Oristano 8 Novembre
2013,
Cari amici,
ieri mattina l’amicizia
che mi lega a Daniela Nurra e Stefania Carletti, co-responsabili dell’interessante progetto “Scuola Genitori 2013”, mi
ha dato la possibilità di conoscere e scambiare interessanti opinioni, prima
dell’incontro serale al Teatro Garau, con il Prof. Paolo Albiero, docente
universitario di chiara fama, chiamato a tenere la terza lezione sul rapporto
genitori-figli. Ecco un Suo breve curriculum.
Il Prof. Albiero,
laureato in Psicologia nel 1992, ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca
in Psicologia dello sviluppo e della socializzazione presso l'Università di
Padova nel 1996. Successivamente ha vinto una borsa post-dottorato presso
l'Università di Parma nel biennio 1997-1998. Dal 2000 è docente universitario
di ruolo, come ricercatore prima e dal 2006 come professore associato, presso
la facoltà di Psicologia dell'Università di Padova, dove insegna Psicologia
dello sviluppo e Psicologia dell'adolescenza. E' stato inoltre docente di
Psicologia dell'adolescenza presso la SISS del Veneto e membro del Consiglio
direttivo. Dal 2008 è membro del Direttivo nazionale e segretario
dell'Associazione italiana di Psicologia (AIP), l'associazione scientifica che
rappresenta gli psicologi che svolgono attività di ricerca all'Università e in
Enti di ricerca. E' presidente del Corso di laurea in Scienze Psicologiche
dello Sviluppo e dell'Educazione del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo
dell'Università di Padova. E' responsabile scientifico del Laboratorio per lo
sviluppo sociale e per il benessere del bambino e dell'adolescente, che svolge
attività di ricerca, di formazione e di intervento nell’ambito dello sviluppo
sociale e del benessere psico-fisico, dall’età prescolare fino all’adolescenza È
membro di diverse Associazioni scientifiche, fa parte di alcuni network
nazionali e internazionali di ricerca e svolge attività di referee per riviste
specializzate. È autore di numerosi contributi scientifici su riviste del
settore nazionali e internazionali, di saggi scientifici e didattici.
Con questi presupposti
la Sua Lectio Magistralis non poteva essere certo ignorata, e la sala che lo
attendeva, infatti, era stracolma! Il prof. Albiero, nella sua dotta
esposizione ha cercato di farci comprendere “cosa accade nella testa degli adolescenti”, maschi
e femmine, ancora uomini e donne in formazione; ha cercato di sgombrare il
campo dai tanti luoghi comuni, mettendoci al corrente delle recenti ricerche
(ha parlato degli ultimi 4-5 anni) che riguardano lo sviluppo negli adolescenti
delle competenze sociali, dell'empatia, dell’accettazione e del rifiuto, riferite
in particolare al periodo che va dalla prima infanzia all'adolescenza, con
tutte le loro differenziazioni.
La chiacchierata che ho
fatto con Lui, precedentemente all’incontro collettivo, mi è servita per conoscerlo
meglio: mettere il luce l’uomo, prima che il professore. La notevole differenza
di età tra me e Lui (io 68 Lui 47) non ha assolutamente creato barriere: nessun
frame ha ostacolato il franco dialogo che ha evidenziato, in particolare, che
il professor Albiero è un docente innamorato del suo lavoro: Il rapporto che lo
lega indissolubilmente alle nuove generazioni non è quel semplice, asettico legame tra “docente e allievo”, ma qualcosa di
più: un rapporto fatto di coinvolgimento, oltre che di apprendimento; una
missione non una professione culturale. Le sue parole mi hanno dato la
convinzione di trovarmi di fronte ad un uomo che svolge una missione importante: quella di
“accompagnare”, di prendere per mano, le nuove generazioni per sostenerle in
quel percorso iniziale, difficile e “rischioso”, dando il Suo capace
contributo, aiuto e sostegno.
All’arrivo al Teatro
Garau entrambe le sale, platea e galleria, erano piene. Molti i giovani, ma
anche tanti i genitori, curiosi di conoscere un’altra faccia della medaglia del
difficile governo del mondo giovanile. Interesse e curiosità si toccavano con
mano, dopo aver partecipato e vissuto con attenzione la precedente lezione tenuta
da Don Mazzi. Platea attenta, seriamente
interessata, per capire ancora meglio, per prendere coscienza del reale,
difficile, compito di genitore: esigenza diventata, ormai, una inderogabile
necessità. Dopo aver assolto egregiamente alle formalità di rito, saluto al
pubblico e presentazione del docente, le responsabili del progetto, Daniela
Nulla e Stefania Carletti, ha preso il via l’interessante lezione del professor
Albiero.
Dall’alto della Sua
statura professionale e fisica (non so se abbia mai giocato a pallacanestro,
data la rilevante altezza), il professor Alberio ha dato iniziato alla sua
lezione-conferenza, partendo provocatoriamente dalla proiezione di una slide
che evidenziava un cranio giovanile, con le aree del cervello diversamente
colorate e una scritta: “Nella testa
degli adolescenti, perché amano tanto rischiare?”. Al pubblico che
curiosamente osservava la slide, il prof Alberio ha detto che il percorso di
conoscenza degli adolescenti di oggi, sta proprio il quella immagine proiettata per
prima: la testa, il cervello degli adolescenti, che, studi approfonditi hanno
dimostrato quanto sia diverso da quello degli adulti!
L’adolescenza, ha
continuato, è un periodo di formazione, di rodaggio potremo dire, quando la
macchina non è ancora “messa a punto” e l’autista non è ancora esperto nel
guidarla! “Adolescenza, storm e stress?”,
questo l’interrogativo, il messaggio, che una slide, accompagnata da un viso
giovanile incorniciato da lunghi cappelli, lanciava al pubblico silenzioso e
interessato. Una delle slide successive catturava l’attenzione del pubblico ancora
di più: “Che fine ha fatto il mio
bambino/a? Non lo riconosco più, non lo capisco…”. E’ proprio questa la domanda
che tanti genitori, credo in tutto il mondo, continuano a porsi! Domanda
difficile, alla quale certamente non è facile dare una risposta univoca. Per
farlo è indispensabile entrare nel cervello dell’adolescente, soprattutto, per cercare di comprenderne le motivazioni.
“Per
capire l’adolescente è fondamentale conoscere il cervello dell’adolescente”,
ha continuato con enfasi il professore, ribadendo che il cervello non nasce
“pronto all’uso”, ma si auto costruisce giorno dopo giorno, fino a raggiungere il
suo completamento nella maggiore età. Nelle fasi iniziali (adolescenza e
pubertà) nell’organizzazione del cervello avvengono importanti e continue
trasformazioni, dove i processi ormonali hanno un peso notevole. In questa fase
di sviluppo, influenzata in modo sostanziale dagli ormoni della crescita, nei
nostri ragazzi, iniziano a formarsi i primi processi decisionali: essi iniziano
a prendere autonome decisioni, provano emozioni che cercano di gestire
autonomamente e costruiscono le loro relazioni sociali. Il cervello
dell’adolescente, è molto diverso sia da quello dei bambini che da quello degli
adulti, non ignoriamolo! Questo perché le diverse zone del nostro cervello non
si sviluppano contemporaneamente, ma gradualmente ed a velocità diverse, ecco
il motivo della diversità.
Il professore,
nell’intento di far capire ed attrarre maggiormente il pubblico, aiutava la
comprensione delle sue parole con bellissime slide. Per dimostrare la diversa
velocità di formazione delle aree cerebrali ha proiettato ancora immagini del
cervello dove erano ben evidenziate le “regioni cerebrali”, luoghi deputati,
nel cervello dell’adolescente, a maturare le decisioni: nella corteccia
frontale quelle prese sulla spinta emotiva, mentre nella corteccia
dorso-laterale le decisioni prese in termini più riflessivi, capaci quindi di
controllare anche le emozioni. L’area della corteccia frontale, quella deputata
a prendere le decisioni prese sulla spinta emotiva, matura prima dell’altra,
ecco perché in questa fase, definita meglio “fase intrepida”, avviene la
maggior parte dei comportamenti a rischio! A tutto questo si aggiunge che la
pubertà è caratterizzata dalla forte azione degli ormoni che, operando spesso
in maniera abnorme, influiscono sugli stati d’animo adolescenziali creando
alternati stati di euforia, depressione, stanchezza e irruenza.
Tempeste ormonali adolescenziali
che creano in questi mancanza di responsabilità, ribellione alle autorità (a
partire dalla famiglia), pigrizia o strafottismo. Tante le domande che i
genitori ogni giorno si pongono: perché
mio figlio fa certe stupidaggini? Perché le fa soprattutto se è in compagnia? Cosa
può spiegare questo comportamento? La causa principale è senz’altro quella
dell’incompletezza del cervello, che non ha ancora raggiunto la sua piena
maturazione. Il motore del soggetto è senz’altro già potente, ma governarlo è
ancora difficile: è come mettere una potente autovettura in mano ad un ragazzo senza
la patente o senza la giusta esperienza.
Gli studi fatti,
continua il professore in un’atmosfera di grande attenzione ed interesse,
aiutano a capire perché gli adolescenti sono così instabili, impulsivi, incoerenti,
scostanti e quant’altro: oltre alla loro poca esperienza in generale, stanno
imparando ad usare “le nuove reti” del loro cervello e le situazioni
impegnative, come stress e stanchezza, possono inceppare il meccanismo di
apprendimento. Fase delicata, questa, che potremo definire “Work in progress”, fase di completamento ancora in corso, che agevola,
facilità, i comportamenti a rischio, quelli per i quali non si è pienamente in
grado di valutarne bene la pericolosità. Gli adolescenti, non dimentichiamolo,
sono soggetti dotati di grande sensibilità e curiosità, e la voglia, lo stimolo
di affrontare l’ignoto, sono grandissimi: per questo la loro forte “passione
per il brivido”, se da un lato è pericolosa, consente però loro di vivere senza
troppe ansie il passaggio dalla sicurezza della casa alla complessità del mondo
esterno.
Nei giovani l’amore per
il rischio e la passione per il brivido sono alimentate anche da quelle
tempeste ormonali che si scatenano improvvise e che li porta a ricercare quelle
sensazioni forti, quella voglia di eccitazione, di desiderio dell’insolito,
dell’ignoto. Pur nella loro pericolosità questi comportamenti consentono, però,
la maturazione di esperienze, spesso positive e utili, il confronto con
situazioni nuove, diverse da quelle dell’ovattato clima familiare, che li porta
ad “uscire di casa”, a scoprire nuovi territori e ad affrontare situazioni nuove,
pur meno sicure e protette.
Amore giovanile per il
rischio, quindi, al quale noi adulti che
giustificazione possiamo dare? A differenza degli adulti gli adolescenti,
pensano che “rischiando” possono ottenere qualcosa! Essi danno più peso alla
“ricompensa”, al nuovo piacere provato, valutando, diversamente da noi adulti, costi
e benefici. In questa fase di crescita nel loro cervello si verificano dei
cambiamenti che predispongono, creano una grande sensibilità, verso le
gratificazioni ed i rapporti sociali (grazie anche alla dopamina e ossitocina
che circola in quantità). Tutto questo ha l’effetto anche di rendere gli
adolescenti “ipersensibili” al giudizio, all’accettazione ed al rifiuto da
parte del “gruppo” di coetanei, percepiti come parte integrante e
irrinunciabile della loro esistenza. E’ questo comportamento, apparentemente
poco spiegabile da parte degli adulti, è per loro, invece, un “investimento per
il futuro”, piuttosto che sul passato, vissuto finora con i loro genitori. Le
generazioni crescono e non potranno mai restare ancorate al passato, è
difficile da accettare, ma noi adulti non solo ci dobbiamo rassegnare ad accettare
la loro logica, ma “essere partecipi”, con loro, di questo cambiamento, di questa evoluzione! Ma…in
che modo?
Certamente stando loro
vicini, non solo fisicamente ma soprattutto nel dialogo, nella comprensione,
nell’accettazione della loro visione di un mondo diverso dal nostro. Il dialogo
con loro non sarà facile: perché quando la distanza è grande è spesso difficile
da colmare. I genitori, però, debbono superare le barriere, parlare senza falsi
moralismi dei loro problemi con i loro giovani figli: alcool, sesso droga, sono
argomenti con vanno affrontati con grande attenzione e sensibilità, per
aiutarli a “pesare” meglio rischi e benefici, valutarne le conseguenze e
conseguentemente a prendere la decisione più giusta. Il dialogo con i ragazzi
deve diventare la regola e non l’eccezione. Partendo anche da una coesione
familiare che nel tempo è andata perduta. Ripristinando, per esempio il rito
del convivio (pranzo e cena) “tutti insieme”, dove il dialogo potrebbe essere
la base principale. Agevolando e stimolando, poi, tutte quelle attività
extrascolastiche capaci di aggregazione: dallo sport all’oratorio, dalle gite
all’associazionismo.
Il mestiere di
genitori, credo che lo sappiamo tutti, è il mestiere più difficile del mondo e
non si finirà mai di impararlo. Una cosa è certa: i ragazzi di oggi non sono
peggiori di quelli di ieri! Si è solo modificato, in modo significativo,
l’orologio biologico della crescita, che si è anticipata alquanto, e questo
rende ancora più difficile, da parte nostra, applicare il giusto comportamento.
Educare, cari amici, è
una grande partita a scacchi, dove le “mosse” per vincere la partita non sono
ne semplici ne facili. Però non possiamo non giocarla la nostra partita, o
giocarla da perdenti: dobbiamo costantemente “imparare”, tutti i giorni e da
tutti, migliorandoci giorno dopo giorno, perché il tempo stringe e, magari,
troviamo la soluzione troppo tardi, quando il “nido è ormai vuoto”, e gli
uccelli sono già volati via!
Dopo
l’ironica lezione di Don Mazzi con la sua ricetta “Come rovinare un figlio in
10 mosse”, l’analisi adolescenziale, fatta dal professor Albiero, su cosa bolle
“Nella testa degli adolescenti”, manca ancora un’altra mossa: quella che nella
nostra virtuale partita a scacchi, giocherà, ai primi di Dicembre, il professor
Paolo Crepet.
Grazie professor
Albiero della sua dotta lezione…credo ci farà riflettere non poco… e grazie
cari amici lettori della Vostra sempre splendida attenzione!
Mario
1 commento:
Grazie, hai fatto una precisa e attenta analisi. Vorrei correggere, per dovere di cronaca, che io e Stefania siamo co-responsabile del progetto. Davvero hai dipinto il quadro dell'intervento nella giusta prospettiva. Grazie e alla prossima.Daniela Nurra
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