Oristano, 14 Gennaio
2014
Amici carissimi,
ancora oggi la funzione
principale del guanto è quello di riparare le mani dal freddo, oppure, durante i
lavori cosi detti “manuali”, proteggere le nostre morbide estremità da
materiali pericolosi e quant’altro. Il guanto però ha una lunghissima storia
che, partendo proprio dalla sua indiscussa utilità, è successivamente sconfinata
in molteplici altri campi, aggiungendo non poco simbolismo alla sua funzione
pratica. Oggi vorrei con Voi ripercorrere la lunga strada percorsa dal guanto,
sintetizzandola, ovviamente, perché sul guanto si è scritto tanto e, per
elogiarlo o condannarlo, si sono consumati molti litri d’inchiostro.
La nascita dei primi
guanti si fa risalire addirittura a epoca mitologica: la leggenda racconta
infatti che il primo "abito delle mani" fu opera delle Ninfe, le
quali fasciarono le dita della dea Venere per ripararle dai graffi di un
cespuglio spinoso, nel quale la dea della bellezza e dell'amore era caduta. Passando
dalla mitologia alla storia, potremo pensare che il primo esempio di “mano
guantata” lo troviamo nella Bibbia, dove questa prima parvenza di guanto particolare,
diventa strumento d’inganno. Il patriarca Isacco, ormai vecchio e cieco vuole assegnare
la primogenitura al figlio maggiore, Esaù, perché diventi capofamiglia. Il
fratello minore Giacobbe, spinto dalla madre Rebecca, però, riesce a fingersi Esaù, mascherando l’unica parte del corpo che
il padre avrebbe potuto riconoscere: le mani. Giacobbe, che a differenza del fratello
era glabro, si fece avvolgere la mano con della pelle di capretto, facendo
credere ad Isacco che egli era Esaù, ricevendo così, l’investitura del
capofamiglia.
Continuando nella
storia, già Omero nell'Odissea e Marco Terenzio Varrone nel “De Re Rustica”,
testimoniano l'uso dei guanti per ripararsi dal freddo o per
svolgere pesanti lavori manuali. Nella civiltà Egizia, invece, il guanto era
simbolo di prestigio e potere, avendo soprattutto valenza simbolica e liturgica;
un paio di guanti, infatti, facevano parte anche del corredo funebre del
faraone Tutankamon. Segno quindi maschile di prestigio, mentre per le donne costituiva
una protezione per la pelle delle mani, durante l’uso di unguenti profumati ed
emollienti.
In tempi più recenti
furono i Barbari, popoli del Nord Europa, i primi ad adottare i guanti per
difendersi dal freddo, introducendoli poi in tutta Europa durante le loro
scorribande e conquiste. L’antenato del guanto odierno aveva inizialmente la forma di un sacchetto legato ai polsi e confezionato con pelle di animali;
solo in seguito si aggiunse uno spazio a parte per il pollice, così da
consentire la presa, modifica poi estendere anche alle altre quattro
dita. I Romani, invece, al contrario dei loro barbari nemici, inizialmente disprezzavano
i guanti, definendo chi osava indossarli
persona che “vestiva alla maniera dei Galli”, ma successivamente ne
apprezzarono anche loro l’utilità, usandone due tipi: i ‘digitalia’, che
coprivano le dita della mano, ed i ‘manicae’ che coprivano interamente
l’arto.
Introdotto ormai in tutta
Europa questo capo d’abbigliamento si diffuse ben presto, ad iniziare dal VI
secolo. L’importanza del guanto andò in crescendo, passando da oggetto di
“riparo” per le mani ad oggetto di pregio e di lusso, finendo per assumere
significati di vero e proprio potere. Presso i Longobardi, per esempio, i guanti erano usati
anche durante il rito nuziale: lo sposo donava alla sposa un suo guanto e la
spada.
Nel XV secolo il guanto era diventato, ormai, un accessorio praticamente
indispensabile. Per tutto il periodo feudale esso assunse un
ruolo di grande solennità, espressione di forti valori sociali, come nelle
cerimonie di investitura in cui il vescovo conferiva autorità e potere a re e
imperatori. Anche questi sovrani, titolari del potere laico, utilizzavano i
guanti come “offerta” e concessione del proprio potere ai propri vassalli, a
simboleggiare l’investitura feudale
concessa. Nella liturgia dell’investitura reale a Reims era prevista l’offerta
e la benedizione dei guanti: il principio liturgico era quello che le mani del
Re, dopo l’unzione, non dovessero entrare in contatto con cose impure. Dopo la
cerimonia, l’Ospitaliere ricevente bruciava i guanti, per evitare che potessero
esser usati per scopi profani.
Anche nella gerarchia
laica, quindi, il guanto era “simbolo” di fiducia: il signore, attraverso il
guanto, riponeva la sua fiducia nel vassallo, testimone rituale di una promessa
e di una sacralità che intendeva rappresentare inequivocabilmente un patto
d’onore. Questi alti valori attribuiti al guanto li ritroviamo nei classici poemi
cavallereschi, dove lasciar cadere in terra il guanto era simbolo di infausti
presagi; il guanto rappresentava anche, lanciato ai piedi dell’avversario, la
sfida a cimentarsi in duello con lui, e, se raccolto, significava automatica
accettazione, da parte dello sfidato. Se il nemico che si voleva sfidare era
lontano, si faceva recapitare a costui il guanto dai “padrini”, unitamente a
dichiarazioni minacciose, a volte anche lacerato e pieno di sangue, a
significare la crudezza della sfida. Il guanto in ambito giudiziario assumeva
simbolicamente anche il significato di condanna, come nel caso del giudice
medioevale che decretava il suo verdetto lanciando il guanto al condannato. La
ritualità e la solennità dell’uso del guanto nel periodo feudale era patrimonio
non solo dai nobili ma anche dalle gente comune. L’eredità familiare
veniva trasmessa attraverso il passaggio di questo indumento al proprio erede. Nei
contratti di compravendita, invece, la proprietà di un terreno si trasferiva
mediante la consegna di un pugno di quella terra all’interno proprio di un
guanto.
Il guanto, accessorio inizialmente
riservato ai soli uomini, verso l’anno 1000 inizia ad essere preso in
considerazione anche dalle donne: prima per l’esercizio della caccia
(falconeria), poi per viaggiare, per il gioco della palla o per il tiro con l’arco,
fino ad arrivare all’uso modaiolo, abbinato all’abbigliamento lussuoso, con modelli
semplici o raffinati di seta, di pelle, di canapa o di altri materiali ancora
più preziosi. Curiosamente nel XV secolo era non solo prudente ma fortemente
raccomandato di non tenere mai la mano inguantata. Questa precauzione aveva
almeno due validi motivi; uno, certamente, era quello dell’igiene, l’altro lo si
poteva spiegare con le tristi vicende dell’epoca. Di quel periodo sono noti gli
omicidi avvenuti alla corte dei Borgia, sanguinaria famiglia che del guanto
faceva anche un uso “improprio”, trasformandolo in arma micidiale! Si racconta
della moda dei guanti avvelenati: colui che vi stringeva la mano, v’impregnava
d’un tossico che rendeva d’improvviso mortali i vostri alimenti.
Negli intrallazzi
amorosi che costellavano in quel periodo le corti provenzali era d’uso una
prassi corrente, una specie di precisa
etichetta, per cui se un cavaliere offriva dei guanti bianchi profumati ad una
dama e questa li accettava, gradiva nel contempo anche i servigi del cavaliere.
Era l’attribuzione di un preciso linguaggio simbolico ai guanti, che trova non
poche testimonianze: si ricorda, ad esempio, un episodio accaduto nel 1563
quando il Conte di Hertford, in
disgrazia presso la Regina Elisabetta, pregò Robert Dudley, amante e maggior
favorito della Regina, di donarle a suo nome un paio di guanti, quale pegno di
riconciliazione. I guanti furono un accessorio
importantissimo nel guardaroba dei gentiluomini di quel tempo, tanto che il
conte d’Orsay, “arbiter d’eleganza” francese e contemporaneo di lord Brummell,
consigliava di usare sei paia di guanti al giorno: uno per andare in carrozza,
uno per la caccia, uno per il passeggio, uno per la cena, uno per il teatro e
uno per le serate mondane.
E’ il Rinascimento il
periodo d’oro del guanto. Esso diventa sfarzoso, prezioso, senza limiti di
fantasia: un trionfo di stoffe, pietre preziose e materiali importanti, simbolo
di eleganza sia per l’uomo che per la donna. Si diffondono i guanti profumati,
i più famosi erano quelli italiani e spagnoli, richiestissimi dai sovrani, come
Francesco I o la regina di Francia. Protagonisti degli intrighi delle corti
rinascimentali, i guanti erano ormai preziosissimi strumenti sia di benevolenza
che di cattiveria (non solo alla corte dei Borgia venivano utilizzati come strumento
di morte inserendo al loro interno potentissimi veleni): chi voleva ottenere
benevolenza o verdetti favorevoli, bastava ne consegnasse un paio al giudice
con dentro del denaro. Più in generale, donare un guanto a qualcuno significava
accattivarselo per ottenere dei consensi. Nel primo trentennio
del 1700, il guanto, ormai uno status symbol, segno di prestigio, di
riconoscimento e di ostentazione da parte dei nobili, per la prima volta inizia
a differenziarsi, per forma e lunghezza, per i due sessi: lunghi fino al gomito
per le donne, corti con un basso polsino per gli uomini.
Fu la rivoluzione
francese a mettere in pericolo la vita del guanto; l’accessorio, tanto legato
al passato regime, veniva additato come simbolo delle dissolutezze e della
corruzione. Il guanto era ammesso solo nel nuovo modello post rivoluzione, che
portava i colori della Repubblica: rosso, bianco, blu, e in tessuti non
pregiati come il lino e la canapa. Durante la corte napoleonica, il guanto tornò
al suo antico splendore, fatto di ricami e preziosità, ma solo ad appannaggio
dei nobili che frequentavano la corte imperiale. Per i borghesi, la parola
d’ordine era diventata: semplicità. L’abbigliamento dell’uomo guardava con
favore alla moda londinese: il guanto giallo diventò simbolo di eleganza e
nobiltà d’animo. Il dandy era l’uomo da imitare, con la sua ironia, buon gusto
ed eleganza, l’uomo sicuro di sé ed abile negli affari. Nel XVIII e nel XIX
secolo il guanto continuò la sua scalata sociale; porgere la mano nuda ad una
persona o mostrarsi a mani nude, specialmente di fronte ad una donna, era segno
di scarsa educazione; questo faceva si che il perfetto gentiluomo aveva
necessità di avere a disposizione guanti per tutte le occasioni.
Nel ventesimo secolo la
vita del guanto attraversò altri periodi oscuri. Dai fasti dei classici ed
apprezzati modelli borghesi (la città di riferimento non era più Londra, ma
Parigi), il guanto passo alla caduta ed alla quasi scomparsa, a causa della
seconda guerra mondiale. La guerra irruppe nella vita del nostro protagonista, con
un colpo mortale. Reperirlo diventò difficile, perché le poche scorte erano indispensabili
per le truppe in battaglia. Dopo la fine della guerra l’avanzare della
ricostruzione rianimò anche il guanto, che visse una seconda giovinezza negli
anni ’50: divenne di nuovo oggetto di culto, trasformato in oggetto di grande creatività. Esso si
travestiva da sera e diventava da cocktail, per poi far spazio, a metà degli
’50, alle nuove linee essenziali, divenendo poi cortissimo, negli anni ’60.
Venne successivamente demonizzato durante il ’68, perché accusato di essere
simbolo della borghesia, di ipocrisia, di rapporti formali e di inutile sfoggio
di ricchezza. L’altalenare del gradimento del guanto, che era passato più volte
dall’amore all’odio, finì per arrivare all’indifferenza. Negli
anni ’70 la moda si apriva all’individualità, non più schiava delle regole
imposte dall’alto, mandò in soffitta il guanto, che si prenderà, però, la sua rivincita negli
anni ’80.
Oggi i guanti sono
ancora un accessorio importante ma non più determinante nel guardaroba maschile
e si indossano solo all’aria aperta; unica eccezione, in luoghi chiusi, sono i
guanti bianchi per il frac, generalmente in cotone, che non andrebbero comunque
infilati, ma semplicemente tenuti in mano. L’attuale eleganza prevede
esclusivamente guanti in pelle. Con la scarpa nera è preferibile indossare
guanti dello stesso colore o più scuri possibile, mentre con la scarpa marrone
e con un abbigliamento sportivo è preferibile indossare guanti marroni in
pecari (mammifero sudamericano, simile ad un piccolo cinghiale). Un altro
classico dell’abbigliamento informale, sono i guanti in pelle d’agnello
imbottiti di lana.
Che dire, cari amici,
ne ha fatto di strada il guanto, nato dalle abili mani delle ninfe della dea
Venere, per arrivare fino ai giorni nostri! Non ho parlato volutamente (ci
sarebbero volute pagine intere) del guanto nella vita di tutti i giorni, utilizzato
in mille maniere dallo sport allo spettacolo, dal lavoro al tempo libero, in
una infinita varietà di fibre, colori, dimensioni, oggi pieno anche di tanta
tecnologia. Qualche ultimo flash, prima di chiudere, su questo straordinario
accessorio.
Gli ingegneri della NASA stanno per mettere a punto un innovativo
guanto robotico degno di Iron Man. Chiamato ufficialmente
Human Grasp Assist, o più semplicemente K-Glove o Robo-Glove, il nuovo guanto è
stato pensato non solo per gli astronauti, ma anche per altri particolari lavoratori,
con lo scopo di facilitare il lavoro di chi lo indossa aumentandone la forza
della presa.
Secondo gli studi effettuati, tenere in mano un attrezzo per un
certo periodo di tempo o compiendo movimenti ripetitivi provoca un rapido
affaticamento dei muscoli della mano, mentre i test effettuati con il
Robo-Glove indicano che chi lo indossa riesce a mantenere la presa più a lungo
e in modo più confortevole. Anche nel campo della terapia riabilitativa sono
stati compiuti grandi passi avanti grazie alla tecnologia di SCRIPT (Supervised
Care and Rehabilitation Involving Personal Tele-Robotics), il guanto robotico per la
tele-riabilitazione del polso e della mano dei pazienti reduci da ictus. Da
circa un semestre è adoperato sperimentalmente dall’IRCCS San Raffaele Pisana,
con promettenti risultati.
Anche
questo è un grande “guanto
di sfida”,
lanciato dall’uomo al futuro, che credo possa continuare ancora a migliorargli
la vita.
Mario
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