Oristano 19 Gennaio 2014
Cari amici,
conosco bene lo
scultore Carmine Piras per aver avuto a che fare con lui, sia quando svolgevo
ancora la mia attività bancaria, che successivamente, per aver contribuito
(scolpendo il piedistallo) alla realizzazione del monumento a S. Pio, collocato
nella Piazza S. Martino di Oristano. Sono in molti, ora, a conoscere e
apprezzare Carmine, anche se Lui, da erede degli antichi sardi, preferisce la K
al posto della C e si firma Karmine. Questo grande artista può essere
considerato oggi un valido erede dell'arte centenaria degli scultori e
scalpellini di Sardegna. Da decenni, maestro ormai affermato nei settori della
scultura (pietra, legno e metallo), della ceramica, della pittura, decorazione
e restauro, ha successivamente affinato la sua arte diventando un “valido braccio
destro” di archeologi e studiosi, ricreando
nel suo laboratorio una vera e propri fucina di
“archeologia sperimentale”, in
grado di offrire aiuto e supporto agli studiosi, per approfondire le scoperte da
loro fatte.
Karmine, che da anni
ormai lavora al fianco di diversi studiosi del periodo nuragico, iniziò a
cimentarsi in questo nuovo percorso con l’antropologo Carlo Maxia
dell’università di Cagliari, nel periodo che questi studiava i possibili usi di
alcuni vasi ritrovati in un sito nuragico. L’incontro con il professore fu per
lui davvero interessante: all’antropologo, per capire meglio alcuni processi,
servivano la mano e l’occhio dello scultore, e il connubio fu immediato. «Scoprimmo, insieme, che i nuragici erano
abilissimi fonditori - ricorda Piras -, e che una delle loro fonderie avrebbe
potuto essere ricreata e funzionare anche oggi; quell’antico popolo era stato
in grado di creare gli ambienti di fusione, aveva inventato gli strumenti, e conosceva
bene i metalli, come rame e stagno, materiali che veniva reperito in giro per
il Mediterraneo, essendo anche un popolo abile nel navigatore e nel commerciare. Non
solo, continua Piras, i nuragici fondevano anche per altri popoli, anche se di
questo a noi sono rimaste poche tracce, perché i Romani preferivano
riutilizzare tutti i metalli che trovavano. Erano abilissimi utilizzatori anche
dell’ossidiana che commerciavano e scambiavano con gli altri popoli rivieraschi
del Mediterraneo.
Quella passione,
quell’amore per l’archeologia nuragica, nata con la conoscenza di Carlo Maxia, riuscì
a stimolare ancor più la creatività di Karmine nell’esaminare gli antichi oggetti
ritrovati; dopo averli a lungo toccati, accarezzati, studiati, prima di
riprodurli, cercava di decifrare l’uso per cui erano stati fabbricati
cinquemila anni prima. I frutti di questo suo intenso e proficuo lavoro Piras lo ha reso pubblico in una grande e bella mostra-esposizione
a Cagliari, al centro culturale Exmà, dove le sue creazioni, diverse copie di
bronzetti famosi, sfavillavano, lucenti, nel colore originario del bronzo. Chi
ha potuto ammirare la mostra ha potuto apprezzare anche il diverso stile degli
scultori nuragici, che operavano sia con il figurativo che con lo stilizzato. I
nuragici, secondo Piras, erano amanti del bello e sentivano la necessità di
tramandare ai loro successori e ad altri popoli questa loro capacità e
ricercatezza; oltre l’amore per la bellezza essi avevano anche un profondo senso della natura. Spade,
lance, scudi, archi, frecce, ed altri attrezzi della vita dell’epoca sono stati
riprodotti dalla scultore oristanese con precisione incredibile.
Di sicuro
fascino l’arco lungo, alto circa un metro e sessanta, di frassino o di
«spaccasassi» (bagolaro), con le punte di corno, vere leve destinate ad
aumentare la potenza del tiro: “tremila anni fa, i nuragici avevano capito che
l’arco doveva essere alto quanto la persona”, sostiene Piras, così acquistava
grande elasticità e poteva fare tiri anche a novanta metri. “Un arco del genere
- continua Piras – lo si ritrova soltanto fra i modelli inglesi del Medioevo,
una reinvenzione che dilagò poi in tutto il Mediterraneo”.
Lo studio degli antichi
manufatti ha portato l’acuto artista oristanese a far risalire l’attuale usanza
de “sa mandada” proprio al periodo nuragico. In Sardegna l’usanza di offrire
parte della bestia, macellata per uso familiare, alle famiglie del vicinato è
ancora presente. Nei bronzetti che raffigurano gli offerenti, Karmine ipotizza
che l’offerta, più che alla divinità, fosse rivolta, come oggi, al vicino, alla
famiglia amica.
Cosi come l’usanza ancora attuale di salutare la persona
incontrata per strada alzando la mano e dicendo ‘salude’. Sono tanti i
bronzetti ritrovati con la mano alzata, proprio come si fa ancora oggi nei centri
dell’interno. La convinzione dello scultore, ormai studioso di antichità, è che
per poter comprendere gli oggetti appartenuti a civiltà precedenti bisogna
immedesimarsi, mettersi al loro posto: per rientrare in quel mondo e capirlo, è
necessario cercare di rivivere le loro necessità. Quando tempo addietro, dice
Piras, studiando l’uso di alcuni oggetti ci trovammo nella necessità di capire
come facessero a tenere assieme i diversi pezzi di stoffa o di cuoio, cioè
quali fossero insomma le fibbie dei nuragici, ci imbattemmo in centinaia di
cerchietti di bronzo: provammo e riprovammo a legarli insieme e vennero fuori
le fibbie.
Pur assorbito con
intensità dalle fonderie nuragiche (la sua ricostruzione di antica fonderia è
certamente molto fedele) Karmine non rinuncia allo studio e ricostruzione degli
altri oggetti di uso comune. E’ un impareggiabile lavoratore del legno e anche
dell'ossidiana (pietra nera e dura di derivazione vulcanica) e del corno, materiali
da cui ricava splendidi oggetti che espone nel suo laboratorio: maschere
carnevalesche in legno, bicchieri in corno, taglieri in castagno, robusti e
decorati. Le maschere, in particolare lo hanno sempre attratto. Della maschera
che ricopre il viso de su Componidori, l’artista, per conto della
Confartigianato, ha ricavo una bellissima versione in argento a grandezza
naturale, che la grande associazione degli artigiani della Provincia di
Oristano assegna annualmente a personaggio o istituzione che abbia dato lustro
alla città ed al territorio. Il premio, denominato proprio “Maschera
d’Argento”, è un riconoscimento molto ambito e ricercato.
Con la sua passione per
l’arte nuragica il sommo artista oristanese non poteva non essere attratto dagli ormai famosissimi Giganti di Mont’e Prama. Li ha a lungo
analizzati e studiati, cercando di ricostruire fedelmente il loro antico
abbigliamento. Chi ha visto le eccezionali riproduzioni assicura che rivedere i
giganti con il rivestimento da lui creato, vedere e toccare i costumi, le armi,
le cinture e quant’altro è un’emozione straordinaria, è quasi un tutto nel passato, un affacciarsi
alla vita della nostra terra tornando indietro di millenni!
Credo che valga la pena
di andare a conoscere Karmine Piras nel suo laboratorio ( Oristano, Via Ghilarza,44)
e fare una bella passeggiata nel passato!
Ciao a tutti.
Mario
1 commento:
karmine SEI un nuragico con un cuore grande quanto un nuraghe.grazie x quello che hai fatto fai e farai.il meglio di tutti i sardi ancora grazie.esu gennaro.
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