sciolti al suo primo sorgere.
La mia paura è che a
stravincere sarà l’astensione, figlia legittima dell’apatia, che nei sardi è
ormai una malattia endemica. E’ la rassegnazione a cavalcarla perché, ormai, è
sempre più diffusa la convinzione che, tanto, nulla cambierà!
Questo è un
ragionamento sbagliato e lo voglio fortemente ribadire: è un grave errore
rinunciare ai propri diritti, è il rassegnarsi del debole al dominio del più
forte, è un consegnarsi, spontaneamente e senz’armi, alle lobby di potere che
finora hanno razziato nell’isola quanto necessitava ai loro interessi. Non
agevoliamo la permanenza della solita politica coloniale che regalerà a questa
terra i soliti “bocconi avvelenati”: condoni selvaggi, la ben nota irreversibile
violenza sulle nostre splendide coste, il solito disastro delle casse
regionali, private dei legittimi contributi dovuti dallo Stato, il solito
carrozzone sanitario che ingoia miliardi senza dare in cambio la giusta
assistenza. Non è con la rassegnazione che potremo riacquistare la nostra dignità,
calpestata e vilipesa, ma rialzando dignitosamente la schiena ed il nostro
sguardo fiero, facendo sentire la nostra
voce di sardi, perché altrimenti per i nostri figli non ci sarà futuro:
lentamente ma inesorabilmente saranno costretti a lasciare l’isola per migrare
in terre straniere.
Spero di sbagliarmi,
cari amici, mi piacerebbe molto essere smentito e vedere tanti sardi andare a
votare, dimostrando il nostro valore, anche stringendo i denti, scegliendo però
le persone giuste, quelle che, forse, potranno ridare speranza ad un’Isola che
da tempo l’ha perduta.
Ciao
Mario
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