Oristano 7 Gennaio 2014
Cari amici,
l’argomento di oggi è
apparentemente di poco conto: vorrei parlarvi del Rovo, quell’arbusto che tante
volte in campagna, scalcando un muretto a secco o aprendo un cancello chiuso da
lungo tempo, ci ha graffiato a sangue le mani. Non è molto simpatico, proprio
per questa sua aggressività, ma sappiate cari amici che il rovo è una pianta
utilissima, che nei secoli ha dato all’uomo non solo abbondanti frutti succosi
e nutrienti, ma anche elementi medicamentosi per guarire o lenire molti mali,
ben utilizzati in passato dalla medicina popolare. Le proprietà medicinali di
questa pianta sono molteplici: aromatiche, astringenti, antinfiammatorie, vitaminizzanti,
antiscorbutiche, depurative, vulnerarie, ipoglicemizzanti, etc. Ancora oggi in
erboristeria e omeopatia i suoi principi attivi sono considerati un valido
rimedio naturale. Rivalutiamo, dunque, la modesta opinione che abbiamo avuto
finora del rovo, imparando a conoscerlo meglio.
Il
rovo (Rubus ulmifolius Schott, 1818) è una pianta
spinosa appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Il nome scientifico di
questa specie, Rubus ulmifolius, proposto dal botanico Austriaco Heinrich
Wilhelm Schott, è composto dal nome di genere Rubus e da quello di specie
ulmifolius. Rubus (dal latino ruber, rosso) potrebbe far riferimento al colore
dei frutti maturi di altre specie dello stesso genere, come il lampone, o
direttamente alla forma immatura del frutto di questa specie stessa. Ulmifolius
(dal latino ulmus, olmo e folia, foglia) deriva dalla similitudine con le
foglie dell'albero Ulmus minor. Il suo areale comprende quasi tutta l'Europa,
il Nord Africa ed il sud dell'Asia. Successivamente è stata introdotta anche in
America e Oceania. Si presenta come pianta arbustiva perenne, sarmentosa con
fusti aerei a sezione pentagonale lunghi fino a 6 metri ed anche più, provvisti
di spine arcuate. È una semi-caducifoglia, infatti molte foglie permangono
durante l'inverno. L’apparato fogliare, è variabilmente costituito da 3-5
foglioline a margine seghettato di colore verde scuro, di forma ellittica con
punte acuminate, pagina superiore glabra e pagina inferiore tomentosa con peli
bianchi. I fiori di colore bianco o rosa, sono composti da cinque petali e
cinque sepali. Sono raggruppati in racemi a formare infiorescenze di forma
oblunga o piramidale. Il colore dei petali varia da esemplare a esemplare con
dimensioni comprese tra i 10 e 15 mm. La fioritura compare al principio
dell'estate. Dei suoi fiori sono ghiotte le api, che affollano le sue siepi,
che consentono con il suo nettare la produzione di un ottimo miele.
Il frutto, come quello
della fragola, è un falso frutto, una drupa composta da tanti semini, i veri
frutti, e da una polpa carnosa. Molto acido quando non è maturo, a volte legnoso,
gradevole solo quando è maturo, e soprattutto se è prodotto da piante
coltivate. Ne sono un eccellente esempio, gli ibridi di recente creazione come
le “more senza spine” coltivate a filare o siepe. In Italia il frutto è maturo
in agosto e settembre; il gusto è variabile, più o meno dolce. La pianta è
indicativa di terreni profondi e leggermente umidi. La riproduzione è sessuale
attraverso i semi contenuti nelle drupe, ma anche vegetativa attraverso
l'interramento di rami che danno origine ad una pianta nuova. Il rovo è
considerato una pianta infestante in quanto tende a colonizzare rapidamente il
terreno circostante e si eradica con difficoltà. Né il taglio né l'incendio
risultano efficaci. Spesso nei boschi i rovi formano delle vere barriere
intransitabili. Specialmente in associazione con la vitalba, essi possono
creare dei grovigli inestricabili spesso a danno della vegetazione arborea che
viene in pratica aggredita e soffocata. La pianta è utilizzata per delimitare
proprietà e poderi con funzione principale difensiva. Cresce senza problemi
anche nei luoghi assolati e polverosi, non gli importa di avere vicini
calcinacci, desolazione e rovine. I contadini non lo amano perché è infestante,
e dicono: “Concedetegli uno spazio e vi arriverà fino in camera”.
La bontà dei suoi
frutti era nota fin dall’antichità. Virgilio così ne scrive: “è tempo di
intessere canestri leggeri con virgulti di rovo”. Esopo, nelle sue favole non dimentica il rovo. In quella de “LA VOLPE E IL ROVO” si racconta
di una volpe che, nel saltare una siepe,
scivolò e, stando per cadere, s’aggrappò, come sostegno, a un rovo. “Ahimè!”,
gli disse dolorante, quand’ebbe anche le zampe insanguinate dalle sue spine, io
mi rivolgevo a te per avere un aiuto, e tu mi hai conciato ben peggio”. “L’errore
è tuo, mia cara”, le rispose il rovo, “hai voluto aggrapparti proprio a me che,
d’abitudine, son quello che si aggrappa a tutto”. La morale, come nelle altre
favole di Fedro mette in evidenza la stoltezza degli uomini, che spesso
ricorrono per aiuto a chi, d’istinto, è piuttosto portato a far del male. Secondo
un’altra leggenda popolare, le more non andrebbero più colte dopo il 29 di
settembre, giorno di San Michele. In quel giorno, infatti il demonio (Satana), dopo
la cacciata dai cieli, nel suo girovagare notturno precipitò in un boschetto di
rovi, ferendosi e pungendosi. Da allora ogni anno, in tale giorno, il maledetto
esce dall’inferno, e torna sulla terra per scagliare la sua maledizione contro
il pungente cespuglio, sputandoci sopra e facendo seccare i suoi frutti,
rendendoli immangiabili. In realtà i frutti del rovo, dopo quel periodo,
diventano asciutti naturalmente, più insipidi e inutilizzabili. Se volete
quindi andare a raccogliere more, fatelo per tempo, perché non c’è gita che
diverta di più, che renda più allegri e felici.
Il rovo nella mitologia era una pianta sacra a Saturno e da sempre amata
dai poeti, che la ritenevano degna di adornare il regno dei cieli. E’, invece,
poco considerato dai fiorai, perché nel linguaggio dei fiori al rovo è simbolo dell’invidia,
uno dei peccati capitali.
Il suo frutto, la mora,
è annoverato tra i cosiddetti frutti di bosco ed ha discrete proprietà
nutrizionali con marcata presenza di vitamine C e A. Cento grammi di more
fresche contengono infatti 52 kcal, 0,7 gr di proteine, 0,4 gr di lipidi, 12,8
gr di glucidi, 32 mg di calcio, 0,6 mg di ferro, 6.5 er (equivalente in
retinolo) di vitamina A, 21 mg di vitamina C. Si tratta, però, di un frutto
delicato che mal si presta a lunghe conservazioni. Le more mature sono ottime
per la preparazione di marmellate, torte, dolci, yogurt, gelatine, gelati, sciroppi
e liquori, vino e acquavite (ratafià). Le more rappresentano un'eccezione tra
le altre bacche (più propriamente drupe) della specie Rubus per via dei semi
grandi e numerosi, non sempre apprezzati dai consumatori. Essi, però,
contengono grandi quantità di acidi grassi omega-3 (acido alfalinolenico) e
omega-6 (acido linoleico), proteine, fibra alimentare, carotenoidi,
ellagitannini e acido ellagico, che ne fanno un prodotto prezioso, utilizzato
in erboristeria. I frutti, ricchi di zuccheri e vitamine, sono un ottimo
alimento dietetico e vengono anche utilizzati come correttivi del sapore nell'
industria dei farmaci e come coloranti per alimenti e preparati medicinali.
Nell'antica medicina
popolare, questa pianta (il decotto di foglie) veniva utilizzata per le sue
delicate proprietà astringenti intestinali, coadiuvante nel trattamento delle
emorroidi e delle ragadi anali, per frenare diarree e normalizzare le
infiammazioni dell' intestino. I principi attivi del rovo svolgono anche
attività antimicrobica verso lo Staphylococcus aureus. Per uso esterno il
decotto era utilizzato in sciacqui e gargarismi per le gengive molli e
sanguinanti e per le irritazioni ed il mal di gola; utile anche per lavande
vaginali in caso di perdite bianche e per detergere le stesse zone e quelle
intorno agli occhi in caso di prurito e arrossamento. I giovani germogli,
raccolti in primavera, costituivano un’ottima insalata medicamentosa lassativa
e depurativa: lessati brevemente e consumati con olio, sale e limone al pari di
molte altre erbe selvatiche primaverili. I germogli primaverili, colti quando
il sole è alto, lavati e lasciati a macerare in una brocca di acqua fredda
tutta la notte, erano una deliziosa e aromatica acqua depurativa,
tradizionalmente usata per favorire le funzioni intestinali e depurare
l'organismo dalle tossine accumulate durante l'inverno. Con le foglie si può anche
preparare un ottimo the aromatico, miscelandole con foglie di lampone. Il rovo,
dunque pianta benefica, che l’uomo, nonostante le sue acuminate spina ha sempre
gradito e utilizzato.
Fra le curiosità di
questa pianta ricordiamo che le more più dolci sono le prime a maturare, che se
si va per more e ci si ferisce, per fermare il sangue basta schiacciare qualche
frutto e applicarlo in luogo di altri medicamenti e che, tra l’altro, calma
anche il dolore. Per finire ecco un paio di antiche di ricette di decotti ed
infusi ricavati dal rovo, che riporto a mero titolo di curiosità, in quanto
oggi in erboristeria si trova – al meglio – tutto quanto necessario.
Non usate mai nessun rimedio, senza aver,
prima, consultato il medico!
Antica
preparazione di “Decotto” (uso esterno) per
le infiammazioni cutanee e delle mucose.
Fate
bollire, per alcuni minuti, 50 grammi di foglie verdi in ml 100 d’acqua; fare
sciacqui e gargarismi, irrigazioni o altre applicazioni nelle parti
interessate.
Preparazione di “Decotto”
per (uso interno), come Astringente
intestinale.
Gr. 3 di foglie in 100
gr. di acqua. Far bollire per 5 minuti. Dopo aver filtrato, si somministra il
liquido nelle dosi di 2-3 tazzine al giorno. Lo stesso decotto è utile per le
infiammazioni della pelle, delle gengive e delle mucose intime.
Preparazione di
“Infuso” per (uso interno), come coadiuvante nella
cura del diabete.
Gr. 20 di foglie
essiccate in un litro di acqua bollente. Lasciare in infusione per un quarto
d'ora. Si somministra il liquido, senza zuccherare(!), nelle dosi di 2 tazzine
al giorno. E' un buon coadiuvante nelle cure antidiabetiche.
Cari amici, anche il
rovo ci è stato dato da madre natura per darci “una mano”! Sappiamo dare ad
ogni cosa, anche la più umile, il suo giusto valore!
Ciao.
Mario
1 commento:
Salve , e come condividere con fb ??? :) grazie
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